Il II Accordo per la conversione del debito tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica del Perù firmato il 4 gennaio 2007, disciplina la conversione di 72 milioni di dollari tra crediti di aiuti e interessi accumulati concessi dall’Italia al Perù al fine di alleviare l’onere del debito peruviano e per favorire la riduzione della povertà. In maniera analoga a quanto stabilito dal I Accordo di conversione tra i due Paesi, le risorse generate sono state incanalate e gestite da un fondo di contropartita- il Fondo Italo Peruviano- incaricato di selezionare progetti di sviluppo in osservanza a principi e linee guida stabiliti di comune accordo tra le Parti. Alla luce dell’importanza dell’iniziativa di conversione del debito col Perù, sia in termini di risorse ad esso dedicate, che per gli strumenti e le procedure poste in essere per la sua implementazione, il Ministero degli Affari Esteri Italiano ha deciso di intraprendere una valutazione ad interim del II Accordo. In base ai termini di riferimento, la valutazione avrebbe dovuto accertare la coerenza tra le politiche della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo e le priorità del Governo peruviano prevedendo al contempo una valutazione sul funzionamento del Fondo Italo Peruviano. La valutazione doveva altresì accertare che le risorse generate dal II Accordo di conversione tra Italia e Perù fossero state usate in conformità a quanto previsto dall’Accordo stesso e dal relativo Regolamento d’attuazione nonché in linea con le buone pratiche adottate nella sua esecuzione al fine di garantire trasparenza nelle procedure di selezione dei progetti e nella contrattazione dei servizi in loco. I criteri di valutazione dell’OECD-DAC hanno costituito il quadro di riferimento dell’esercizio valutativo, e nell’assolvere al proprio mandato il Team di valutazione si è avvalso di una pluralità di fonti per garantire triangolazione dell’informazione, affidabilità dei dati, e credibilità dei risultati, ivi incluse: letteratura rilevante; oltre 400 tra documenti del Programma e rapporti di altri servizi di valutazione e monitoraggio commissionati dal Fondo Italo-Peruviano; interviste semi-strutturate e focus group che hanno toccano più di 100 persone; casi studio e visite di campo realizzate nel corso di una missione di campo di 10 giorni tenutasi nel giugno 2013. Il II Accordo di conversione tra Italia e Perù è stato giudicato coerente rispetto alle politiche della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo e rilevante rispetto alle priorità Peruviane poiché mirato a ridurre la povertà in aree specifiche del Paese. Inoltre la disposizione contenuta nel Regolamento d’attuazione in base alla quale ciascun progetto doveva essere approvato dalla sezione locale del Tavolo di concertazione per la lotta alla povertà non solo ha contribuito a rendere il FIP più trasparente e a favorirne il carattere inclusivo, ma ha anche agito come un importante meccanismo volto ad assicurare la rilevanza e l’ownership locale. D’altra parte è stato anche valutato che il FIP non ha avuto un approccio strategico definito, come plasticamente rappresentato dall’assenza di una matrice di quadro logico di programma. Gli estesi ambiti d’intervento unitamente alla scelta di includere 8 regioni target con la possibilità di finanziare interventi in altre regioni ancora hanno diluito eccessivamente l’impatto potenziale del programma. Nel suo complesso il disegno del programma è stato giudicato logico e coerente: la divisione delle funzioni tra gli organi del FIP è stata razionale e la loro composizione ha efficacemente bilanciato il principio dell’ownership da parte del Paese beneficiario e quello dell’accountability reciproca. Ciò detto, la breve durata del mandato dei componenti di nomina non governativa in seno al Comitato Tecnico è stata giudicata di ostacolo per il pieno sviluppo delle potenzialità dell’organo. La trasparenza è emersa come uno dei tratti più distintivi del FIP che nella propria gestione incorpora numerosi meccanismi volti a garantire l’amministrazione trasparente dei fondi e delle iniziative finanziate. In termini generali è dunque possibile affermare che le procedure operative definite nel II Accordo di conversione e nel corrispondete Regolamento d’attuazione, così come le buone pratiche adottate per la sua esecuzione, sono stati effettivamente seguiti. Inoltre, la maggioranza delle procedure del FIP, fatta eccezione per quella di chiusura dei progetti, vengono espletate in tempi ragionevoli. D’altra parte sembra che il FIP in media abbia mostrato scarsa flessibilità nei casi in cui gli enti esecutori abbiano proposto cambiamenti ai propri piani di attività o quando abbiano richiesto cambi tra voci di spesa, anche nei casi in cui vi erano fondate motivazioni per farlo. Più in generale è possibile affermare che il FIP beneficerebbe da una revisione del proprio sistema di controllo dei progetti razionalizzando i servizi esternalizzati e promuovendo al contempo un ruolo più attivo da parte del proprio Ufficio Tecnico il cui mandato dovrebbe essere quello di accertarsi che le risorse del FIP siano non solo investite in maniera trasparente ma che siano anche ben investite così da generare benefici effettivi e sostenibili per le popolazioni target. In questo senso e a supporto di quanto appena espresso è poi opportuno segnalare che sono state riscontrate delle sovrapposizioni tra il lavoro svolto dall’Ufficio Tecnico e quello svolto dall’Ufficio Amministrativo. Per quanto concerne l’efficacia del FIP nella riduzione della povertà questa deve necessariamente rintracciarsi a livello micro e in relazione a ciascuno dei progetti finanziati, piuttosto che a livello di Programma. Cionondimeno, sulla base dei casi studio analizzati nel corso della missione, sono state rilevate precise indicazioni che alcune delle iniziative finanziate dal FIP hanno avuto un impatto a livello di policy, cosa che a sua volta ha contribuito all’efficacia del FIP in quanto Programma, e non semplicemente somma di singoli progetti. Ciò detto, si segnala che vi è un margine di miglioramento esperibile nell’abilità del FIP di rilevare questo tipo di esperienze e di valorizzarle propriamente così come nella promozione di sinergie e individuazione di buone pratiche e lezioni apprese affinché vengano condivise tra gli enti esecutori. Parimenti sarebbe stato possibile attivarsi maggiormente per stabilire sinergie in primo luogo con la Cooperazione Italiana, ma anche con altri programmi, progetti o anche altre iniziative di conversione del debito. Aspetto positivo che merita essere enfatizzato è stato il contributo apportato dal FIP alla sostenibilità delle iniziative finanziate attraverso il mainstreaming di genere. Infatti una delle novità introdotte dal II Accordo di conversione tra l’Italia e il Perù è stata proprio l’attenzione ivi dedicata alla tematica di genere che ha fornito la cornice all’interno della quale il FIP ha adottato un approccio di mainstreaming di genere. In proposito è doveroso sottolineare che gli sforzi per incorporare il mainstreaming di genere sono stati concreti, coerenti e hanno investito l’intera durata dell’iniziativa. I dati empirici raccolti da uno studio commissionato dal FIP esattamente per analizzare questo tema hanno confermato che complessivamente sono stati raggiunti risultati positivi e che in media era possibile rilevare un cambiamento positivo nel modo in cui gli enti esecutori affrontavano il mainstreaming di genere. Le principali raccomandazioni formulate dal Team di valutazione sono dunque state le seguenti:  Operare una revisione del formulario di presentazione delle proposte così come dell’intero sistema di valutazione ex-ante affinché l’Ufficio Tecnico possa assistere i futuri enti esecutori nella definizione più di dettaglio dei progetti e dei piani operativi, ma anche affinché lo stesso Ufficio possa supervisionare sin dall’inizio la qualità di eventuali studi tecnici funzionali ai progetti.  Rivedere le procedure interne al fine di garantire che il ruolo giocato dall’Ufficio Tecnico sia di supervisione tecnica dei progetti finanziati con annesse visite di campo, piuttosto che di natura amministrativa procedendo dunque a internalizzare l’attività di supervisione ad oggi esternalizzata.  Assicurare che agli enti esecutori sia reso il feedback delle missioni di monitoraggio poiché diversamente l’attività di valutazione è privata del suo significato.  Adottare un approccio più flessibile rispetto a modifiche progettuali proposte dagli enti esecutori ed essere proattivi nel raccomandare tali modifiche ove un progetto mostri problematicità rilevanti.  Modificare la procedura di chiusura dei progetti rendendola significativamente più snella evitando così di incappare in inutili costi sia per parte del FIP che degli enti esecutori.  Ridurre il numero di settori d’intervento promuovendo al contempo sinergie tra i progetti finanziati al fine di incrementare l’impatto complessivo del FIP.  Avviare una sistematizzazione delle lezioni apprese e facilitare lo scambio di esperienze tra gli enti esecutori.  Avviare legami e connessioni con altre iniziative di sviluppo attive nel medesimo settore o nella medesima area geografica, così come con altri fondi di controvalore.  Che la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo individui un meccanismo volto ad evitare che l’assenza del Co-Direttore italiano risulti pregiudizievole per l’espletamento delle procedure amministrative del FIP in tempi debiti. Per quanto attiene le lezioni apprese, è stato valutato che, se da una parte il II Accordo di conversione tra Italia e Perù offra svariati esempi di pratiche valide e positive, passibili di essere adottate in altri contesti, presenta anche alcuni elementi che potrebbero essere affrontati in maniera diversa in futuri accordi di conversione. Ad opinione del Team elementi sono:  L’importanza di delimitare lo scopo del Programma indicando un numero limitato di settori, o di aree geografiche, o di entrambi così da evitare il rischio di “diluire” eccessivamente il potenziale impatto dei fondi.  L’importanza di adottare una strategia di programma e un quadro logico per lo stesso. Una strategia di programma ben definita, tra le altre cose, semplifica l’individuazione e la capitalizzazione di buone pratiche e lezioni apprese che emergano dai progetti finanziati e oltre.  La ricerca del coordinamento tra donatori garantendo, come minimo, sinergie tra i progetti sostenuti dalla Cooperazione Italiana e quelli finanziati nell’ambito di un accordo di conversione di cui l’Italia è parte.  Si consiglia per il futuro di chiarire fin dall’inizio alla controparte le aspettative italiane in termini di trasparenza provvedendo a includere clausole dettagliate nel Regolamento d’attuazione o almeno condividendo con la controparte un documento sintetico che dettagli le misure da seguire per assicurare la massima trasparenza.  Per quanto concerne eventuali organi disegnati in maniera similare al Comitato Tecnico del FIP, si raccomanda che i suoi componenti abbiano mandati la cui durata sia superiore ad un anno.  Infine nel disegnare future iniziative, potrebbe essere opportuno che sia il fondo di contropartita stesso a sostenere tutti i costi associati con la sua struttura, misura che renderebbe più agevole il management della stessa.

II Accordo per la conversione del debito tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica del Perù

NARDI, Luisa;ROSSIGNOLI, Serena
2013-01-01

Abstract

Il II Accordo per la conversione del debito tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo della Repubblica del Perù firmato il 4 gennaio 2007, disciplina la conversione di 72 milioni di dollari tra crediti di aiuti e interessi accumulati concessi dall’Italia al Perù al fine di alleviare l’onere del debito peruviano e per favorire la riduzione della povertà. In maniera analoga a quanto stabilito dal I Accordo di conversione tra i due Paesi, le risorse generate sono state incanalate e gestite da un fondo di contropartita- il Fondo Italo Peruviano- incaricato di selezionare progetti di sviluppo in osservanza a principi e linee guida stabiliti di comune accordo tra le Parti. Alla luce dell’importanza dell’iniziativa di conversione del debito col Perù, sia in termini di risorse ad esso dedicate, che per gli strumenti e le procedure poste in essere per la sua implementazione, il Ministero degli Affari Esteri Italiano ha deciso di intraprendere una valutazione ad interim del II Accordo. In base ai termini di riferimento, la valutazione avrebbe dovuto accertare la coerenza tra le politiche della Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo e le priorità del Governo peruviano prevedendo al contempo una valutazione sul funzionamento del Fondo Italo Peruviano. La valutazione doveva altresì accertare che le risorse generate dal II Accordo di conversione tra Italia e Perù fossero state usate in conformità a quanto previsto dall’Accordo stesso e dal relativo Regolamento d’attuazione nonché in linea con le buone pratiche adottate nella sua esecuzione al fine di garantire trasparenza nelle procedure di selezione dei progetti e nella contrattazione dei servizi in loco. I criteri di valutazione dell’OECD-DAC hanno costituito il quadro di riferimento dell’esercizio valutativo, e nell’assolvere al proprio mandato il Team di valutazione si è avvalso di una pluralità di fonti per garantire triangolazione dell’informazione, affidabilità dei dati, e credibilità dei risultati, ivi incluse: letteratura rilevante; oltre 400 tra documenti del Programma e rapporti di altri servizi di valutazione e monitoraggio commissionati dal Fondo Italo-Peruviano; interviste semi-strutturate e focus group che hanno toccano più di 100 persone; casi studio e visite di campo realizzate nel corso di una missione di campo di 10 giorni tenutasi nel giugno 2013. Il II Accordo di conversione tra Italia e Perù è stato giudicato coerente rispetto alle politiche della Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo e rilevante rispetto alle priorità Peruviane poiché mirato a ridurre la povertà in aree specifiche del Paese. Inoltre la disposizione contenuta nel Regolamento d’attuazione in base alla quale ciascun progetto doveva essere approvato dalla sezione locale del Tavolo di concertazione per la lotta alla povertà non solo ha contribuito a rendere il FIP più trasparente e a favorirne il carattere inclusivo, ma ha anche agito come un importante meccanismo volto ad assicurare la rilevanza e l’ownership locale. D’altra parte è stato anche valutato che il FIP non ha avuto un approccio strategico definito, come plasticamente rappresentato dall’assenza di una matrice di quadro logico di programma. Gli estesi ambiti d’intervento unitamente alla scelta di includere 8 regioni target con la possibilità di finanziare interventi in altre regioni ancora hanno diluito eccessivamente l’impatto potenziale del programma. Nel suo complesso il disegno del programma è stato giudicato logico e coerente: la divisione delle funzioni tra gli organi del FIP è stata razionale e la loro composizione ha efficacemente bilanciato il principio dell’ownership da parte del Paese beneficiario e quello dell’accountability reciproca. Ciò detto, la breve durata del mandato dei componenti di nomina non governativa in seno al Comitato Tecnico è stata giudicata di ostacolo per il pieno sviluppo delle potenzialità dell’organo. La trasparenza è emersa come uno dei tratti più distintivi del FIP che nella propria gestione incorpora numerosi meccanismi volti a garantire l’amministrazione trasparente dei fondi e delle iniziative finanziate. In termini generali è dunque possibile affermare che le procedure operative definite nel II Accordo di conversione e nel corrispondete Regolamento d’attuazione, così come le buone pratiche adottate per la sua esecuzione, sono stati effettivamente seguiti. Inoltre, la maggioranza delle procedure del FIP, fatta eccezione per quella di chiusura dei progetti, vengono espletate in tempi ragionevoli. D’altra parte sembra che il FIP in media abbia mostrato scarsa flessibilità nei casi in cui gli enti esecutori abbiano proposto cambiamenti ai propri piani di attività o quando abbiano richiesto cambi tra voci di spesa, anche nei casi in cui vi erano fondate motivazioni per farlo. Più in generale è possibile affermare che il FIP beneficerebbe da una revisione del proprio sistema di controllo dei progetti razionalizzando i servizi esternalizzati e promuovendo al contempo un ruolo più attivo da parte del proprio Ufficio Tecnico il cui mandato dovrebbe essere quello di accertarsi che le risorse del FIP siano non solo investite in maniera trasparente ma che siano anche ben investite così da generare benefici effettivi e sostenibili per le popolazioni target. In questo senso e a supporto di quanto appena espresso è poi opportuno segnalare che sono state riscontrate delle sovrapposizioni tra il lavoro svolto dall’Ufficio Tecnico e quello svolto dall’Ufficio Amministrativo. Per quanto concerne l’efficacia del FIP nella riduzione della povertà questa deve necessariamente rintracciarsi a livello micro e in relazione a ciascuno dei progetti finanziati, piuttosto che a livello di Programma. Cionondimeno, sulla base dei casi studio analizzati nel corso della missione, sono state rilevate precise indicazioni che alcune delle iniziative finanziate dal FIP hanno avuto un impatto a livello di policy, cosa che a sua volta ha contribuito all’efficacia del FIP in quanto Programma, e non semplicemente somma di singoli progetti. Ciò detto, si segnala che vi è un margine di miglioramento esperibile nell’abilità del FIP di rilevare questo tipo di esperienze e di valorizzarle propriamente così come nella promozione di sinergie e individuazione di buone pratiche e lezioni apprese affinché vengano condivise tra gli enti esecutori. Parimenti sarebbe stato possibile attivarsi maggiormente per stabilire sinergie in primo luogo con la Cooperazione Italiana, ma anche con altri programmi, progetti o anche altre iniziative di conversione del debito. Aspetto positivo che merita essere enfatizzato è stato il contributo apportato dal FIP alla sostenibilità delle iniziative finanziate attraverso il mainstreaming di genere. Infatti una delle novità introdotte dal II Accordo di conversione tra l’Italia e il Perù è stata proprio l’attenzione ivi dedicata alla tematica di genere che ha fornito la cornice all’interno della quale il FIP ha adottato un approccio di mainstreaming di genere. In proposito è doveroso sottolineare che gli sforzi per incorporare il mainstreaming di genere sono stati concreti, coerenti e hanno investito l’intera durata dell’iniziativa. I dati empirici raccolti da uno studio commissionato dal FIP esattamente per analizzare questo tema hanno confermato che complessivamente sono stati raggiunti risultati positivi e che in media era possibile rilevare un cambiamento positivo nel modo in cui gli enti esecutori affrontavano il mainstreaming di genere. Le principali raccomandazioni formulate dal Team di valutazione sono dunque state le seguenti:  Operare una revisione del formulario di presentazione delle proposte così come dell’intero sistema di valutazione ex-ante affinché l’Ufficio Tecnico possa assistere i futuri enti esecutori nella definizione più di dettaglio dei progetti e dei piani operativi, ma anche affinché lo stesso Ufficio possa supervisionare sin dall’inizio la qualità di eventuali studi tecnici funzionali ai progetti.  Rivedere le procedure interne al fine di garantire che il ruolo giocato dall’Ufficio Tecnico sia di supervisione tecnica dei progetti finanziati con annesse visite di campo, piuttosto che di natura amministrativa procedendo dunque a internalizzare l’attività di supervisione ad oggi esternalizzata.  Assicurare che agli enti esecutori sia reso il feedback delle missioni di monitoraggio poiché diversamente l’attività di valutazione è privata del suo significato.  Adottare un approccio più flessibile rispetto a modifiche progettuali proposte dagli enti esecutori ed essere proattivi nel raccomandare tali modifiche ove un progetto mostri problematicità rilevanti.  Modificare la procedura di chiusura dei progetti rendendola significativamente più snella evitando così di incappare in inutili costi sia per parte del FIP che degli enti esecutori.  Ridurre il numero di settori d’intervento promuovendo al contempo sinergie tra i progetti finanziati al fine di incrementare l’impatto complessivo del FIP.  Avviare una sistematizzazione delle lezioni apprese e facilitare lo scambio di esperienze tra gli enti esecutori.  Avviare legami e connessioni con altre iniziative di sviluppo attive nel medesimo settore o nella medesima area geografica, così come con altri fondi di controvalore.  Che la Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo individui un meccanismo volto ad evitare che l’assenza del Co-Direttore italiano risulti pregiudizievole per l’espletamento delle procedure amministrative del FIP in tempi debiti. Per quanto attiene le lezioni apprese, è stato valutato che, se da una parte il II Accordo di conversione tra Italia e Perù offra svariati esempi di pratiche valide e positive, passibili di essere adottate in altri contesti, presenta anche alcuni elementi che potrebbero essere affrontati in maniera diversa in futuri accordi di conversione. Ad opinione del Team elementi sono:  L’importanza di delimitare lo scopo del Programma indicando un numero limitato di settori, o di aree geografiche, o di entrambi così da evitare il rischio di “diluire” eccessivamente il potenziale impatto dei fondi.  L’importanza di adottare una strategia di programma e un quadro logico per lo stesso. Una strategia di programma ben definita, tra le altre cose, semplifica l’individuazione e la capitalizzazione di buone pratiche e lezioni apprese che emergano dai progetti finanziati e oltre.  La ricerca del coordinamento tra donatori garantendo, come minimo, sinergie tra i progetti sostenuti dalla Cooperazione Italiana e quelli finanziati nell’ambito di un accordo di conversione di cui l’Italia è parte.  Si consiglia per il futuro di chiarire fin dall’inizio alla controparte le aspettative italiane in termini di trasparenza provvedendo a includere clausole dettagliate nel Regolamento d’attuazione o almeno condividendo con la controparte un documento sintetico che dettagli le misure da seguire per assicurare la massima trasparenza.  Per quanto concerne eventuali organi disegnati in maniera similare al Comitato Tecnico del FIP, si raccomanda che i suoi componenti abbiano mandati la cui durata sia superiore ad un anno.  Infine nel disegnare future iniziative, potrebbe essere opportuno che sia il fondo di contropartita stesso a sostenere tutti i costi associati con la sua struttura, misura che renderebbe più agevole il management della stessa.
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