Che relazione esiste tra la fiducia dei cittadini e i risultati consegui-ti dai sistemi sanitari pubblici? È possibile ipotizzare la presenzadi un circolo virtuoso tra fiducia e valutazione dei risultati? Il presente volume analizza – nella prima parte – come quindici regioni italiane hanno affrontato negli ultimi anni il tema della valutazione del- la performance dei servizi sanitari erogati, nonché le caratteristiche che questi sistemi hanno assunto e la loro efficacia quali strumenti di go- vernance. Nella seconda parte si affronta il tema delle possibili rela- zioni fra questi sistemi di misurazione e valutazione della performance nella sanità pubblica e la fiducia dei cittadini. In particolare il tema della fiducia in sanità viene sviluppato sia considerando le diverse ti- pologie di relazioni presenti nei soggetti nel sistema sanitario (medici, manager, pazienti) sia mediante le riflessioni di diversi portatori di in- teresse che interagiscono con il sistema sanitario italiano. € 16,00 (a c ur a di ) N ut i Va in ie ri E T S Fiducia dei cittadini e valutazione della performance nella sanità italiana Una sfida aperta a cura di Sabina Nuti e Milena Vainieri Edizioni ETS Creare valore nella sanità pubblica collana diretta da Sabina Nuti e Marco Frey Il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è stato costituito nel 2004 in col- laborazione con la Regione Toscana. Il Laboratorio svolge attività di ricer- ca, formazione manageriale e valuta- zione dei risultati del sistema sanita- rio con l’obiettivo di produrre innova- zione organizzativa e gestionale per lo sviluppo della tutela della salute. Con questa collana il laboratorio si propone di divulgare esperienze e best practice presenti nel contesto della sanità pubblica, sia del nostro paese sia di altre realtà internaziona- li, caratterizzate dall’impatto che hanno avuto nel processo di creazio- ne del valore a favore dei cittadini. La finalità è di offrire agli esperti del settore sanitario, ai manager pubblici ma anche agli amministratori locali metodi ed esempi concreti per cam- biare e migliorare la sanità pubblica, con l’obbiettivo di massimizzare, a fronte delle risorse pubbliche inve- stite, il valore prodotto in termini di salute e qualità dei servizi. Sabina Nuti è professore in Economia e gestione delle imprese presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dove diri- ge il Laboratorio Management e Sanità. È responsabile scientifico del sistema di valutazione della performance della sanità toscana ed è referente per la sua implementazione anche nelle regioni Umbria, Liguria e Piemonte. Da anni svolge attività di ricerca sui temi di management sanitario e valutazione della performance. Milena Vainieri è dottoranda in Mana- gement, Competitiveness and Develop- ment della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e svolge attività di ricerca nel- l’ambito dei progetti seguiti dal Labo- ratorio Management e Sanità con parti- colare riferimento alle tematiche atti- nenti i sistemi di governance e di valu- tazione della performance ed il governo dell’efficienza nei sistemi pubblici. F id uc ia d ei c it ta di ni e v al ut az io ne de lla p er fo rm an ce n el la s an it à it al ia na 2 MES_cover_02 11-06-2009 11:41 Pagina 1 INDICE Prefazione [Patrik Jonsson] 9 Premessa [Marco Frey] 11 PARTE PRIMA STRUMENTI DI CONTROLLO E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE IN SANITÀ NELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME ITALIANE 1. Alcune considerazioni preliminari su misurazione della performance dei sistemi sanitari e governance Lino Cinquini 19 2. Finalità e metodo del progetto “Strumenti e metodi per valutare la performance in sanità - esperienze regionali a confronto” Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai 25 3. La valutazione della performance in sanità nelle regioni ita- liane: analisi sul campo, le interviste, le criticità e le linee evo- lutive Milena Vainieri 37 4. La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’assistenza farmaceutica: passato, presente e futuro Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci 65 5. La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità Sara Barsanti 83 8 Fiducia dei cittadini e valutazione della performance nella sanità italiana 6. Le prospettive della valutazione della performance: le sfide per la sanità pubblica Sabina Nuti 99 7. Alcune considerazioni di sintesi Fulvio Moirano 119 PARTE SECONDA I PRESUPPOSTI DELLA VALUTAZIONE E DELLA FIDUCIA IN SANITÀ: UN CIRCOLO VIRTUOSO? 1. La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni pubbliche in sanità Michael Calnan 129 2. Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema sanitario? Risposte a confronto da diverse prospettive di analisi Francesca Sanna 143 3. Fiducia e trasparenza nel sistema sanitario italiano Sabina Nuti 159 4. Mi fido di te: dalla percezione alla valutazione oggettiva dei servizi sanitari pubblici Ignazio R. Marino, Alessandra Cattoi 167 Allegato. Questionario per le interviste semi-strutturate alle regioni e province autonome 179 Bibliografia 183 Ringraziamenti 191 PREFAZIONE Patrik Jonsson* La Fondazione Lilly è una fondazione senza scopo di lucro e vuole contribuire allo sviluppo economico e sociale del Paese tramite strumenti e tecnologie che migliorino la ricerca scientifi- ca ed il “sistema salute”. Nell’ambito delle finalità di solidarietà sociale, la Fondazione Lilly favorisce sia le attività di ricerca, per una sempre più efficace relazione tra la domanda di salute dei cittadini e la qualità dell’of- ferta del Sistema Sanitario Nazionale, sia le attività di aggiornamen- to degli operatori socio sanitari, finalizzate allo stesso obiettivo. In un contesto di risorse necessariamente limitate (non solo in Italia ma in tutto il mondo) l’unica via percorribile per soddi- sfare la crescente domanda di salute dei cittadini è quella di au- mentare l’efficacia e l’efficienza del sistema. Se, infatti, pensiamo da un lato all’invecchiamento della po- polazione (fenomeno, fortunatamente, molto accentuato in Ita- lia) e dall’altro al continuo sviluppo di nuove conoscenze e nuo- ve tecnologie che permettono di curare oggi (o di curare me- glio) patologie che ieri non potevano essere curate, appare evi- dente l’impossibilità di soddisfare la “domanda” con il mero au- mento delle risorse dedicate. Da qui la necessità di intervenire sull’efficacia e l’efficienza del sistema. Noi pensiamo che il punto di partenza più appropriato per ottenere il miglioramento richiesto sia quello di determinare do- ve e come intervenire, cosa cambiare, cosa trasformare. * Patrik Jonsson, Presidente Fondazione Eli Lilly per la Ricerca Medica ONLUS. 10 Patrik Jonnson Per fare ciò, tuttavia, è necessario avere a disposizione degli “indicatori condivisi” che permettano di misurare e valutare i risultati delle attività e delle scelte intraprese ovvero di “valutare la performance”. È, quindi, tenendo presente questa esigenza che la fondazio- ne lilly ha dato il proprio supporto a questa iniziativa che ha contribuito a sviluppare, con una metodologia innovativa quale il laboratorio sperimentale, cui sono state invitate a partecipare tutte le regioni, uno strumento oggettivo e condiviso per la “va- lutazione della performance in sanità”. In uno scenario “salute” in continua evoluzione è necessario che tale “strumento” sia continuamente aggiornato per essere in grado di adeguarsi flessibilmente ai nuovi bisogni ed alle nuove esigenze. Ci auguriamo, quindi, che il lavoro svolto fino ad oggi e lo spirito di integrazione dimostrato possano essere di stimolo per mantenere viva questa iniziativa per generare le condizioni più idonee per il miglioramento della performance in sanità. PREMESSA Marco Frey* Il presente volume sintetizza un’altra tappa intermedia del per- corso di “research action” del Laboratorio di Management e Sa- nità della Scuola Superiore Sant’Anna. Alla fine del 2007 vi era stata la prima presentazione a livello nazionale del sistema di va- lutazione delle performance della Regione Toscana e in quella oc- casione era emersa l’opportunità di un confronto sistematico con l’esperienza delle altre Regioni Italiane. Grazie ad un finanzia- mento della Fondazione Lilly è stato possibile realizzare una ri- cerca che proponesse proprio questo scopo: analizzare le peculia- rità e le similitudini tra i sistemi di misurazione delle prestazioni delle Regioni, evidenziando i fabbisogni ulteriori di accountabili- ty e l’interesse per un confronto sistematico (benchmarking) da parte dei policy maker regionali. Si tratta evidentemente di una questione cruciale sia per le implicazioni connesse al governo del- la spesa sanitaria, sia in riferimento alle dinamiche proprie del fe- deralismo nel nostro Paese, sia in funzione delle necessità di inno- vazione e di risposta dinamica ai bisogni a cui il sistema sanitario nazionale è sottoposto. Per fornire un quadro concettuale adeguato a queste proble- matiche è stato scelto di orientare il volume verso il concetto di fiducia, ponendosi l’obiettivo di comprendere quanto gli sforzi verso l’accountability necessari per garantire un miglior governo del sistema, possano generare anche risultati in termini di ga- ranzia di un elevato livello di fiducia nel sistema stesso. * Marco Frey, Presidente del Laboratorio Management e Sanità, è Professore ordi- nario di Economia e gestione delle imprese della Scuola Superiore Sant’Anna. 12 Patrik Jonnson Il contributo di Calnan all’inizio della seconda parte del libro ci mostra innanzitutto come il sistema sanitario inglese sia stato carat- terizzato negli ultimi anni da un declino della fiducia dei cittadini, in conseguenza sia di elementi di natura oggettiva (come il ripetersi di errori medici enfatizzati dai media), sia di fattori più soggettivi di natura cognitiva e affettiva. Eppure il mondo anglosassone (in pri- mis gli USA e quindi l’Australia e UK) è quello che ha maggior- mente studiato la fiducia nei sistemi sanitari ed è anche quello ca- ratterizzato da migliori livelli di fiducia nelle proprie istituzioni. La trasformazione in corso appare però significativa e Calnan argomenta come in Gran Bretagna ad una fiducia più “cieca” nei confronti del sistema sanitario si stia progressivamente an- dando a sostituire una fiducia “condizionata” alla capacità di orientare la sanità alle esigenze del paziente, che diviene (come in molti campi) più consapevole. La fiducia, quindi, non è più una certezza data (frutto soprat- tutto della reputazione e delle relazioni interpersonali medico- paziente), ma un traguardo da guadagnare (soprattutto dalle istituzioni sanitarie nel loro complesso) sia attraverso le specifi- che esperienze vissute dai pazienti, sia attraverso la credibilità complessiva delle organizzazioni sanitarie. L’interrogativo che implicitamente si apre nel volume, quindi, riguarda quanto i risultati in termini di performance possano contribuire ad accrescere (o a mantenere) un livello di fiducia che è indubitabilmente correlato anche a determinanti a livello micro, frutto di interazioni sociali specifiche. Nel Capitolo 1 della Parte I, Lino Cinquini, nell’evidenziare l’importanza dei sistemi di misurazione delle performance in sa- nità, ci ricorda come esistano alcune criticità che rendono tali sistemi più complessi di quelli tradizionali: la natura dell’output, le caratteristiche duali dell’organizzazione (dove convivono ma- nager e professionisti), la struttura multilivello (ovvero operante a livello di unità organizzativa, di azienda, di sistema regionale e nazionale) dei processi di accountability. Tutto ciò appare facil- mente connettibile all’analisi tridimensionale delle relazioni di fiducia proposta da Calnan, che fa riferimento ad una fiducia in- Premessa 13 terpersonale (tra professionisti e cittadini), ad una istituzionale (tra istituzioni sanitarie e cittadini) e ad una fiducia nell’organiz- zazione (tra operatori sanitari e manager) che si autoalimentano. Se la fiducia, come mostrano le interviste agli stakeholder ef- fettuate da Francesca Sanna, è soprattutto connessa all’equità, alla qualità e alla trasparenza, allora un sistema di accountability multilivello che sappia far cooperare manager e professionisti nel perseguimento congiunto di efficienza e di appropriatezza delle cure è una sfida impegnativa, ma può fornire risultati mol- to significativi anche nella prospettiva dei cittadini/utenti. L’esperienza della Regione Toscana richiamata da Sabina Nu- ti insegna, infatti, come esista una correlazione positiva tra per- formance in termini di appropriatezza e costo procapite, sfatan- do la convinzione che le due variabili siano in trade-off. Le sfide aperte però sono molte e l’analisi comparata di ciò che stanno facendo le diverse Regioni in merito ci consente di delinearle con una certa chiarezza. Innanzitutto quelle stesse determinanti della fiducia citate in precedenza (equità, qualità e trasparenza), sono tra le principali criticità dei sistemi regionali di misurazione delle performance ana- lizzati nella ricerca e sintetizzate nel capitolo di Milena Vainieri. In particolare per l’equità, che può essere intesa come l’egua- glianza nell’accesso ai servizi, è difficile trovare nelle esperienze regionali considerate degli strumenti di misurazione sistematici, viceversa talvolta sono presenti al proposito indagini ad hoc. Eppure si tratta di un elemento chiave del carattere universali- stico dei sistemi sanitari, che, come ha evidenziato l’assessore Rossi nella sua intervista, dimostra la capacità del sistema sani- tario pubblico di prendersi carico dei bisogni dei cittadini nello spirito dell’art.32 della Costituzione. In questa prospettiva pe- raltro l’equità diventa una componente essenziale dell’inclusio- ne dei cittadini nei percorsi di miglioramento complessivo delle prestazioni sanitarie, nella prospettiva di evoluzione della fidu- cia evidenziata da Calnan. Altrettanto rilevante e critica appare la misurazione della qualità percepita da parte degli utenti. Un confronto sistematico 14 Marco Frey tra le diverse Regioni può portare a notevoli miglioramento in questo ambito, sia dal punto di vista metodologico che della si- stematicità. Con riferimento ad un ulteriore elemento che carat- terizza la maturità dei sistemi di misurazione delle performance in un’ottica di qualità, ovvero la capacità di integrare gli indica- tori di spesa con quelli di appropriatezza, l’analisi comparata ha evidenziato ampi margini di miglioramento, soprattutto nell’am- bito dell’assistenza farmaceutica, contesto in cui si giocano di- namiche chiave nella costruzione della fiducia. Nel capitolo di Lorenzo Mantovani e Linda Marcacci si evi- denza, a tal proposito, come i molti dati disponibili siano utiliz- zati prevalentemente nelle Regioni a scopo di monitoraggio più che di processi di valutazione, in cui i risultati sono correlati esplicitamente ad obiettivi in un’ottica di management e di sup- porto ai processi decisionali. Esistono però anche qui esperien- ze da valorizzare che hanno saputo attivare meccanismi di ap- propriatezza organizzativa, quali ad esempio la distribuzione di- retta o l’approvvigionamento centralizzato del farmaco. Infine vi è la questione inerente la trasparenza. Tutti i sistemi regionali hanno questa finalità al centro dello sviluppo dei propri approcci alla valutazione, nonostante questo, spesso si riscontra una difficoltà a rendere le molte informazioni a disposizione sem- plici e accessibili. La struttura multilivello dei sistemi di misura- zione delle performance rende spesso difficile conciliare (in rela- zione a trade-off quali sinteticità-esaustività, piuttosto che sempli- cità-scientificità) le esigenze dei differenti fruitori delle informa- zioni. Eppure in questo ambito si gioca una partita essenziale ai fini del coinvolgimento dei diversi attori in processi di accounta- bility realmente trasparenti ed efficace. Ciò che emerge dalla ri- cerca è che le Regioni con sistemi più avanzati hanno una chiara percezione della necessità di sviluppare interfacce semplici ed ac- cessibili. Questo evidentemente è un altro ambito in cui il bench- marking, grazie all’attivazione di processi di apprendimento con- divisi, può portare a risultati estremamente interessanti. In sostanza, la ricerca della fiducia dei cittadini può essere un driver molto importante nel guardare all’evoluzione dei sistemi Premessa 15 di misurazione delle prestazioni sanitarie a livello regionale, consentendo di individuare le priorità sia nella costruzione degli indicatori più rivolti all’interno delle organizzazioni nella scelta di quelli diretti ad includere maggiormente gli utenti nei proces- si di miglioramento. Come sempre la strada da fare è maggiore di quella percorsa, ma l’interesse mostrato dai nostri interlocutori nel percorso ivi descritto è stato tale da indurci a proseguire insieme a loro con entusiasmo. PARTE PRIMA STRUMENTI DI CONTROLLO E VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE IN SANITÀ NELLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME ITALIANE CAPITOLO 1 ALCUNE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI SU MISURAZIONE DELLA PERFORMANCE DEI SISTEMI SANITARI E GOVERNANCE Lino Cinquini* Lo sviluppo di sistemi di misurazione di performance (SMP) in ambito pubblico ha assunto a partire dagli anni ’90 un ruolo ed un significato sempre più rilevante, in particolare per quanto riguarda i servizi pubblici. Sul concetto di “performance” nel contesto pubblico è possibile riferirsi ad una basilare definizio- ne economico-aziendale, relativa alle condizioni essenziali da soddisfare contemporaneamente ed in modo coordinato per ga- rantire funzionalità duratura all’organizzazione pubblica eroga- trice di servizi, ossia l’economicità nell’acquisizione dei fattori produttivi, l’efficienza nell’uso delle risorse, l’efficacia nel rag- giungimento degli obiettivi assegnati al management e degli obiettivi sociali di cui si fa carico il sistema nel suo complesso (Borgonovi, 1996; Farneti, 1995; Mussari, 1997). L’esperienza internazionale evidenzia come esistano fonda- mentalmente otto “ragioni manageriali” che sottendono l’imple- mentazione in ambito pubblico di sistemi di misurazione della performance (Behn, 2003): 1) valutare come l’organizzazione sta funzionando; 2) controllare il modo in cui le risorse umane svol- gono i loro compiti; 3) programmare mediante i budget l’uso delle risorse umane, materiali e finanziarie; 4) motivare dipen- denti e stakeholders rispetto al miglioramento; 5) promuovere l’azione pubblica, dimostrando come essa sta funzionando; 6) celebrare i successi dell’attività, quando vengono raggiunti; 7) apprendere le ragioni del buon funzionamento o le cause dei problemi dell’organizzazione; 8) migliorare le prestazioni. * Lino Cinquini, Professore ordinario di Economia aziendale della Scuola Supe- riore Sant’Anna. 20 Lino Cinquini Nell’ambito di queste considerazioni preliminari, senza ripercor- rere le ragioni della crescente importanza dei SMP nei servizi pubbli- ci (cfr. sul punto Mussari, 1997: 263-277), possiamo affermare che su tale tema convergono alcuni aspetti di criticità così sintetizzabili: la particolare complessità delle misurazioni connessa alla na-• tura dell’output (prestazioni) ed alle sue caratteristiche diffe- renziali rispetto alla produzione di beni (intangibilità, non conservabilità, eterogeneità, simultaneità tra produzione e consumo, specificità culturale), costituiscono caratteristiche critiche sia per la valutazione di efficacia che di efficienza delle prestazioni (Bitran e Lojo, 1993a e 1993b); le difficoltà di impiego dei SMP ai fini di controllo di gestio-• ne per la natura professionale e burocratica delle organizza- zioni pubbliche (Mintzberg, 1996) e l’esigenza di bilancia- mento dei sistemi di controllo e misurazione con l’autonomia “autoregolatoria” dei professionisti (Ouchi, 1979; Abernethy e Stoelwinder, 1995); la potenziale differenziazione di utilizzazione di un SMP, che • può essere impiegato a livello di unità organizzativa singola oppure a livello di sistema e di rete di unità, per la produzione di informazioni per finalità di accountability delle attività svolte dai servizi pubblici. Il tema dell’accountability si collega alla rendicontazione dovuta da parte di chi è stato delegato da una autorità allo svolgimento di compiti sulla base di attribuzione di poteri (Sinclair, 1995; Pavan e Fadda, 2009). Tra i profili ri- spetto ai quali il problema dell’accountability può essere af- frontato ricordiamo (Caperchione e Pezzani, 2000): un 1. profilo interno, che si estende alla considerazione dei si- stemi operativi orientati alla responsabilizzazione sull’im- piego delle risorse, e comprende quindi la coerenza tra fi- nalità e logiche di progettazione e realizzazione sia della struttura organizzativa, che degli strumenti di controllo; un 2. profilo esterno, rispetto al quale l’esigenza di accountabi- lity comporta la creazione di strumenti con cui ogni orga- nizzazione che utilizza risorse collettive possa assolvere Alcune considerazioni preliminari sulla misurazione della performance 21 all’obbligo di rendere conto della propria performance a soggetti esterni. In questa prospettiva l’accountability può essere orientata (Martini, 1999) verso il basso, ossia rivolta verso gli utenti e più in generale i contribuenti; tipici stru- menti per l’“accountability verso il basso” sono le carte dei servizi, le graduatorie di performance, le indagini di custo- mer satisfaction, la certificazione di qualità; il loro successo dipende da come si comunicano e si rendono interpretabili i risultati. Oppure possiamo avere una “accountability verso l’alto”, che si inserisce all’interno di complessi rapporti tra soggetti istituzionali portatori di interessi diversi ed implica l’accettazione di essere giudicati, lo stabilire a priori criteri di giudizio consensuali e la cooperazione per la verifica a posteriori. I SMP costituiscono allora strumenti di valuta- zione anche per dare una risposta a queste esigenze. In altra prospettiva i SMP, sia a livello di unità organizzativa singola oppure a livello di sistema e di rete di unità, possono as- sumere funzioni regolatorie ed incentivanti; in questo caso essi assumono un rilievo fondamentale per la governance di sistemi di servizi pubblici e non solo di singole unità di erogazione. Rispetto a queste criticità, i risultati delle analisi svolte per verificare il reale impatto dei sistemi di misurazione delle per- formance in ambito pubblico appaiono non univoci e la ricerca richiede di essere approfondita (Radnor e McGuire, 2003; Propper e Wilson, 2003; Greiling, 2006). Se passiamo ad osservare i modelli di SMP utilizzati nell’ambito delle organizzazioni pubbliche, non vi è dubbio che l’esperienza maturata nelle aziende “profit-oriented” abbia avuto importanti ri- flessi sulla loro progettazione e realizzazione. A partire dalla secon- da metà degli anni ottanta la problematica della valutazione me- diante SMP ha avuto una forte spinta evolutiva nelle imprese. Cri- tiche sostanziali sono state sviluppate rispetto all’insufficienza dei tradizionali modelli contabili ed economico-finanziari di misurazio- ne della performance e si è posto il problema di identificare model- li multidimensionali, sia nell’oggetto (non solo il profitto come ri- 22 Lino Cinquini sultato), sia nell’unità di misurazione impiegata (non solo mediante il modulo monetario). È emersa soprattutto l’esigenza di modelli dai quali fosse possibile comprendere le cause della performance e trarne le conseguenze in ordine alle decisioni da assumere ai diversi livelli decisionali (Lynch e Cross 1991; Nanni, Dixon e Vollmann, 1992) e di sistemi in grado di esplicitare il più possibile gli obiettivi strategici e di declinarli operativamente in modo efficace in tutta l’organizzazione (Kaplan e Norton, 1992 e 1996). Negli ultimi vent’anni sono stati proposti molti sistemi multidimensionali di va- lutazione della performance aventi caratteristiche differenziate ma coerenti rispetto all’orientamento a dare risposte a queste criticità (Neely, 2007). La loro flessibilità ha consentito una proposizione anche rispetto alle organizzazioni pubbliche e non-profit mediante gli opportuni adattamenti, a partire dagli obiettivi specifici delle aziende pubbliche (Niven, 2003). Tali sistemi hanno assunto particolare importanza nel settore della sanità, considerando sia l’impegno delle risorse pubbliche in esso investite che il valore per il cittadino del “bene salute”1. Nei servizi sanitari un problema rilevante riguarda l’estensibilità di ta- li SMP dal livello di azienda sanitaria, dove possono trovare effi- cace applicabilità (Baraldi, 2005), ad un livello di sistema sanita- rio, ossia ad un livello di rete di aziende rispetto alle quali si pon- gono obiettivi e performance specifici ed obiettivi e performance di sistema tra loro interrelati. Un impiego di SMP a livello di si- stema sanitario presenta infatti specifici aspetti di criticità in rela- zione ai seguenti aspetti: 1 Nei paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) l’entità delle risorse dedicate ai servizi sanitari incide notevolmente nella spesa pubblica raggiungendo il 6,45% sul prodotto interno lordo (Dato anno 2004. Fonte: Eco-salute OCSE 2007). Nel 2007 la spesa pubblica destinata alla sanità nella sola regione Toscana è stata pari a 6.100 milioni di euro, corrispondente a circa il 70% del budget di spesa complessivo della Regione. Il servizio sanitario rientra tra quelli definiti di “pubblica utilità” che, come prevede la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1997, sono i servizi volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costi- tuzionalmente tutelati: la salute, l’assistenza e previdenza sociale, l’istruzione e la libertà di comunicazione, la libertà e la sicurezza della persona, la libertà di circolazione, ai sen- si dell’art. 1, legge 12 giugno 1990 n. 146, e i servizi di erogazione di energia elettrica, acqua e gas. Alcune considerazioni preliminari sulla misurazione della performance 23 i gradi di libertà ed autonomia degli attori del sistema (Regio-• ne, aziende sanitarie) rispetto alla fissazione degli obiettivi e delle modalità di loro raggiungimento; l’identificazione delle relazioni causali delle decisioni ed azio-• ni in un contesto di relazioni interaziendali (es. ASL ed AOU); la tensione del sistema verso modalità competitive o coopera-• tive nelle relazioni tra gli attori (Barretta, 2004). Un ultimo aspetto è richiamato nelle otto fondamentali ragioni d’implementazione di un SMP in ambito pubblico viste in prece- denza; tra esse l’apprendimento assume un valore fondamentale ai fini dell’innovazione e del miglioramento delle performance dell’organizzazione. Rispetto alla possibilità di sviluppare appren- dimento, il benchmarking costituisce una modalità di progettazio- ne, realizzazione ed utilizzo del SMP che permette a più organiz- zazioni di confrontarsi sui risultati ottenuti e di imparare. Esso rappresenta un sistema di misure comuni che, con continuità e si- stematicità, permette ad ogni organizzazione del sistema di con- frontare i propri risultati con quelli di altre organizzazioni che svolgono processi simili. In questo modo è possibile individuare i differenziali di risultato rispetto alle organizzazioni che presenta- no la performance di maggiore successo, e focalizzare la tipologia e l’entità dei punti di debolezza della gestione in cui cercare il mi- glioramento della propria performance (Camp 1989; McNair e Leibfried 1992). L’American Productivity and Quality Center (Watson, 1993) lo definisce nel seguente modo: “[…] benchmar- king is a systematic and continuous measurement process: a pro- cess of continuously measuring and comparing an organization’s business processes against business process leaders anywhere in the world to gain information which will help the organization to improve its performance”. Per implementare un sistema di benchmarking è necessario che più organizzazioni si accordino tra loro per individuare, in primo luogo, su quali aspetti, variabili o processi chiave impostare l’analisi di confronto. Quindi è neces- sario che siano definite e accettate da tutte le organizzazioni: 24 Lino Cinquini a. le modalità con cui i dati e le misure devono essere rilevate; b. il soggetto preposto all’elaborazione dei dati. Molto spesso questa funzione viene svolta da agenzie esterne quali le Uni- versità o gli enti di ricerca che, in questo modo, oltre che for- nire un servizio, si riservano un campo privilegiato su cui co- struire la conoscenza e l’apprendimento sull’evoluzione dei processi di miglioramento in atto nelle imprese. Dove, a livello internazionale, si è implementato un SMP a li- vello di sistema sanitario, uno strumento essenziale per l’orienta- mento verso il miglioramento e per il supporto alle decisioni di policy è costituito dal benchmarking tra gli attori del sistema che si rende possibile a partire dalle informazioni fornite dal SMP. Nel contesto sanitario pubblico lo strumento del benchmarking appare essenziale (Banchieri et al., 2005; Barretta, 2005), anche se non sostitutivo delle misure specifiche che ciascun soggetto del sistema può ritenere opportuno inserire nel proprio sistema di valutazione della performance. Se poi si tende ad attivare strate- gie collaborative e non competitive tra gli attori del sistema, il benchmarking, ossia l’insieme delle misure a confronto, rappre- senta lo strumento fondamentale per evitare l’autoreferenzialità e per attivare processi di apprendimento dalle best practices. La ricerca sviluppata nei capitoli seguenti, realizzata grazie al contributo offerto dalla Fondazione Lilly, offre la possibilità di analizzare la situazione italiana in merito al tema dei SMP e del loro impiego nella governance dei Sistemi sanitari e permette di mettere in luce come il fabbisogno di controllo del sistema sanita- rio sia presente, pur con modalità diverse, in tutti i contesti regio- nali che hanno partecipato al progetto. Pur riconoscendo questa esigenza non tutte le Regioni considerano opportuno ipotizzare un sistema in benchmarking tra i soggetti operanti in ciascuna re- gione e tra regioni. Certamente, tuttavia, l’introduzione del fede- ralismo fiscale rafforza l’esigenza di disporre comunque a livello nazionale di misure capaci di monitorare l’equità nella quantità e qualità dei servizi offerti in tutte le regioni italiane, in modo che siano garantite ai livelli predeterminati. CAPITOLO 2 FINALITÀ E METODO DEL PROGETTO “STRUMENTI E METODI PER VALUTARE LA PERFORMANCE IN SANITÀ - ESPERIENZE REGIONALI A CONFRONTO” Sabina Nuti*, Milena Vainieri**, Francesco Niccolai*** 2.1. Premessa Nel mese di dicembre 2007 a Roma, presso l’ISS (Istituto Supe- riore di Sanità), il laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna ha organizzato il convegno nazionale “sistemi di valutazione della performance in sanità” che ha visto partecipi diverse regioni e l’allora ministro della salute Livia Turco. In quella occasione, sono stati presentati alcuni sistemi di va- lutazione della performance in sanità adottati in contesti inter- nazionali (Canada, Olanda, Spagna, Inghilterra e Giappone) ed in Toscana. L’interesse mostrato dalle regioni, dal ministero e dall’Agenas sul tema della valutazione della performance in sanità e l’inte- resse di ricerca per l’analisi delle caratteristiche specifiche del contesto italiano, ha determinato la scelta del Laboratorio MeS di avviare un progetto di mappatura dei sistemi di valutazione della performance attualmente adottati dalle regioni e province italiane in sanità con il contributo della fondazione Lilly. Il decreto legislativo 502/92 che ha dato il via al processo di regionalizzazione, evidenzia all’art. 2 1 che il ruolo di valutare la * Sabina Nuti, Direttore del Laboratorio Management e Sanità, è Professore asso- ciato di Economia e gestione delle imprese della Scuola Superiore Sant’Anna. ** Milena Vainieri, Dottoranda in Management, Competitiveness and Development della Scuola Superiore Sant’Anna, collabora alle attività di ricerca del Laboratorio Ma- nagement e Sanità. *** Francesco Niccolai, Direttore UO Comunicazione dell’Azienda USL 6 di Livorno. 1 Il dlgs 502/92 all’art. 2 recita “le linee dell’organizzazione dei servizi e delle attività de- stinate alla tutela della salute, i criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende 26 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai qualità dei servizi sanitari spetta alle regioni. Il PSN ancora vigente (2006-2008) pubblicato a marzo 2006, al capitolo 6 – la valutazione del SSN e il monitoraggio del piano, in- dica come principale strumento di valutazione dei servizi sanitari, la relazione sullo stato sanitario del paese con cadenza annuale. Successivamente, a seguito della l. 266/2005, con decreto del Ministro della salute nel giugno del 2006, viene istituito il Siste- ma nazionale di Verifica e controllo sull’Assistenza Sanitaria (Si- VeAS), al fine di provvedere alla verifica che i servizi erogati dalle regioni rispettino i criteri di efficienza, appropriatezza e qualità. Il SiVeAs deve operare, secondo il decreto, attraverso programmi annuali di concerto con la cabina di regia. Si intro- duce quindi la possibilità, per il livello centrale, di valutare i ser- vizi sanitari su tutto il territorio nazionale fino al livello azienda- le. Tale incidenza del livello ministeriale, viene in parte rivista nell’ambito del Patto per la Salute redatto nel mese di settembre 2006 che introduce il concetto di autovalutazione da parte delle Regioni della qualità dell’assistenza erogata e sottolinea che il li- vello centrale è sia quello nazionale del Ministero ma anche quello del coordinamento regionale: “[…e che] il livello centra- le (sia ministeriale che del coordinamento interregionale) svolga non solo una funzione di verifica ma, per le regioni che lo ri- chiedano o comunque per quelle impegnate nei piani di rientro, anche di supporto, servizio e affiancamento finalizzati ad una autovalutazione della qualità dell’assistenza erogata”. Sebbene negli ultimi anni ci sia stato quindi un cambiamento nei ruoli previsti per Stato e Regioni relativamente alla valuta- zione dei servizi sanitari, non vi sono studi a livello nazionale che mostrano lo stato dell’arte sugli strumenti attualmente adot- tati dalle regioni e province autonome. Recentemente sono stati pubblicati tre rapporti sui sistemi sa- nitari regionali/provinciali che, in modo diretto o indiretto, sono collegati al tema della valutazione della performance in sanità: “I ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie, rientrano nella competenza delle regioni”. Finalità e metodo del progetto 27 sistemi di governance dei servizi sanitari regionali” del Formez, “I modelli decisionali nella sanità locale” del Censis ed infine il qua- derno di Monitor “I sistemi di valutazione dei servizi sanitari”. I primi due rapporti (Formez e Censis) propongono, attra- verso metodologie diverse, modelli interpretativi dei sistemi di governance e delle decisioni nei sistemi sanitari delle regioni/ province italiane. Gli strumenti di misurazione adottati sono trattati in funzione dell’argomento principale del rapporto. Il supplemento al numero 20 di Monitor (2008) invece rac- coglie, in forma monografica, la descrizione dei sistemi di va- lutazione dei servizi sanitari presenti in 7 regioni: Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Toscana, Umbria e Veneto. Il progetto di ricerca del Laboratorio MeS, realizzato con il con- tributo della Fondazione Lilly, vuol provare a completare il quadro di analisi avviato dal numero di Monitor, proponendo uno schema di lettura dei sistemi di valutazione della performance che aiuti a confrontare le esperienze regionali/provinciali attraverso: l’analisi delle caratteristiche comuni o peculiari dei vari stru-• menti di misurazione della performance; l’analisi della struttura e del processo del sistema di valutazione; • l’analisi del grado di integrazione con gli strumenti di incenti-• vazione ed accreditamento; l’analisi dei fabbisogni di controllo;• la rilevazione della percezione delle regioni/province sul ruo-• lo che può rivestire il benchmarking dentro e fra i SSR/P. 2.2. La ricerca qualitativa per la mappatura dei sistemi di valutazione della performance nei SSR/P in Italia L’obiettivo della ricerca è stato quello di rilevare e compren- dere gli strumenti di misurazione/valutazione utilizzati, ossia cogliere, al di là della tecnicalità degli strumenti adottati, il sen- so che tali strumenti assumono nell’ambito della filosofia com- plessiva di “governance” che la regione/provincia adotta nelle 28 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai relazioni con le aziende sanitarie. In questa ottica è stato adotta- to per la ricerca un approccio qualitativo capace di far emergere il vissuto ed il punto di vista dell’attore sociale. La ricerca si è sviluppata in due momenti consequenziali con obiettivi differenti: nella prima fase sono state realizzate intervi- ste semi-strutturate alle figure apicali di ciascuna regione parte- cipante alla ricerca; la seconda fase ha previsto la condivisione dei risultati emersi nelle interviste in un workshop. La conduzione delle interviste semi-strutturate con i referenti delle regioni sono state impostate in modo tale da rilevare sia la situazione sul campo sia la percezione e l’interpretazione che i referenti davano degli strumenti esistenti2. Il workshop ha perseguito una duplice finalità: da un lato va- lidare i risultati e le interpretazioni riportate dai ricercatori e dall’altro lato individuare, attraverso un processo di partecipa- zione, un framework condiviso per lo sviluppo dei sistemi di misurazione a livello regionale3. Fra giugno e luglio 2008 sono state invitate a partecipare al progetto le 19 regioni e le 2 province autonome italiane. Il pro- cesso di arruolamento prevedeva l’invio di una lettera ad ogni assessorato e direzione generale regionale e quindi un contatto telefonico per introdurre i temi dell’intervista. Fra luglio 2008 e gennaio 2009 sono state condotte le interviste in 13 regioni e 2 province autonome (Fig. 1). Le regioni che non hanno partecipato per motivi istituzionali o per un’esplicita non adesione sono: Lazio, Molise, Abruzzo, Emilia-Romagna, Val d’Aosta e Calabria. Le interviste realizzate hanno visto una diversa partecipazio- ne: nella maggior parte dei casi si è trattato di interviste di grup- 2 Lo scopo dell’intervista nella ricerca qualitativa è capire come i soggetti studiati vedono il mondo, di apprendere la terminologia, il loro modo di giudicare e di catturare la complessità delle loro individuali percezioni ed esperienze (Patton 1990). 3 Se l’intervista poteva avere un approccio “constructivism” in quanto mira alla comprensione dei sistemi e del contesto, il workshop aveva un approccio “Advocacy“ in quanto mira ad individuare, tramite la discussione, le azioni di cambiamento (Creswell 2002) che i SSR/P possono perseguire per un miglioramento dei propri sistemi di misu- razione/valutazione. Finalità e metodo del progetto 29 po in cui era presente sia lo staff che l’assessore e/o il direttore generale, in alcune regioni sono stati intervistati solo gli assesso- ri o i direttori generali ed infine in alcuni casi in cui si è intervi- stato solo lo staff del dipartimento della Salute (Fig. 2). La traccia dell’intervista comprendeva una serie di domande (vedi allegato 1) che nell’iniziale modello di lettura predisposto dal gruppo di ricerca, si articolava in tre macroaree: la descrizione degli strumenti di governo/valutazione; • la valutazione degli strumenti di governo in uso;• la descrizione del sistema di valutazione della performance • ideale. Le interviste sono state condotte sempre da una coppia di in- tervistatori facente parte di un unico team che aveva condiviso l’impostazione della ricerca. La conduzione dell’intervista segui- va un approccio “aperto” per dare modo agli interlocutori re- gionali di evidenziare le proprie priorità ed il proprio modo di vedere la questione. Anche per facilitare questo processo le in- Fig. 1 - Le regioni e province autonome intervistate. 30 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai terviste sono state condotte sempre vis-a-vis4 e senza un invio preventivo delle domande. Le interviste sono state inoltre sem- pre registrate per una approfondita analisi successiva, mirante a cogliere anche le sfumature, il tono, le connotazioni attribuite dagli intervistati. Il verbale delle interviste è stato inviato agli in- tervistati per una sua validazione. 2.3. Il modello di lettura emergente dall’analisi delle interviste Le informazioni contenute nelle interviste sono state elabora- te seguendo le fasi associate alla ricerca qualitativa5. L’analisi Fig. 2 - I soggetti intervistati e le date delle interviste regione per regione. 4 Unica eccezione è la Lombardia che ha voluto partecipare ma ha optato per compilare ed inviare il questionario via e-mail. 5 Le fasi individuate da Creswell (2002) sono sei: Organizzare e preparare i dati per l’analisi1. Leggere le informazioni per comprendere il senso generale2. Classifica le informazioni in gruppi 3. Finalità e metodo del progetto 31 dettagliata dei verbali condotta nel team di ricerca ha fatto emergere un modello di interpretazione dei dati che viene ripor- tato nella figura 3. Tale modello di lettura “descrittivo”, emergente dai dati rac- colti sul campo, teso a dare ordine e senso alle diversità di situa- zioni rilevate, si integra con lo schema iniziale proposto dai ri- cercatori, che ricalcava uno schema “normativo” (dal come è al come dovrebbe essere). Lo schema di lettura proposto può essere scomposto in cin- que blocchi logici: Filosofia della misurazione e valutazione;1. 2. Caratteristiche dei sistemi di misurazione/valutazione; 3. Valutazione degli strumenti; Fig. 3 - Il modello di lettura adottato. Descrizione dei temi per le classi individuate4. Rappresentazione dei temi e delle descrizione a tutti i ricercatori coinvolti5. Interpretare i dati6. 32 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai 4. Contesto; 5. Sistema ideale. FILOSOFIA DELLA MISURAZIONE E VALUTAZIONE1. Attraverso questo blocco logico, si è inteso cogliere quale fosse la filosofia che ha guidato le regioni/province nella predi- sposizione di sistemi di misurazione e valutazione in ambito sa- nitario. I diversi principi che sottendono i sistemi di misurazione e valutazione determinano la struttura dei sistemi ed il processo con cui vengono costruiti o gestiti (Vasselli, 2005). Ad esempio l’OMS individua quattro dimensioni e cioè mi- gliorare lo stato di salute, garantire l’equità finanziaria, garantire la rispondenza del servizio alle esigenze degli utenti e garantire l’accessibilità ai servizi offerti. Su tali prospettive vengono misu- rate le performance sintetizzate in un unico indicatore complessi- vo sulla base del quale si costruiscono le classifiche dei sistemi sa- nitari nazionali pubblicate periodicamente e largamente cono- sciute (ad es. la classifica del WHO report 2000). L’OCSE invece inserisce come obiettivi di performance anche il livello di spesa sanitaria e non giunge ad un indicatore unico (OECD, 2002). La filosofia del sistema determina anche differenze nel proces- so con cui vengono creati e gestiti i sistemi di misurazione ed i suoi risultati: vi sono approcci top down in cui tutto è deciso dal livello centrale, come è avvenuto nel NHS inglese, o di condivi- sione, in cui lo strumento e gli indicatori sono costruiti assieme ai professionisti del sistema ai vari livelli, come nel caso del sistema di valutazione della performance della Toscana6. Un’altra distin- zione di fondo fra i sistemi è collegata al destinatario dei risultati di performance: vi sono strumenti destinati esclusivamente al de- cisore politico o a più livelli del sistema (quindi documenti utiliz- zati e diffusi a tutti i livelli). 6 La Toscana è stata definita dal Censis (2008) un sistema “poliarchico compatto” in quanto i molteplici attori che costituiscono il sistema prendono decisioni su scelte or- ganizzative e di spesa in modo unitario seguendo le direttive fissate dalla Regione che gioca un forte ruolo di controllo. Finalità e metodo del progetto 33 CARATTERISTICHE DEI SISTEMI DI MISURAZIONE E VALUTAZIONE2. Sono stati individuati sei descrittori sulla base dei quali decli- nare gli elementi di comunanza o di diversità e identificare nel dettaglio le specificità regionali di ciascun elemento. Questi de- scrittori sono: focalizzazione, multidimensionalità, riferimento, integrazione, intensità e diffusione. In particolare si intende: a. Focalizzazione: esprime quanto il sistema di misurazione e valutazione adottato o l’insieme degli strumenti, siano orien- tati su alcune priorità identificate. Questa caratteristica può essere talvolta rilevante su un elemento come per esempio il rientro dal deficit, oppure su una parte dell’attività sanitaria come per esempio l’attività ospedaliera. b. Multidimensionalità: è la capacità del sistema di misurare le dimensioni che rappresentano sia i diversi portatori di inte- resse dei sistemi sanitari pubblici (cittadini versus professio- nisti, ecc.) e sia soprattutto i diversi aspetti in cui è possibile leggere il risultato conseguito come ad esempio l’efficienza, l’efficacia, ecc. Nella Fig. 4 sono riportate le dimensioni attraverso cui moni- torare e valutare la performance dei sistemi sanitari utilizzate o proposte da alcuni organismi internazionali. Attraverso questo descrittore si intende indagare quali sono le dimensioni analizzate dalle regioni/province ma anche se e quanto queste siano integrate fra di loro in un unico strumen- to. Infatti le regioni/province possono analizzare più dimen- sioni facendo corrispondere a ciascuna dimensione uno stru- mento o un sistema di monitoraggio/valutazione specifico. Situazione opposta è quella in cui si concentrano in un unico strumento i risultati di performance ottenute in tutte le di- mensioni. c. Riferimento: un ulteriore elemento di analisi dei sistemi è quello chiamato riferimento e confronto: questo descrittore indica l’orientamento dei sistemi di valutazione a non essere autoreferenziali e quindi a fare ricorso a termini di paragone o standard che possono essere parametri nazionali, interna- zionali, indirizzi regionali monitorati nel tempo. 34 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai Il riferimento può essere temporale (confronto fra anni) o nel- lo spazio e quindi a confrontare i soggetti del sistema e capire quanto le regioni fanno ricorso a strumenti di benchmarking. d. Integrazione: esprime il grado con cui i sistemi di misurazione e valutazione sono integrati e collegati con altri strumenti di governance del sistema regionale e di orientamento del sistema stesso. In particolare i riferimenti considerati sono: il sistema premiante dei direttori generali ed il sistema di accreditamen- to, che possono in qualche modo essere integrati o sovrapposti e tendenzialmente coerenti con i sistemi di valutazione. e. Intensità: individua se i sistemi di misurazione e valutazione assegnano un valore alle performance che misurano. Sistemi con intensità bassa si limitano a descrivere la realtà mentre si- stemi con intensità alta arrivano ad assegnare un valore esplici- to e una valutazione alle performance ottenute. Dimensioni HSURC (Canada) CIHI (Canada) CCHSA (Canada) JCAHO (USA) NHS (Inghilterra) WH O Accessibilità X X X X X Equità X X Rilevanza X Efficacia pratica X X X X X X Accettabilità X X X X X Efficienza X X X X X X Appropriatezza X X X X Competenza X X Continuità X X X Sicurezza X X X Tempestività X X Prevenzione X Efficacia teorica X Reattività (responsiveness) X Fig. 4 - Le dimensioni proposte o analizzate da alcuni organismi internazionali (Bellini et al., 2002). Finalità e metodo del progetto 35 Cislaghi e Braga (2008) propongono la valutazione come un percorso, che nasce con la nomenclatura e termina con una de- cisione (Fig. 5). Fasi antecedenti e necessarie alla valutazione sono la descrizione e il monitoraggio: la descrizione è una copia semplificata della realtà, anche se, essendo una copia, può es- serne distorta; il monitoraggio rende la descrizione sistematica e ripetuta accompagnata da un confronto. Uno degli elementi es- senziali affinché la descrizione si trasformi in una valutazione, è la presenza della variabilità nel fenomeno osservato. Questo descrittore individua quindi la propensione dei SSR/P a trasformare i propri sistemi di misurazione della performance in sistemi di valutazione. f. Diffusione: la pubblicizzazione dei risultati del sistema indica quanto e a chi il sistema di misurazione e valutazione rende noto e con chi siano condivisi i propri risultati di performance. Indaga quindi quali strumenti e quali logiche di condivisione dei dati sono utilizzati sia all’interno del sistema sanitario, con il top management e con gli operatori, sia all’esterno, nei con- fronti di altri stakeholder come i comuni, le rappresentanze istituzionali ed i cittadini, portatori d’interesse finali. IL CONTESTO4. Le diversità degli strumenti di governo possono dipendere da elementi di contesto. In particolare un elemento è “il momento storico” attraversato dalla regione: regioni sotto stress per il rien- Fig. 5 - Il percorso della valutazione e decisione (Monitor, 2008). 36 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai tro dal deficit oppure regioni in fase di consolidamento7 che at- traversano un momento storico diverso che può determinare l’utilizzo di strumenti specifici o, quantomeno, focalizzazioni dif- ferenti. Un altro elemento che è stato considerato di contesto è il modello istituzionale: dalla cd. riforma della regionalizzazione del sistema sanitario nazionale, le regioni/province hanno adottato modelli talvolta assai diversi di assetto organizzativo. Inoltre vi sono realtà in cui il SSR/P si interfaccia prevalentemente con operatori pubblici, altri in cui la presenza del privato è rilevante. 5. LA VALUTAZIONE DEI SISTEMI ATTUALI Questo blocco logico fa riferimento alle domande poste agli intervistati relativamente all’individuazione dei punti di forza e di debolezza dei sistemi di valutazione e misurazione della per- formance adottati dai SSR/P. La percezione degli intervistati dei punti di forza segnala i fattori ritenuti di successo dei sistemi di misurazione e valuta- zione della performance, dall’altro lato i punti di debolezza esplicitano quali sono i fabbisogni informativi avvertiti dagli in- tervistati non soddisfatti dagli attuali sistemi. 6. IL SISTEMA IDEALE E LE IDEE PER IL FUTURO Il blocco logico finale corrisponde all’ultimo gruppo di doman- de relative alle caratteristiche del sistema ideale ma contiene anche una sintesi dei precedenti blocchi logici. Infatti dal contesto, dalla filosofia del sistema di valutazione e dai fabbisogni informativi espressi, si possono delineare le caratteristiche dei sistemi di valuta- zione ed il ruolo che può giocare il benchmarking in una situazione ideale. Dalle domande poste dal gruppo di ricerca e dalle domande connesse a questo ultimo blocco logico, ha preso avvio il dibattito del workshop con le regioni tenutosi a Pisa il 30 e 31 gennaio 2009. Nel capitolo seguente la descrizione dei risultati emersi. 7 Alcuni autori hanno messo in correlazione il modello istituzionale con l’orienta- mento politico del governo locale (Formez, 2007) altri invece hanno analizzato la mobi- lità dei direttori generali e la stabilità politica come fattori che influenzano i risultati di performance aziendale (Del Vecchio e Carbone, 2002). CAPITOLO 3 LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE IN SANITÀ NELLE REGIONI ITALIANE: ANALISI SUL CAMPO, LE INTERVISTE, LE CRITICITÀ E LE LINEE EVOLUTIVE Milena Vainieri* Per ricostruire il profilo e l’impostazione dei sistemi di valu- tazione adottati dalle regioni per misurare i risultati conseguiti dal sistema sanitario, sono state tratte dalle interviste le frasi ri- tenute più significative in relazione ai blocchi logici dello sche- ma interpretativo proposti nel precedente capitolo. Le informazioni, le affermazioni di natura tecnica e le opinio- ni degli intervistati sono state ricomposte nello schema metodo- logico in modo da rendere confrontabili le diverse impostazioni secondo un unico percorso interpretativo al fine di descrivere i sistemi di valutazione adottati mediante le parole stesse utilizza- te dagli intervistati. L’illustrazione dei risultati tiene conto anche di quanto è emerso dalle fonti secondarie della ricerca (documenti suggeriti dagli intervistati e monografie di Monitor) integrate dai com- menti e dai rilievi critici emersi nel corso del workshop. I paragrafi successivi, in coerenza con lo schema logico inter- pretativo, oltre a contenere le considerazioni proposte dagli in- tervistati, contengono anche opinioni, considerazioni critiche e concetti evolutivi delle questioni trattate anche con riferimenti a letteratura ed a valutazioni interpretative. * Milena Vainieri, Dottoranda in Management, Competitiveness and Develop- ment della Scuola Superiore Sant’Anna, collabora alle attività di ricerca del Laboratorio Management e Sanità. 38 Milena Vainieri 3.1. Definizione di sistema di valutazione della performance in sanità Atteso che le posizioni ed i riferimenti dei sistemi di valuta- zione possono essere diversi , è stato richiesto agli intervistati di definire il concetto di sistema di valutazione della performance in sanità in modo da condividere il linguaggio tra intervistati e in- tervistatori ma anche per individuare i principi e le basi teoriche su cui si fondano gli elementi qualificanti del sistema di valuta- zione della performance adottati dai sistemi sanitari regionale/ provinciale indagati. In proposito è utile sottolineare la presenza ricorrente di una certa difficoltà tra gli intervistati, emersa anche nel workshop, relativa alla ricerca di un consenso sulla definizione di “sistema di valutazione della performance in sanità” adatta a ricompren- dere le varie sfaccettature teoriche e pratiche attraverso le “pa- role chiave”. Le definizioni sono avvertite più come esercizi accademici che come un utile riferimento per lo sviluppo delle conoscenze e lo scambio di esperienze per la costruzione sperimentale di un sistema di valutazione1. Ad ogni modo l’interpretazione prevalente delle regioni ita- liane è quella che lega la valutazione della performance al rag- giungimento degli obiettivi sia pure con arricchimenti e peculia- rità come emerge da alcune interviste: La valutazione della performance significa adottare strumenti che consentano di orientare la programmazione, di valutare il grado di raggiungimento dei risultati in relazione agli obiettivi da conseguire, di verificare la congruità delle risorse a disposizione. (TRENTO) È un sistema che utilizza gli strumenti della comparazione e del 1 Si riportano alcuni commenti emersi durante il workshop “A me non piace mol- to dilungarmi sulle definizioni e sulla perfezione lessicale di che cosa è un sistema, che sia valutazione o sia altro”; “io non amo la definizione che alle volte poi va nel dettaglio e aggiunge dei pezzettini.” La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 39 benchmarking e permette di valutare se stiamo raggiungendo gli obietti- vi della programmazione regionale, nel tempo e nello spazio. (UMBRIA) La valutazione delle performance verifica il grado di raggiungimen- to degli obiettivi di salute da parte dei servizi sanitari regionali. È poco rilevante come un atleta si allena ma è molto rilevante la sua prestazio- ne in pista. (VENETO) Alcune definizioni, oltre alla misurazione delle performance relative all’attività sottolineano il ruolo giocato dagli aspetti va- loriali, dalle relazioni e dai comportamenti dei professionisti nei sistemi di misurazione/valutazione: È un sistema che agisce per orientare sia le performance che i com- portamenti ed i processi. Se la valutazione è la ricerca del valore, il va- lore aggiunto non è tutto quello che uno ha immaginato ex ante ci po- trebbero essere dei valori che si producono attraverso l’intelligenza umana, l’interlocuzione, la concertazione. (BASILICATA) Nel nostro contesto è necessario ripartire dalla valorizzazione dei principi fondanti: primi tra tutti i bisogni dei cittadini e la trasparenza, ovvero la capacità di dialogo e di ascolto tra istituzioni e cittadini e ri- spetto delle norme. (SICILIA) In sanità la valutazione della performance deve strutturarsi su 3 assi principali: […] l’attenzione alle risorse umane che lavorano nel siste- ma e alla loro motivazione, l’importanza di creare cultura e spirito aziendale e di promuovere stili di management “etico”; è necessario un cambio culturale e un nuovo spirito aziendale. (PUGLIA) Un’altra caratteristica citata è che i sistemi di valutazione del- la performance, oltre a svolgere un ruolo di verifica del raggiun- gimento degli obiettivi, devono anche aiutare a cogliere i nuovi bisogni di salute. I sistemi di valutazione oltre che far emergere indicatori efficacia ed efficienza, dovrebbero essere in grado di esprimere quanto di quello che eroghiamo riesca ad intercettare i nuovi bisogni di salute. Con i si- stemi attuali non riusciamo a cogliere le priorità e le opportunità per gli sviluppi futuri e gli investimenti. (FVG) 40 Milena Vainieri È vero che in sanità ciò che conta di più è la salute dei cittadini e quindi misurare i risultati in tali termini però è anche vero che poiché non possiamo aspettare tempi lunghi per valutare il nostro operato, possiamo altresì utilizzare indicazioni della medicina basata sulle evi- denze. In questa ottica possiamo permetterci di misurare gli output predittivi degli outcome. (TOSCANA) 3.2. I descrittori La descrizione delle caratteristiche dei sistemi di valutazione della performance adottati dalle regioni, si ricava attraverso i sei descrittori presentati nel capitolo 2 ossia: focalizzazione, multi- dimensionalità, intensità, confronto, integrazione e diffusione. LA FOCALIZZAZIONE. A Con questo descrittore si cerca di indagare quanto influisco- no le priorità regionali sulla struttura e le caratteristiche dei si- stemi di misurazione e valutazione adottati Alcuni strumenti so- no comuni a più regioni, anche se con focus differenziati, altri invece sembrano essere strumenti ad hoc per fasi transitorie. Gli strumenti di governo utilizzati e citati da tutti sono: Analisi dei flussi CE per monitorare la situazione economico-• finanziaria, in particolare nelle regioni coinvolte nel piano di rientro le cadenze di monitoraggio sono più frequenti. Analisi dei dati delle schede nosologiche per il monitoraggio • delle attività di ricovero. Relativamente a questo ultimo punto le modalità di monito- raggio e di controllo delle attività di ricovero variano sia in ter- mini di modalità adottate che di finalità perseguite. In alcuni ca- si si realizza un controllo dei volumi, in altri si analizza il mix e la qualità dei servizi di ricovero erogati. Alcune regioni si concentrano su dimensioni/criticità regio- nali mettendo in piedi strumenti di governo specifici: come l’analisi dei flussi di mobilità (Basilicata, la Sicilia e la Puglia) o La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 41 il monitoraggio delle liste d’attesa (Liguria, la Sardegna, la Pu- glia e il Veneto). Un caso a sé è la Sicilia che dichiara una carenza nell’organiz- zazione del controllo “È come se l’assessorato non avesse in ma- no le redini del sistema.” In questo caso gli strumenti adottati si caratterizzano per la transitorietà e per progetti/analisi ad hoc connesse alla fase di riorganizzazione e rientro dal deficit. Esem- pi sono le analisi specifiche di alcuni percorsi o studi sulla cen- tralizzazione degli acquisti. Questo descrittore ha messo in luce la presenza di strumenti fortemente focalizzati messi in campo da regioni con criticità specifiche legate al territorio (esempio ne sono gli strumenti di governo ad hoc per le liste di attesa o la mobilità) a volte con un’esplicita durata temporanea, come gli studi in Sicilia. La fo- calizzazione degli strumenti sull’assistenza ospedaliera è invece una caratteristica di tutte le regioni/province intervistate dettata dalla non attendibilità dei dati e da sistemi informativi non con- solidati per la misurazione dei servizi territoriali e di prevenzio- ne. L’ospedalocentricità dei sistemi informativi e quindi anche dei sistemi di misurazione è ritenuto infatti uno dei punti di de- bolezza dei sistemi di misurazione adottati (vedi par. 3.3.). La focalizzazione sembra assumere quindi una duplice natura: una “volontaria” tipica delle regioni che hanno adottato strumenti specifici per affrontare criticità interne tipiche della regione; l’altra “forzata” diffusa in tutte le regioni come quella della fo- calizzazione dei sistemi di misurazione e valutazione sui dati ospedalieri. B. LA MULTIDIMENSIONALITÀ Dalle risposte collegate al tema della multidimensionalità, sembra ormai far parte della cultura comune quella di misurare i risultati del servizio sanitario su più dimensioni. È ormai opi- nione comune che il controllo solo della dimensione economico finanziaria non sia sufficiente nel contesto sanitario ma sia fon- damentale leggere congiuntamente la capacità di perseguire le condizioni di equilibrio economico finanziario con i risultati ot- 42 Milena Vainieri tenuti in termini di qualità, appropriatezza, outcome di lungo periodo (Lynch e Cross, 1991; Kaplan e Norton, 1992; Baraldi, 2000). Dimensioni citate da tutte le regioni sono infatti il rispetto dei vincoli di bilancio e l’efficienza ma anche l’appropriatezza; comu- ni a più regioni sono invece l’efficacia e la qualità, (Veneto, Um- bria, Toscana), il rischio clinico (Sicilia e Lombardia) e l’ascolto dell’utente quale soggetto centrale del sistema sanitario. Tuttavia anche laddove sono presenti dimensioni comuni, di- verse sono le modalità di analisi. Ne è un chiaro esempio la di- mensione di ascolto dell’utente: nella rilevazione della soddisfa- zione dell’utente si riscontrano differenze non solo nella tempisti- ca ma anche nel soggetto che effettua la rilevazione. In Lombar- dia, Toscana e Bolzano ad esempio sono presenti rilevazione cam- pionarie sistematiche (a Bolzano, in particolare viene utilizzato il panel), altre regioni come il Friuli, l’Umbria e la Puglia fanno ri- corso all’Audit civico attraverso cittadinanza attiva; altre regioni invece, come la Basilicata, affidano l’ascolto dell’utente alle azien- de sanitarie controllando che queste vengano poi effettuate. Una caratteristica comune a più regioni è quella di far corri- spondere alle diverse dimensioni analizzate una pluralità di strumenti di governo. La possibilità di racchiudere in un unico strumento più aspetti è giudicato in modo positivo da chi ha adottato questa opzione perché costituisce una sintesi degli obiettivi di pro- grammazione/gestione integrando la programmazione su più li- velli decisionali o su più settori. Una sintesi è quella effettuata dalla valutazione della direzione che traccia un bilancio del lavoro del management nell’arco dell’esercizio. […] il documento contenente gli obiettivi della programmazione vin- colanti per la gestione e per gli obiettivi di salute ed economico-finan- ziari. (BASILICATA) La BSC si è configurata fin dall’inizio come una piattaforma unica sulla quale poter articolare: l’integrazione tra programmazione del si- stema provincia e programmazione aziendale; l’articolazione di obiet- La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 43 tivi multidimensionali, […] la valutazione delle performance comples- sive aziendali. (BOLZANO) Il sistema di valutazione multidimensionale della performance del- le aziende sanitarie è in grado di fornire un quadro di sintesi dell’an- damento della gestione delle aziende. L’elemento di svolta è stato passare da indicatori di attività (volumi) a indicatori di valutazione. (TOSCANA) Un caso particolare è quello della Provincia Autonoma di Trento che adotta un sistema di 200 indicatori circa raggruppati in più dimensioni per la gestione delle attività delle RSA. Un unico strumento che raccoglie più aspetti non è un ele- mento sufficiente a garantire una lettura integrata ed una visio- ne di sintesi, come dichiarerà nella sezione della valutazione de- gli strumenti adottati il Piemonte (ma sottolineato anche da al- tre regioni) relativamente all’esperienza del Sistema Regionale di Valutazione delle Attività Sanitarie che sintetizza 150 indicatori circa di attività per i settori Territorio, Ospedale ed Azienda. Ciò che risulta importante e invece spesso carente nelle espe- rienze regionali risulta essere appunto la fase di sintesi della va- lutazione e la sua chiara rappresentazione. La complessità inelu- dibile della gestione dei servizi sanitari impone l’utilizzo di molti indicatori di valutazione e questo rischia di ridurre l’incisività degli strumenti di valutazione. L’analisi di oltre un centinaio di indicatori, in assenza di meccanismi di sintesi, rischia di disper- dere l’attenzione dalle priorità. C. L’INTENSITÀ Per quanto riguarda l’intensità della misurazione, quindi l’at- titudine ad utilizzare gli strumenti di governo per valutare attra- verso l’attribuzione di un valore ai fini di una decisione emerge che nella maggior parte dei casi le regioni si fermano a descrive- re e monitorare alcuni settori o alcune azioni o adempimenti ri- chiesti alle aziende (Marche, Sicilia, Basilicata…). Non è una valutazione propriamente detta, la scelta è, per il mo- mento, tenere sotto controllo certi settori di attività. (SARDEGNA) 44 Milena Vainieri In alcuni casi la valutazione è legata a sistemi che verificano il raggiungimento dei risultati ma non attribuiscono in modo esplicito un valore. Non riteniamo utile assegnare esplicitamente un “valore” (buono me- dio scarso) […] abbiamo un sistema di orientamento dei risultati (BSC) già molto dettagliato e che utilizza la metafora del semaforo per monitorare nel tempo se gli obiettivi sono in corso di raggiungimento. (BOLZANO) Il tema della valutazione visto come assegnazione di un valo- re è invece citato dalla maggior parte delle regioni per gli indi- catori collegati alla valutazione dei direttori generali (la Fig. 1 evidenzia le tendenze dei sistemi di misurazione della perfor- mance in atto nei SSR/P). La valutazione è utilizzata soprattutto per gli indicatori oggetto di incentivazione dei direttori generali. (VENETO) Fig. 1 - Il posizionamento dei SSR/P nel percorso verso la valutazione. Quando sono adottati dei sistemi di incentivazione che deter- minano l’entità anche differenziale dei premi da attribuire ai DDGG (quindi non basati su logiche cosiddette “a pioggia”) che prevedono la comunicazione preventiva ai valutati sia dei criteri adottati sia degli obiettivi attesi, alcuni aspetti risultano di particolare criticità. Di particolare rilevanza ad esempio è il numero di indicatori oggetto di incentivazione. Tanti indicatori possono rendere dif- ficile l’identificazione delle priorità rischiando che le aziende di- sperdano le proprie energie mettendo in atto tante, forse trop- pe, strategie che difficilmente portano ad esiti positivi. Sulla ba- La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 45 se di questa esperienza alcune regioni hanno privilegiato la stra- da di inserire nelle delibere di incentivazione pochi obiettivi co- me nel caso del Veneto. Questa strada tuttavia non è esente da problematiche perché con pochi indicatori, si rischia di focaliz- zare/ spostare l’attenzione del sistema solo su ciò che è oggetto di incentivazione lasciando in ombra ambiti di azione importan- ti come sottolinea il Friuli Venezia Giulia. Questa regione segnala il timore di concentrarsi su alcuni obiettivi come fattore che distoglie da altri di uguale rilevanza con il rischio di creare scompensi nel sistema. Quello degli “scompensi”, ossia comportamenti non voluti e devianti rispetto alle finalità iniziali, è uno dei più comuni pro- blemi dovuti anche alle manipolazioni o ai fenomeni di ga- ming – (Fischer e Downes, 2008; Cislaghi e Braga, 2008) che porta il sistema sanitario/le aziende, pur di eccellere in ciò che è oggetto di misurazione, a trascurare il miglioramento della per- formance in servizi non incentivati o addirittura a modificare i flussi informativi pur di dimostrare l’ottenimento del risultato. Troppi o troppi pochi obiettivi possono avere quindi effetti indesiderati nell’orientamento delle aziende sanitarie. Spetta ai decisori politici e al governo regionale la difficile scelta di iden- tificare quegli obiettivi e quindi quegli indicatori che rappresen- tino al meglio la realtà sanitaria (l’ipotesi di sineddoche). D. IL RIFERIMENTO Il tema del confronto aiuta a capire quali sono i parametri di riferimento utilizzati dalle regioni per monitorare e/o valutare. I due classici parametri di riferimento utilizzati per effettuare delle analisi sono il tempo e lo spazio. Il confronto nel tempo inteso anche come monitoraggio ri- spetto a obiettivi prefissati è comune in tutte le regioni, meno frequente è il confronto nello spazio. Il tema del benchmarking fra realtà omogenee è percepito positivamente da chi lo ha applicato nella propria regione per- ché ha aiutato a superare il limite, assai presente nella Pubblica Amministrazione italiana, dell’autoreferenzialità. 46 Milena Vainieri La presentazione dei dati a confronto fra le aziende ha spinto le azien- de a superare l’autoreferenzialità ed ha facilitato processi di scambio ed apprendimento. Il processo di valutazione è propedeutico a quello di va- lorizzazione delle best practices. (TOSCANA) Il benchmarking nel contesto sanitario pubblico è visto come uno strumento essenziale (Biancheri 2005, Barretta 2005), in particolare è ritenuto fondamentale per il superamento dell’au- toreferenzialità e dell’emulazione delle best practices in contesti di cooperazione (Nuti, 2008). Alla visione del benchmarking come strumento che aiuta a migliorarsi in contesti di collaborazione si affianca un’altra vi- sione, quella del benchmarking come strumento che stimola la competizione. La Puglia in particolare associa alla competizione un’accezione negativa a causa dei cambiamenti che hanno re- centemente coinvolto la regione. I nostri dg sono sommersi dalla straordinarietà; non vogliamo “addi- tare” l’attuale gestione ma supportarla. Tuttavia, pur avendo i dati di benchmarking, in questa fase adottiamo un approccio soft. L’idea è che il processo di misurazione deve essere un supporto alla gestione. La valuta- zione in questo momento non può consistere in un confronto di perfor- mance tra le aziende pugliesi perché questo porterebbe a risultati negati- vi soprattutto in termini di relazioni. […] Siamo cioè alla fine di una fa- se “eroica” in cui abbiamo chiesto ai DG […] In questo contesto abbia- mo scelto di non entrare “sfondando” con un sistema di benchmarking, ma di supportare le aziende attraverso un modello di “vicinanza gestio- nale”. (PUGLIA) Anche nel NHS inglese la pubblicazione delle classifiche (le- ague table) degli ospedali-Trust ha innescato meccanismi com- petitivi (Northcott e Llewellyn, 2003) che hanno ostacolato l’obiettivo di condivisione e diffusione delle best practices au- spicato e dichiarato dal governo (Northcott e Llewellyn, 2005). La visione prevalente emersa dalle interviste e dal workshop è quella del confronto come strumento di collaborazione. Infatti come sarà sottolineato dai par 3.3 e 3.4 le regioni ritengono es- senziale l’introduzione di elementi di benchmarking anche con realtà extra-regionali. La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 47 E. L’INTEGRAZIONE Il livello di integrazione dei sistemi di misurazione della per- formance adottati dalle regioni con il sistema incentivante e di accreditamento è differenziato. Oltre ai sistemi di misurazione e valutazione, le regioni hanno a disposizione almeno altri due strumenti di governo: il sistema di incentivazione dei direttori generali e l’accreditamento, Come si può leggere al comma 5 dell’art.3-bis del d.lgs 229/992, la valutazione del direttore generale, sul quale si basano i sistemi premianti, è strettamente collegata al tema della misura- zione e valutazione della performance dei servizi sanitari in parti- colare la norma cita alcune dimensioni come l’efficienza e l’effica- cia dei servizi sanitari. I meccanismi operativi3 devono essere ge- stiti in modo coordinato in particolare diversi autori (Ouchi, 1979; Flamholtz, 1979) hanno evidenziato la necessità di un colle- gamento fra il sistema premiante ed il sistema di programmazione e controllo. L’integrazione fra sistemi di pianificazione e controllo e sistemi incentivanti aiuta a modificare effettivamente i compor- tamenti individuali verso obiettivi di performance viceversa la mancata integrazione può indebolire i sistemi di misurazione del- la performance riducendoli ad un insieme di informazioni di sup- porto agli altri strumenti di governo rischiando di non conseguire i risultati attesi (Brunetti, 1999; Bergamaschi, 2000). Il rafforzamento degli strumenti gestionali, in particolare dei sistemi di incentivazione dei direttori generali, è uno dei driver 2 Al comma 5 dell’art.3-bis del dlgs 229/99 si legge “Le regioni determinano preventi- vamente, in via generale, i criteri di valutazione dell’attività dei direttori generali, avendo ri- guardo al raggiungimento degli obiettivi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento alla efficienza, efficacia e funzionalità dei servizi sanitari. All’atto della nomina di ciascun direttore generale, esse definiscono ed assegnano, aggiornandoli pe- riodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento alle relati- ve risorse, ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi.” 3 Nel sistema aziendale, fra i meccanismi operativi si ricordano quelli di gestione degli obiettivi e delle informazioni: pianificazione strategica, programmazione e control- lo, sistema informativo; e quelli di gestione del personale: ricerca, selezione, accoglimen- to e inserimento del personale; dimensionamento degli organici; addestramento e for- mazione; carriera e valutazione del potenziale; retribuzione e valutazione delle mansioni e delle prestazioni. (Airoldi, Brunetta e Coda, 1994) 48 Milena Vainieri per rendere i sistemi sanitari “maturi” (Del Vecchio, 2004). Per descrivere il grado e le modalità di collegamento tra siste- ma di valutazione e sistema incentivante negli SSR/P si è fatto ricorso ad una rappresentazione attraverso l’insiemistica, indivi- duando tre situazioni distinte illustrate nella figura 2. Fig. 2 - L’integrazione fra sistema incentivante e strumenti di misurazione della performance. La maggior parte delle regioni rientra nel caso A (Fig. 2): gli strumenti di governo (rappresentati dalla bolla scura) anche se frammentati, sono abbastanza integrati con i sistemi di incenti- vazione (rappresentati dalla bolla chiara). Gli obiettivi incenti- vati sono di numero inferiore rispetto agli indicatori oggetto di misurazione e possono riguardare anche aspetti non monitorati in corso d’anno (Toscana, Umbria, Bolzano, Lombardia…). Opposto è il caso B in cui rientrano regioni come la Sardegna e la Basilicata (Fig. 2), dove invece il sistema trainante è quello incentivante: la maggior parte delle verifiche e dei sistemi di monitoraggio è ancorato agli obiettivi oggetto di incentivazione. La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 49 Infine nell’ultimo caso (C) regioni come la Campania, la Pu- glia e la Sicilia adottano strumenti di governo non collegati ai si- stemi incentivanti, o perché assenti (come ad esempio in Liguria o in Campania) o perché non è stato ancora attivato un proces- so di integrazione di questi due sistemi. Rispetto all’analisi del 2001 (Del Vecchio Barbieri 2001) sulla comparazione dei siste- mi di incentivazione dei direttori generali, ed in particolare sul rapporto fra obiettivi assegnati al DG e quelli previsti per l’azienda, si delineano, per alcune regioni, posizioni differenti. L’altro strumento di governo nelle mani dei SSR/P è l’accre- ditamento. L’istituto dell’accreditamento, introdotto con il d.lgs. 502/92, definisce gli standard qualitativi, tecnologici ed organizzativi che gli erogatori devono possedere al fine di tutelare il paziente relativamente alla qualità degli esiti; di migliorare la qualità del- le strutture sanitarie e di stimolare una sana competizione fra strutture pubbliche e private (ASSR 2000), Fra le finalità ultime dell’accreditamento quindi compare an- che il miglioramento continuo della qualità che ben si collega ad una delle finalità dei sistemi di misurazione delle performance. Proprio perché perseguono in parte finalità comuni, è necessa- rio che vi sia coerenza nell’utilizzo di questi due strumenti au- spicandone una loro integrazione. Sebbene tutte le Regioni abbiano emanato leggi regionali di istituzione del sistema di accreditamento facendo riferimento al dettato normativo comune, si rilevano consistenti differenze tra le Regioni sotto diversi aspetti, a tal proposito si veda il rappor- to Formez (2007) e Monitor n. 9. Ad oggi in quasi tutte le regioni il sistema di accreditamento non è collegato con i sistemi di misurazione della performance. Tuttavia in alcune regioni sono già in atto dei cambiamenti ver- so una maggiore integrazione fra gli strumenti di governo e i si- stemi di accreditamento come riportato di seguito: È in fase di deliberazione da parte della giunta una nuova legge sull’accreditamento che supera la logica dei sistemi tradizionali per 50 Milena Vainieri proporre un sistema unico che integri i requisiti dell’accreditamento con la valutazione sistematica e quantitativa della performance basato sull’autocertificazione delle aziende. (TOSCANA) L’abbiamo ripresa con l’idea di associare il percorso di accredita- mento istituzionale, soprattutto nel pubblico, con un processo di mi- glioramento della qualità (professionale) […] ci sarà un collegamento tra il sistema di misurazione e di accreditamento (ad esempio sul per- corso nascita). (PIEMONTE) Il sistema di accreditamento per ora non è collegato ai sistemi di misu- razione della performance. C’è un’evoluzione, nel 2009, l’accreditamento prenderà in considerazione anche elementi di performance. (VENETO) Una valutazione negativa dovrebbe incidere sulla possibilità di ero- gare servizi a carico del SSR (cosa che, in forma sintetica, viene intro- dotta in una nuova delibera che la Regione Lombardia è in procinto di approvare). (LOMBARDIA) Risulta complessivamente sempre più utile l’integrazione si- stematica degli strumenti di gestione quali accreditamento e in- centivazione delle direzioni generali. In alcune regioni si regi- strano le prime esperienze in proposito. F. LA DIFFUSIONE Questo descrittore riguarda il grado di diffusione, ossia quan- to si ritiene utile e necessario diffondere i risultati della valuta- zione dentro e fuori il sistema sanitario regionale.. L’obiettivo quindi è di misurare quanto sono diffusi i risultati utilizzati dalla regione per valutare la performance delle azien- de/del sistema sanitario regionale. Dalle risposte emergono situazioni diverse a seconda dei de- stinatari delle informazioni. Dividendo i destinatari in tre grup- pi quali il top management (direzione aziendale); i professionisti e i cittadini/enti esterni, si individuano strategie di comunica- zione differenziate. La scelta di come condividere con il top management ed i professionisti i risultati ottenuti è collegata allo stile di gestione e alle modalità di uso di questi strumenti sia a livello regionale La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 51 sia aziendale nonché al grado di pervasività nell’indirizzo e con- trollo regionale all’interno delle aziende. Il mezzo di comunicazione dei risultati verso le direzioni aziendali utilizzato da tutti i SSR/P è la riunione sia collegiale che individuale in cui sono consegnati i report cartacei o i docu- menti formali che sintetizzano le linee regionali (Fig. 3). Per i professionisti, oltre ai documenti cartacei o ai rapporti pubblicati dalle agenzie regionali, sono utilizzati anche intranet o pagine web ad accesso riservato. Gli strumenti di comunicazione rivolti ai cittadini sono quelli tradizionali della stampa; cittadini esperti possono trovare le in- formazioni sull’andamento dei risultati del sistema sanitario at- traverso i rapporti, le monografie, le relazioni sanitarie e i dati disponibili sui siti istituzionali. Unico è il caso dell’Umbria che invia a tutte le famiglie una sorta di bilancio del governo regionale in cui si trovano anche i risultati relativi alla sanità. Fig. 3 - Sintesi dei mezzi di comunicazione utilizzati per il top management, i professionisti ed i cittadini. 52 Milena Vainieri Il web sta diventando sempre più il mezzo di comunicazione principale verso i professionisti ed i cittadini. Tuttavia sono an- cora necessarie riflessioni sulle modalità e sui contenuti infor- mativi di tali canali per renderli più adeguati nei confronti dei cittadini-utenti. Il problema reale è che sono utilizzati, e letti, soltanto dagli addetti ai lavori […] I dati che abbiamo sono condivisi nelle conferenze dei sindaci ma dovremmo riuscire a coinvolgere maggiormente le associa- zioni di pazienti e persone con disabilità: c’è ancora poca informazio- ne sulla salute. (FVG) A questo proposito Bolzano sottolinea l’importanza di dover migliorare l’aspetto della comunicazione con i cittadini, ripor- tando come esempio di comunicazione di successo, quella della campagna anti-fumo collegata alla legge. […] conoscendo un pochettino […] gli italiani […] sapete che una legge non funzionerebbe mai se non c’è dietro un cambio di mentalità, perché verrebbe semplicemente disattesa. E secondo me è un esempio – almeno da come l’ho vissuto io in Alto Adige – di comunicazione positiva. Noi l’abbiamo sempre venduta questa legge non come legge anti-fumo, ma come tutela della salute dei non-fumatori. Questa era la chiave vincente di questa comunicazione. (BOLZANO) Sulla base di questo esempio Bolzano, aggiunge che oltre a trovare un’efficace canale di comunicazione con i cittadini, bi- sognerebbe anche modulare i contenuti: a destinatari diversi in- formazioni diverse e/o dettagli diversi. […] Nei cinque anni passati abbiamo lavorato soprattutto per di- mostrare ai nostri politici che la spesa sanitaria era giustificata; siamo passati dagli aumenti del 7-8% al 3,5%. Ma alla popolazione questo non è interessato molto. (BOLZANO) Certamente ancora l’informazione su Web non è ancora patri- monio fruibile da tutta la popolazione ma appare evidente che sarà uno strumento sempre più accessibile. Rimane però anche in que- sto caso critico il linguaggio utilizzato che dovrà essere semplice e comprensibile anche ai non addetti ai lavori (Lucchini et al., 2008) La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 53 3.3. Le valutazione dei sistemi attuali ed i fabbisogni di controllo La valutazione degli strumenti di governo utilizzati per misu- rare la performance, è stata effettuata attraverso l’identificazio- ne dei punti di forza e di debolezza. Nei punti di forza sono emersi dalle interviste svolte sia fatto- ri “soft”, legati al processo, sia “hard”, connessi alle caratteristi- che del sistema. Sono stati classificati come fattori soft gli aspetti relazionali, l’importanza della condivisione, il dialogo, la concertazione, la vicinanza gestionale Alcune regioni sottolineano, come punti di forza, fattori col- legati alle caratteristiche degli strumenti utilizzati, fattori hard, come ad esempio l’adozione della catena del valore delle Mar- che oppure la multidimensionalità sottolineata da Bolzano, l’af- fidabilità e il consolidamento dei flussi ricordato da più regioni, la capacità comunicativa dello strumento toscano oppure l’avan- zamento o lo sviluppo di particolari settori, come quello dell’equità nel Piemonte oppure il sistema dei trapianti del Ve- neto, dove lo strumento di valutazione della qualità è integrato con i sistemi di programmazione e di finanziamento. Semplice e complesso, semplice perché la metafora del bersaglio è di immediata chiarezza ma anche complesso perché permette di ana- lizzare i dati in modo sempre più dettagliato. (TOSCANA) Utilizzare strumenti che valutano la qualità. La programmazione è le- gata alla valutazione della performance [relativo al sistema trapianti] a questi è collegato il sistema di finanziamento (circa il 50%). (VENETO) I punti di debolezza possono essere letti nella maggior parte dei casi come fabbisogni di controllo non ancora soddisfatti. In alcuni casi si tratta di carenze strutturali: da un lato la mancanza di sistemi informativi sviluppati su tutti i settori che rendono difficoltosa la misurazione dei risultati del territorio o, più in generale, la mancanza di una cultura del controllo. 54 Milena Vainieri Manca un sistema informativo integrato, serve un sistema di data- warehouse, ERP… [relativo al contesto] Cristallizzazione delle ineffi- cienze derivanti dalla competizione. (MARCHE) Territorio “debole”, non riusciamo ad avere informazioni affidabili, quindi abbiamo un bias di rappresentazione sull’ospedale. (BOLZANO) La misurazione dei servizi territoriali, distrettuali è fatta per il 90% di indicatori al negativo che derivano da dati ospedalieri: ricovero per polmonite, ricovero per scompenso… ancora l’ospedalocentricità del- le informazioni distorce probabilmente l’insieme degli indicatori di performance che sono disponibili. (FVG) Non c’è purtroppo un’organizzazione del controllo. Sotto questo profilo c’è un grave deficit. La regione si scontra in maniera dramma- tica non con l’assenza di dati, ma con le difficoltà a reperire dati e te- starli come attendibili; anche all’interno dei meccanismi previsti dalla legge, esistono incomprensibili incongruenze. (SICILIA) Un altro punto di debolezza è la difficoltà di individuare in- dicatori che siano effettivamente rappresentativi della realtà o del fenomeno che si vuole misurare. Poco informativi sugli obiettivi e sugli esiti di salute. Spesso la valu- tazione avviene su informazioni reperibili sui documenti ma che non ci dicono cosa succede nella realtà (ad esempio istituzione del Diparti- mento in delibera, ma poi?). (UMBRIA) Infine un altro elemento di debolezza che è stato evidenziato da più regioni è la difficoltà nell’interpretare i dati a disposizio- ne e nella mancanza di sintesi. Questo può essere dovuto da un lato alla ricchezza delle informazioni disponibili e misurate che rende necessario capire su cosa focalizzare l’attenzione (Simon, 1971); dall’altro lato può essere dovuto alla difficoltà di trasfor- mare l’informazione racchiusa nel dato in un effettivo supporto al processo decisionale. Debolezza dei sistemi informativi e in particolare per le elaborazio- ni di sintesi dovuta anche all’esplosione numerica degli obiettivi. (PU- GLIA) La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 55 Analisi interpretativa dei dati. (TRENTO) Manca una visione di insieme; spesso la capacità di scrittura/misu- razione è superiore alla capacità di lettura del sistema. (PIEMONTE) Sappiamo, molto, ma non riusciamo a trasformare queste informa- zioni in scelte. Il nostro sistema è in grado di rilevare quante medicine i medici prescrivono ai pazienti, ma non siamo poi in grado di tradur- re questi dati in scelte, soprattutto politiche. La politica sanitaria è guidata più dalla politica, che dalla scienza. (FVG) Il passaggio da informazione a decisione può essere collegato sia alla mancanza di uno strumento gestionale che permette di fornire un quadro d’insieme dell’andamento delle aziende/del si- stema, sia alla non adozione della valutazione degli indicatori scelti e monitorati (come emergeva nel descrittore dell’intensità). L’assenza di valutazione rende difficile prendere decisioni ba- sate sulle evidenze, conoscere i risultati di performance dei servizi sanitari può non essere sufficiente. L’attribuzione di un valore aiuta a comprendere se la performance è positiva o negativa ed agevola la lettura degli indicatori in particolare se di numero ele- vato perché può essere un modo per orientare l’attenzione dei decisori politici e del management nell’identificazione immediata dei punti di forza e di debolezza delle regioni o aziende. In man- canza di una chiara identificazione delle priorità e strumenti che aiutino questo processo si fa ricorso agli approcci tradizionali ba- sati sulla spesa storica oppure si demanda alla politica il che può portare ad utilizzi non ottimali di risorse (Mitton e Donaldson, 2004). Soprattutto in situazioni di razionamento e scarsità di ri- sorse tipiche del contesto sanitario, la valutazione può esplicitare, in modo trasparente e sistematico, sulla base di evidenze, le prio- rità su cui il decisore politico deve o può concentrarsi. 3.4. Il contesto ed il confronto interregionale Secondo la teoria della contingenza, diversi sono i fattori che possono influenzare i sistemi di controllo manageriale e la loro 56 Milena Vainieri efficacia. Chenall (2003) ha raccolto i fattori individuati fra il 1980 e il 2000 da vari autori; ai tradizionali fattori dell’ambien- te, della struttura, della dimensione e della tecnologia si aggiun- gono altri fattori quali il ruolo della strategia, le risorse umane, la cultura. L’assetto istituzionale può essere un fattore che impone delle scelte negli strumenti da utilizzare o nelle loro caratteristiche; un esempio è collegato all’impossibilità di utilizzare il bench- marking all’interno di regioni con poche aziende o un’unica azienda come il caso di Marche, Bolzano e Trento che comun- que avevano espresso un parere favorevole. Altri fattori che possono determinare le scelte degli strumenti possono essere la percentuale del privato e/o la percentuale di ospedali a gestione diretta da parte delle ASL utilizzata dal For- mez (2007) per distinguere quattro modelli regionali: integrati, separati, misti quasi-integrati, misti quasi-separati. Un altro fattore può essere la fase di cambiamento radicale o consolidamento dell’assetto istituzionale che la regione/provin- cia sta attraversando come emerge da alcune interviste: La regione è sottoposta al piano di rientro che impone azioni per recuperare il deficit ma anche per riavviare un processo di riqualifica- zione del sistema anche attraverso il disegno di legge di riordino del servizio sanitario. (SICILIA) La regione Liguria è una delle regioni con piano di rientro per cui molte azioni, obiettivi e strumenti sono collegati a questa fase partico- lare. (LIGURIA) Siamo alla fine di una fase “eroica” in cui abbiamo chiesto ai DG grandi sforzi e continui aggiustamenti, senza nemmeno parlare di in- centivazione. (PUGLIA) Ma quanto incidono questi fattori nelle scelte? E su quali ca- ratteristiche? Rileggendo le caratteristiche dei sistemi, ci sono descrittori come la focalizzazione o l’integrazione degli strumenti di gover- no che sembrano essere abbastanza influenzati dagli elementi di La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 57 contesto mentre sembra esserci una convergenza di fondo su al- tri aspetti come la multidimensionalità. Su questo descrittore, a livello “macro” sembra esservi una certa uniformità nelle posizioni assunte dalle regioni, sia relati- vamente alla sua importanza che sulla scelta delle dimensioni da analizzare. Come evidenziato nel paragrafo 3.2., la diversità si riscontra nuovamente quando l’analisi entra nel dettaglio di ciò che compone una dimensione come ad esempio sul governo dell’efficienza (citata da tutti) si considerano indicatori diversi così come diverse sono le rilevazioni sulla soddisfazione dell’utenza. Soffermandoci sul caso dell’ascolto dell’utente, il caso della Basilicata, che ha introdotto da poco strumenti di qualità perce- pita, richiama l’esperienza di qualche anno fa di alcune regioni come la Toscana e la Lombardia che avevano introdotto la rileva- zione della customer satisfaction a livello aziendale, fornendo loro le linee guida a livello regionale (Cinotti e Cipolla, 2003). Astraendo sulla base di questo esempio sembra esservi un percorso evolutivo che le regioni seguono nelle dimensioni da analizzare e nel grado di accuratezza e rigore adottato nella rac- colta delle informazioni. 3.5. Le caratteristiche del sistema ideale Una domanda chiave che è stata posta riguarda infine quali so- no elementi che gli intervistati consideravano fondamentali in un sistema di valutazione “ideale” per misurare la performance del sistema sanitario regionale. I fattori che contraddistinguono il si- stema ideale proposti sono molti, in parte legati a elementi valo- riali, in parte ad aspetti di carattere organizzativo e gestionale. Alla base di un sistema di valutazione devono esserci una forte vo- lontà politica e una forte tecnostruttura. (SARDEGNA) La moral suasion è un fattore importante. Il committment, lo sforzo e l’appoggio forte che viene impresso dall’assessorato e dalla direzione 58 Milena Vainieri rispetto ad un processo quantitativo, che è difficoltoso ma necessario, fa da spinta morale nei confronti delle aziende. (BASILICATA) Se un’azienda riuscisse a correlare gli obiettivi raggiunti con le linee di programmazione che si era data ad inizio anno e riuscisse ad avere la geografia di chi e come ha contribuito al raggiungimento di quelle linee di programmazione sarebbe un’azienda con un sistema di pro- grammazione e di valutazione della performance ideale. (VENETO) Inoltre, il Piemonte sottolinea che sono decisivi due aspetti: uno è quello della prevenzione e promozione della salute; un sistema realmente complicato nel quale la valutazione è uno strumento fondamentale. L’altro aspetto è che tale sistema de- ve essere suffragato da altre forme di governance, non esclusa anche quella di un maggiore coinvolgimento degli operatori, con forme che ne rafforzino il loro ruolo all’interno della ge- stione delle ASL. In sintesi le caratteristiche del sistema di valutazione ideale riprendono le parole chiave delle definizioni date al “sistema di valutazione della performance” come un sistema: che permette la • condivisione delle priorità del sistema sanita- rio pubblico; che misura e valuta i • risultati conseguiti dal sistema capaci di incidere nel lungo periodo sulla salute dei cittadini; che verifica la • sostenibilità economica del sistema; in grado di • responsabilizzare e orientare le performance ed i comportamenti sulla base delle strategie regionali; Integrato• con il sistema di programmazione. Come caratteristiche distintive, un buon sistema di valutazio- ne deve essere anche: obiettivo• , affidabile, semplice e tempestivo; in grado di guardare alla • sostanza; in grado di valorizzare le differenze e dare un • quadro di sinte- si (deve consentire una visione di insieme); in grado di stimare i risultati conseguibili in termini di • costo- opportunità; La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 59 Integrato con altri strumenti di governo (accreditamento, fi-• nanziamento). Ed in cui volontà politica e tecnostruttura trova- no un felice momento di sintesi. Ripercorrendo alcuni descrittori utilizzati per descrivere i si- stemi adottati dalle regioni, sul sistema ideale, sembra emergere un allineamento delle regioni nell’identificazione delle seguenti caratteristiche distintive: multidimensionalità: varie le dimensioni citate, le più comuni • efficacia, efficienza, appropriatezza, valutazione dei cittadini; cadenza periodica (mensile o semestrale) del monitoraggio e • valutazione annuale; integrazione con i sistemi di incentivazione, programmazione • e gli altri strumenti di governo; benchmarking con realtà omogenee; • diffusione: dei risultati fino al cittadino;• responsabilità della Regione della conduzione del processo • con il supporto di enti esterni/agenzie che garantiscono la neutralità del processo. Non è stata invece rinvenuta una posizione prevalente rispet- to a quale livello debba scendere la valutazione. Qual è il sog- getto che deve essere valutato? C’è chi sostiene che il valutato debba essere l’azienda nel suo complesso o il direttore generale e chi invece spinge verso sistemi di valutazione più decentrati dove ad essere valutati siano i professionisti. Quale ruolo ha il benchmarking nel sistema ideale? Le regioni sono favorevoli all’utilizzo del benchmarking. Questa posizione è un ulteriore elemento che fa riflettere sulla possibilità di far convergere alcuni aspetti relativi agli strumenti di governo e valutazione discussa nel paragrafo del contesto. Per rendere possibile un confronto sarà necessario individuare un set base di indicatori su cui misurare la performance di più regioni. Questo è auspicabile sia da regioni coinvolte nel piano di rientro e sia da regioni “virtuose” dal punto di vista del bilan- cio (Mapelli, 2007). 60 Milena Vainieri Il confronto ha permesso di identificare e ragionare su quelle diver- sità intollerabili presenti in Sicilia rispetto alle altre regioni (es. spesa farmaceutica). (SICILIA) Sarebbe importante condividere tra le Regioni a livello nazionale un nucleo di valutazione comune a tutti; è importante la capacità di compa- razione a livello nazionale, spesso è più utile confrontarsi con soggetti si- mili fuori dalla propria Regione piuttosto che sulle medie regionali (vedi ad es. la AOU di Perugia è la nostra unica AOU…). (UMBRIA) Favorevoli ad una valutazione sanitaria e generale sui servizi. Sulle performance un livello minimo omogeneo può essere utile anche per fare benchmarking. (BASILICATA) Nessun vento è quello giusto per chi non conosce la rotta verso cui sta andando. È un problema di tipo strategico quindi, un benchmar- king che ci aiuta a definire dove sta andando il sistema è cruciale. So- prattutto in un contesto europeo. (LOMBARDIA) È possibile stilare un set di indicatori a livello nazionale, che deve poter essere gestito e controllato a livello regionale. Quello che è asso- lutamente necessario è garantire la comparabilità tra sistemi regionali, altrimenti ognuno rischia l’autoreferenzialità e l’auto-attribuzione di livelli di qualità ed eccellenza in assenza di un vero confronto. (FVG) Il confronto fra regioni può far evidenziare aspetti critici dei vari SSR che non sempre coincidono… favorevoli a condizione che vi sia un net- work regionale con coordinamento dolce di Agenas. (PIEMONTE) Ho un certo scetticismo a confrontare, soprattutto troppo nel det- taglio, realtà così diverse come le regioni italiane. Però sostengo da sempre che il nostro sistema italiano sia assolutamente il migliore e di conforto ho una valutazione della nostra popolazione, fatto su un campione di 12.000 persone su 480.000 abitanti: l’anno scorso il 90% della nostra popolazione era molto contenta o contenta del servizio sa- nitario provinciale, sia a livello ospedaliero che a livello di medicina di base, medicina generale. E allora politicamente non ci interessa niente di più che mantenere questo sistema-Italia. (BOLZANO) Il benchmarking non visto in chiave negativa per evidenziare ciò che non funziona, ma nel senso di imparare dai migliori. La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 61 Le regioni che hanno partecipato al dibattito del 31 gennaio 2009 hanno sottolineato la volontà di voler iniziare un confron- to interregionale come già sta avvenendo in modo volontario fra quattro regioni: Toscana-Piemonte-Liguria e Umbria. Le motivazioni emerse possono essere sintetizzate dall’in- tervento dell’Umbria: il terreno è fertile per fare un salto per- ché i professionisti sono pronti a essere valutati, forse vogliono essere valutati. Questa è l’impressione che abbiamo noi nella nostra regione, consapevoli che questa valutazione può essere utilizzata a vari livelli: per fare i controlli e per fare valutazio- ne. Bisognerà vedere che cosa le regioni, le Aziende, le direzioni generali ed i singoli reparti a cascata vogliono fare. I tempi cre- do siano maturi. Se la volontà delle regioni nel confrontarsi non manca, biso- gna comunque affrontare alcuni aspetti rilevanti su come attua- re il confronto, in particolare sono stati segnalati almeno altri tre tipi di problematiche: la comparabilità, la vicinanza gestio- nale e la burocrazia. Secondo alcuni autori l’adesione volontaria al benchmarking garantisce processi di cambiamento sostanziali piuttosto che formali (Ball et al., 2000) infatti uno dei fattori di insuccesso in- dicati da Northcott e Llewellyn nell’applicazione del benchmar- king nel NHS inglese come strumento di incentivazione dell’ap- prendimento attraverso le best practices è la percezione che i Trust hanno avuto nel dover confrontarsi in modo obbligatorio (2005). La comparabilità fra le realtà regionali può essere minata dal- la diversità territoriali e diversità di applicazione su aree non omogenee per domanda sanitaria e per sistema sanitario come di- chiarato dalla Lombardia ma sostenuta anche da altre regioni (Bolzano, Friuli Venezia Giulia ed Umbria) Uno dei passaggi cruciali per superare questo problema sarà quindi quello di individuare gruppi omogenei di aziende/regio- ni su cui effettuare i confronti o indicatori che permettano di superare questi limiti o di tecniche di aggiustamento degli indi- catori che permettano di eliminare le differenze che possono in- 62 Milena Vainieri fluenzarne i risultati (Northcott e Llewellyn, 2002; Barretta, 2005) oltre che di standardizzazione delle schede di calcolo de- gli indicatori e delle fonti dati. Un’altra problematica è quella relativa alla vicinanza gestio- nale, relativa al ruolo più o meno attivo/partecipativo delle re- gioni nel sistema di valutazione a confronto. Le posizioni possono graduarsi su una scala che vede gli ele- menti del sistema di valutazione (dalla metodologia all’uso) tutti in mano alla singola regione a posizioni in cui è tutto in mano al governo centrale (Fig. 4). Fig. 4 - La scala delle posizioni sui ruoli Stato-Regioni sui sistemi di valutazione. Potrebbero essere definite linee guida a livello nazionale per rende- re confrontabili i sistemi regionali nonché per supportare le regioni/ province nell’identificazione di strumenti efficaci e robusti da un pun- to di vista metodologico. Costituire un ausilio per lo sviluppo dei siste- mi di valutazione locali. (TRENTO) Ci deve essere un collegamento fra il livello centrale e quello regiona- le. Le regioni devono dotarsi di sistemi di valutazioni che non prescin- dano dal livello nazionale. Favorevoli ad un livello centrale e che le valu- tazioni siano messe in chiaro e gli indicatori condivisi. (VENETO) È ampiamente riconosciuto come elemento fondamentale per la sua accettazione ed utilizzo il coinvolgimento dei professioni- sti nel disegno dei sistemi di misurazione della performance (Abernethy e Stoelwinder, 1995 e 1990; Abernethy e Vagnoni, 2004). Come per il livello aziendale, anche nei contesti regiona- La valutazione della performance in sanità nelle regioni italiane 63 li, il coinvolgimento e la partecipazione dei livelli regionali nell’adozione/utilizzo/creazione di un sistema di valutazione (eventualmente con più stadi di confronto fra le regioni) è un elemento fondamentale per far sì che questo diventi uno stru- mento di governo. La vicinanza gestionale come è stata descritta dalla Puglia è uno degli elementi che rendono possibile l’ap- prendimento attraverso il confronto. Ed è proprio il timore di un allontanamento fra il valutato (le aziende) ed il valutatore che rende scettica la Puglia al confronto con altre regioni. Sono abbastanza scettico su sistemi nazionali che allontanano ulte- riormente il soggetto che agisce sul fronte e il soggetto che maneggia il dato di performance. La valutazione deve essere un momento di cre- scita del sistema, e questo può avvenire solo se vi è vicinanza tra chi valuta e chi è valutato; non ci può essere valutazione senza supporto. (PUGLIA) Il livello di partecipazione delle regioni è ritenuto importante anche da altre regioni. Questo può attuarsi attraverso un coordinamento del- le regioni (Piemonte) garantendo che comunque la possibilità di ge- stione dello strumento da parte della regione. (FVG) Un’ultima criticità è connessa alla resistenza della “burocrazia”. La valutazione è il terreno in cui si incontrano la tecnica e la politica per cui è necessario, come ricordava la Sardegna, avere una tecnostruttura competente ed un forte coinvolgimento poli- tico. Senza una forte tecnostruttura, il politico prenderà le deci- sioni senza sufficienti evidenze tecnico-scientifiche che suppor- tino la propria scelta, ma deve essere anche presente la consape- volezza del politico che un sistema di valutazione può richiedere anche l’assunzione di decisioni “scomode”. Oltre alla “forte tecnostruttura” esistono anche delle “diffi- denze” reciproche tra gli apparati tecnici e interprofessionali (Ancona, 2008) che possono impedire lo sviluppo di sistemi di valutazione della performance a livello nazionale o regionale. Ritorna quindi una considerazione emersa più volte all’inter- no dei descrittori: l’importanza dei fattori soft, che non sono ve- 64 Milena Vainieri re e proprie caratteristiche dei sistemi di misurazione della per- formance ma fattori che influiscono sul processo e che ne deter- minano il successo. Richiamando quindi alcuni aspetti già emersi nelle interviste, vi è la necessità di un rinnovo sia in termini valoriali che di com- petenze da mettere a disposizione per implementare questo si- stema di valutazione e attivare il necessario cambiamento cultu- rale. Molte regioni sono pronte a “fare il salto” in questa pro- spettiva verso processi di condivisione e confronto su più livelli. CAPITOLO 4 LA SPECIFICITÀ DEGLI STRUMENTI PER MISURARE E VALUTARE L’ASSISTENZA FARMACEUTICA: PASSATO, PRESENTE E FUTURO Lorenzo Mantovani*, Linda Marcacci** 4.1. Premessa Negli ultimi decenni del secolo scorso si è assistito nei paesi svi- luppati ad un’impetuosa crescita delle spese sanitarie, inclusa la spesa farmaceutica, imputabile a tre fattori: invecchiamento demografico, crescita delle aspettative, introduzione di nuovi farmaci, normalmen- te più efficaci. A latere si è verificato (ed accentuato nell’ultimo de- cennio), accanto ad una grande crescita dell’ammontare di risorse ri- chieste per la gestione della assistenza farmaceutica, il progressivo in- generarsi di una stagnazione delle economie il cui perdurare è solo in parte ascrivibile a fattori puramente congiunturali. La coincidenza di queste due contrapposte realtà ha prodot- to una maggiore attenzione da parte dei policy-makers all’uso che delle risorse farmaceutiche viene fatto. Attenzione che, in generale, si è concretizzata nello sviluppo di iniziative politiche finalizzate al contenimento della spesa. Più recentemente, alcuni Paesi avanzati con servizi sanitari a copertura universale hanno cercato di abbandonare il paradigma secondo cui le risorse destinate all’assistenza farmaceutica rappre- sentano meramente una spesa, che va contenuta, vuoi agendo sui prezzi, vuoi razionandone l’accessibilità. L’approdo naturale di questi Paesi si è orientato verso la scelta di un paradigma alterna- tivo, che concepisce l’assistenza farmaceutica quale investimento da ottimizzare sotto il profilo della “resa”, ricercando il massimo * Lorenzo Mantovani, Ricercatore di Farmacoeconomia presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli e CESP, Università Milano Bicocca. ** Linda Marcacci, Assegnista presso il Laboratorio Management e Sanità. 66 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci risultato in termini di salute in confronto alle risorse impiegate, ovvero il miglior rapporto tra costi ed efficacia. Si sta, di fatto, assistendo ad una transizione della politica sa- nitaria dalla persecuzione di obiettivi monodimensionali (solo l’efficacia o solo il costo dell’assistenza farmaceutica) a quella di obiettivi pluridimensionali, che correlano l’efficacia dell’assi- stenza ai costi che essa genera quando viene utilizzata concreta- mente in una popolazione di soggetti. La strategia della politica sanitaria moderna, dunque, non mira più a limitare la spesa tout-court, bensì ad assicurare ai cit- tadini, in termini di outcomes di salute, il massimo che si può ricavare dall’impiego razionale delle risorse destinate alla Sanità “in generale” e all’ambito farmaceutico in particolare. In questo senso i criteri di valutazione, dell’intero processo di assistenza nei servizi sanitari moderni, devono rispondere preli- minarmente all’esigenza di dare un valore alla “efficienza econo- mica” di tutti gli interventi indispensabili per il suo corretto svol- gimento, integrando le informazioni su qualità, sicurezza ed effi- cacia con quelle sui costi e dotandosi di strumenti per misurare e valutare il raggiungimento degli obiettivi delle politiche stesse. 4.2. Farmaco-epidemiologia ed indicatori farmaceutici classici Nello stesso arco di tempo in cui avvenivano questi macro-fe- nomeni, si è assistito a due eventi che contribuiscono a rendere il settore farmaceutico peculiare rispetto a altri settori della sa- nità: l’introduzione di strumenti di information technology e lo sviluppo pieno di nuove materie quali la farmacoepidemiologia, la farmacoutilizzazione e la farmacoeconomia. L’applicazione delle moderne tecnologie dell’informazione all’ambito delle prescrizioni farmaceutiche ha avuto inizio nella prima metà degli anni ’70 negli Stati Uniti, a partire dall’area di Seattle (Puget Sound). La documentazione dell’utilizzo di farma- ci e la registrazione degli eventi di uso dei farmaci hanno avuto inizialmente soprattutto fini amministrativi. Tuttavia, la disponi- La specificità degli strumenti per misurare e valutare 67 bilità di dati ha attratto un sempre maggior numero di ricercatori ed ha costituito l’humus ideale sul quale si sono sviluppate disci- pline scientifiche quasi del tutto inesistenti in precedenza. Nello stesso periodo, si è sviluppata, soprattutto nei paesi nor- dici, la cultura della farmaco-utilizzazione che ha portato allo svi- luppo di sistemi di classificazione dei farmaci e dell’uso dei far- maci, il più famoso dei quali, il sistema ATC/DDD è stato adotta- to ufficialmente dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e, a cascata, da diverse autorità sanitarie, quale sistema di classifica- zione ufficiale dei farmaci e quale strumento di misurazione e va- lutazione dell’uso dei farmaci. Inoltre, il sistema ATC/DDD si coniuga apparentemente bene con i dati di natura finanziaria re- lativi all’uso dei farmaci, è di uso semplice e diretto e permette di costruire indicatori partendo anche da dati aggregati. Tra i principali indicatori che sono stati costruiti ed utilizzati figurano: Numero totale di prescrizioni.• Numero totale di confezioni.• Spesa totale. • Numero totale di prescrizioni stratificate per codice ATC • (terzo/quarto livello). Numero totale di confezioni stratificate per codice ATC (ter-• zo/quarto livello). Spesa totale stratificate per codice ATC (terzo/quarto livello)• DDD x 1000 assistibili stratificate per codice ATC (terzo/• quarto livello). Numero totale di prescrizioni per assistibile.• Numero totale di confezioni per assistibile.• Spesa per assistibile.• Come si può notare gli indicatori descritti hanno alcune ca- ratteristiche comuni: sono aggregati, generici (non specifici per problema o malattia), unidimensionali (o solo amministrativi o solo epidemiologici), sincronici (riferiti ad uno stesso tempo). Essi rispondono a due domande fondamentali: 1) Quanto ab- biamo speso? 2) Quanto abbiamo utilizzato? Nessuna delle due 68 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci risposte è in grado di misurare e valutare la performance. In generale gli indicatori costruiti sul sistema ATC/DDD funzionano sostanzialmente in modo corretto fino a quando si tratta di descrivere e misurare l’uso in forma aggregata. Non consentono invece né di misurare né di valutare la performance dell’uso dei farmaci. Vi è un concreto rischio di un cattivo utilizzo (misuse), stig- matizzato come tale dall’OMS, del il sistema ATC/DDD, laddo- ve le variabile finanziarie e quelle di farmaco-utilizzazioni non rimangano semplicemente giustapposte, ma vengano usate con- giuntamente per costruire indicatori quali il costo/DDD, privi di alcun significato, se non addirittura fuorvianti. Gli indicatori descritti, in quanto aggregati, raccontano di quanto farmaco viene utilizzato, non di come il farmaco viene uti- lizzato, né di quanta salute viene prodotta dall’uso del farmaco. In termini epidemiologici si può dire che essi soffrono della ecologi- cal fallacy: il fatto che in un’area si utilizzi una classe di farmaci di più o di meno rispetto ad un’altra area, non misura se quella clas- se di farmaci viene utilizzata in modo appropriato, né in un’area, né nell’altra, è tanto meno valuta gli esiti (outcomes) dell’uso di quella classe di farmaci. Ma è proprio questo che vorremmo che un sistema di indicatori di performance facesse. 4.3. Appropriatezza ed outcomes: alla ricerca di veri indicatori di performance È stato sottolineato in precedenza lo sviluppo delle applicazio- ni IT alla registrazione, documentazione ed immagazzinamento dei dati di uso dei farmaci, soprattutto a fini amministrativi. Più recentemente, anche la pratica medica, soprattutto quella della medicina generale, ha visto diffondersi la tecnologia dell’informa- zione nella pratica di tutti i giorni. Anzi, il cavallo di troia usato per diffondere il PC come strumento di uso quotidiano è spesso proprio stato il rendere più semplice, precisa e puntuale l’attività di prescrizione tramite l’elaboratore elettronico. La specificità degli strumenti per misurare e valutare 69 Negli ultimi 20 anni le due parole chiave che sono andate af- fermandosi riguardo all’uso dei farmaci sono appropriatezza ed outcomes. L’appropriatezza dell’uso di un farmaco è un concetto a di- verse sfaccettature. In generale l’uso di un farmaco è appropria- to se valgono 3 condizioni: i soggetti che hanno ricevuto l’indicazione all’uso di un far-1. maco lo ricevono effettivamente; i soggetti che non hanno l’indicazione all’uso di un farmaco 2. non lo ricevono; i soggetti che ricevono il farmaco lo assumono nel modo in 3. cui è indicato. Il fatto che un farmaco sia indicato in un soggetto significa es- senzialmente che al soggetto è stata effettuata una certa diagnosi e che la terapia con quel farmaco, somministrata in un certo modo e per un certo tempo, è in grado di migliorare la prognosi (outco- mes), come dimostrato da uno o più studio/i clinico/i corretta- mente condotti. In altri termini, le nostre società concordano nell’investire risorse nell’assistenza farmaceutica quando è dimo- strato che essa migliora la salute, ad un costo accettabile. La definizione di appropriatezza, ed ovviamente il sistema di indicatori in grado di misurarla, si basa quindi su 3 elementi: 1) diagnosi 2) modo d’uso 3) outcome. Siamo in grado di costruire indicatori che a partire dalla dia- gnosi, misurino il modo d’uso e valutino gli outcomes? In anni recenti, lo sviluppo di banche dati e di metodi scien- tifici appositi, ha permesso di verificare l’esistenza di una discre- panza tra il mondo reale della pratica clinica corrente ed il mon- do ideale degli studi clinici randomizzati. È stato ad esempio di- mostrato che non tutti i soggetti con l’indicazione alle terapie di prevenzione cardiovascolare ricevono la terapia in modo appro- priato, ma che anzi, la maggior parte assume in modo ciclico o non continuativo le terapie che invece dovrebbero essere assun- te continuativamente (ad esempio Mazzaglia et al., 2005; Man- tovani et al., 2007). È stato inoltre dimostrato che gli esiti di co- 70 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci loro che non assumono le terapie in modo appropriato (soggetti non persistenti) sono peggiori rispetto agli esiti dei soggetti per- sistenti. Attualmente, quindi, ci troviamo in una condizione in cui esi- stono tre condizioni necessarie allo sviluppo ed applicazione di ampie basi dati sia amministrative sia cliniche: l’esistenza di in- dicatori validati attraverso i metodi sviluppati dalle diverse di- scipline scientifiche della farmaco-epidemiologia-utilizzazione e farmaco-economia, la facile disponibilità di strumenti informati- ci sufficientemente potenti. Rimangono ancora notevoli differenze tra area ed area, anche all’interno dello stesso paese, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di legare tra loro diversi archivi sanitari (SDO, pre- scrizioni, assistenza ambulatoriale, anagrafica ecc.) e la cultura necessaria per utilizzare tali informazioni, tramutarle in cono- scenze per realizzare azioni di politica sanitaria. Storicamente, soprattutto per quanto riguarda i policy ma- kers, la forma di inappropriatezza più indagata è stata quella re- lativa all’utilizzo di terapie in soggetti in cui non fossero indica- te. Ora, il focus si sta spostando verso il sotto utilizzo o il sot- toutilizzo cronico, soprattutto in quelle area della prevenzione in cui, per la presenza di farmaci generici, è stato dimostrato che il trattamento indicato e continuo produce non solo benefi- ci in termini di salute, ma anche in termini monetari (risparmio dei costi di gestione degli eventi acuti) tali da produrre un ri- sparmio netto per il sistema. Sono pertanto emersi nuovi indicatori di misurazione della performance farmaceutica che legano l’uso di risorse ai processi di cura, agli esiti intermedi e, potenzialmente, agli esiti finali. In questo contesto possiamo citare alcuni esempi: 1. Frequenza di soggetti con pregresso evento coronarico in te- rapia con ASA o altri anticoagulanti. 2. Frequenza di soggetti con pregresso evento coronarico in te- rapia con ipolipemizzanti. 3. Medication Possession Ratio in soggetti in terapia ipocoleste- La specificità degli strumenti per misurare e valutare 71 rolemizzante: rapporto tra dosi ricevute e tempo di osserva- zione (nelle terapie croniche indica la percentuale di tempo in cui il soggetto è stato coperto con dose terapeutica). 4. Frequenza di soggetti con diabete in terapia con ipolipemiz- zanti. 5. Frequenza di diabetici in terapia con ipoglicemizzante che raggiungono livelli di Emoglobina glicata inferiori al 7% (obiettivo terapeutico intermedio). 6. Spesa per farmaci ipoglicemizzanti nei diabetici. 7. Costo (medio) per paziente che raggiunga l’obiettivo tera- peutico (combinazione degli indicatori 5 e 6). Va notato innanzitutto che, tra gli indicatori portati ad esem- pio, i primi tre sono verosimilmente misurabili attraverso basi dati anche di sola natura amministrativa, mediante l’uso di dia- gnosi indirette. Di contro gli ultimi richiedono l’uso anche di una banca dati di natura clinica, nella quale siano riportate dia- gnosi e valori di parametri biochimici. Questo tipo di indicatori hanno alcune caratteristiche distinti- ve: sono disaggregati (riferiti a ciascun assistito), specifici (per problema o malattia o trattamento), multidimensionali (mettono anche in relazione un trattamento con l’esito o col costo), diacro- nici (calcolati “seguendo” l’assistito nel tempo). Sono anche sicu- ramente più complessi ed informativi. Essi rispondo a tre doman- de fondamentali: 1) Stiamo trattando in modo appropriato? 2) Stiamo raggiungendo l’obiettivo terapeutico? 3) Quanto investia- mo (spendiamo) per raggiungere l’obiettivo terapeutico? Le ri- sposte a queste domande misurano e valutano la performance. 4.4. Indicatori moderni al posto di quelli classici o in aggiunta a quelli classici? Questa domanda equivale a chiedersi se il cruscotto della nostra auto debba avere il tachimetro o l’indicatore del livello di carbu- rante o il navigatore satellitare, oppure tutti e tre gli strumenti. 72 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci È del tutto evidente che gli indicatori classici, semplici e poco costosi da produrre, non devono essere abbandonati ma piutto- sto affiancati da indicatori di performance più complessi, mirati e puntuali, in grado di approfondire aree di criticità e di indiriz- zare l’assistenza farmaceutica in funzione degli obiettivi com- plessivi del sistema, misurando e valutando il raggiungimento degli obiettivi stessi. 4.5. Gli indicatori presenti a livello nazionale A livello nazionale la fonte ufficiale più autorevole è il Rap- porto OsMed, predisposto annualmente dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Nel rapporto sono contenute molte in- formazioni relative ai farmaci dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale in regime di convenzione ed alla spesa privata soste- nuta dai cittadini. Nello specifico, il rapporto contiene un’analisi sistematica di quelle che sono le caratteristiche generali dell’utilizzo dei farma- ci in Italia: la spesa ed il consumo dei farmaci suddiviso per re- gione; la spesa ed il consumo per regione e per classe terapeuti- ca; l’utilizzo dei farmaci equivalenti; i dati di consumo privato. Di seguito si riportano alcuni esempi delle informazioni di- sponibili nel rapporto. La Fig.1 mette in evidenza la variabilità regionale del consu- mo complessivo dei farmaci territoriali di classe A-SSN sia in termini di consumi (rappresentato sull’asse delle ascisse dalle 1000 DDD – Defined Daily Dose) che di costi (sull’asse delle ordinate è riportato il costo medio per DDD). Scendendo più in dettaglio è possibile suddividere i farmaci per classe terapeutica ed effettuare le analisi in base al primo li- vello ATC; anche in questo caso si nota un’elevata variabilità della spesa all’interno delle categorie. Come è noto, i farmaci per il sistema cardiovascolare sono quelli che incidono di più, sia a livello di consumo, sia a livello di spesa: se in Italia la spesa pro-capite per i cardiovascolari nel 2007 è 80 euro circa, dai da- La specificità degli strumenti per misurare e valutare 73 ti emerge una variabilità che va tra 58 euro della provincia auto- noma di Bolzano a oltre 90 euro del Lazio (Fig. 2). Con un’analisi ancora più approfondita, ad esempio per la classe dei farmaci cardiovascolari, è possibile leggere il dettaglio per sottocategoria. Dai dati emerge che gli antiipertensivi rappre- sentano la sottocategoria che incide di più nella classe di farmaci a maggiore impatto di spesa e di consumo. La Fig. 3 mostra infat- ti la variabilità regionale dei consumi di antiipertensivi attraverso i quartili: nel primo quartile sono raggruppate le regioni/province che consumano meno farmaci antiipertensivi in termini di 1000 DDD; nel quarto le regioni che consumano più farmaci antiiper- tensivi (335.7-371.0 DDD/1000). Nel rapporto OsMed sono presenti anche alcune analisi dei profili prescrittivi di un campione rappresentativo di medici di medicina generale, distribuiti su tutto il territorio nazionale. I dati di queste analisi, provenienti dalla banca dati della SIMG Fig. 1 - Scostamento dalla media nazionale del costo e consumo medio DDD dell’anno 2007. Fonte: Rapporto OsMed, 2008 74 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci Fig. 2 - Distribuzione regionale per I livello ATC della spesa lorda territoriale pro capite 2007 per i farmaci di classe A-SSN (popolazione pesata). Fonte: Rapporto OsMed, 2008 La specificità degli strumenti per misurare e valutare 75 nell’ambito del progetto Health Search, offrono interessanti spunti di riflessione in termini di appropriatezza prescrittiva re- lativi soprattutto al rischio cardiovascolare, al diabete mellito, all’ulcera peptica, all’uso di antibiotici ed alla depressione, Un esempio di indicatore di appropriatezza è relativo ai far- maci per la prevenzione del rischio cardiovascolare, in partico- lare il trattamento dell’ipertensione e dello scompenso. Le prin- cipali linee guida concordano che i pazienti ipertesi e con certe caratteristiche, quali ad esempio una pregressa malattia corona- rica, malattia renale cronica, scompenso, diabete mellito, do- vrebbero essere trattati con gli ACE inibitori. L’indicatore di prevalenza d’uso di ACE inibitori in pazienti con specifiche indicazioni vede al numeratore i pazienti in trat- tamento con ACE inibitori e al denominatore il numero dei soggetti ipertesi con le caratteristiche sopra menzionate. La Fig. 4 mostra che in Italia quasi il 35% dei soggetti iperte- si riceve una terapia a base di ACE inibitori; anche in questo ca- so però si notano elementi di variabilità piuttosto significativi: si passa ad esempio da 28% della Liguria a oltre 44% della Tosca- Fig. 3 - Farmaci per l’ipertensione e lo scompenso, distribuzione in quartili del consumo territoriale 2007 di classe A-SSN. Fonte: Rapporto OsMed, 2008 76 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci na. Le percentuali aumentano sensibilmente nei soggetti con diabete, malattie del sistema cardiovascolare, scompenso, a li- vello nazionale il dato non supera mai il 50%. 4.6. Gli indicatori presenti a livello regionale Ma cosa viene utilizzato a livello locale per governare l’assi- stenza farmaceutica? Fig. 4 - Confronto fra 2003-2007 della prevalenza d’uso di ACE inibitori in pazienti con ipertensione e/o in pazienti ipertesi con specifiche indicazioni al trattamento. Fonte: Rapporto OsMed, 2008. La specificità degli strumenti per misurare e valutare 77 Questa è stata una domanda rivolta alle regioni e province autonome che hanno partecipato al progetto di ricerca “Stru- menti e metodi per valutare la performance in sanità”. Dall’ana- lisi delle interviste e dal materiale raccolto durante il progetto di ricerca emerge una situazione differenziata. Come a livello nazionale, anche a livello regionale, sono di- sponibili numerose informazioni, in genere disaggregate a li- vello di Azienda Sanitaria. Nel caso dell’assistenza farmaceuti- ca convenzionata molti sono i dati, sia di spesa che di consu- mo, come ad esempio quelli provenienti dal progetto SFERA. Per quanto riguarda la distribuzione diretta e l’assistenza far- maceutica ospedaliera invece, la reperibilità delle informazioni risulta più difficoltosa in particolare nel caso di utilizzo dei farmaci all’interno delle strutture, a causa della non corretta/ omogenea rilevazione delle informazioni di questi nuovi flussi regionali. In alcune regioni si è rilevato un maggiore grado di detta- glio: oltre al dato disaggregato per Azienda, si ritrovano studi approfonditi a livello di distretto, di équipe medica o tipologia di medico prescrittore (ad esempio medico ospedaliero, spe- cialista, pediatra di libera scelta, medico di medicina generale), per sesso e per classi d’età. Ad esempio la regione Umbria, predispone annualmente il Rapporto Istisan, in collaborazione con l’ISS (Istituto Superiore di Sanità); la regione Campania redige un Rapporto Regionale molto dettagliato in collabora- zione con il Cirff (Centro interdipartimentale di ricerca in far- macoeconomia e farmacoutilizzazione); la provincia autonoma di Trento utilizza invece il Rapporto sull’uso dei farmaci in Trentino… ecc. Soltanto in alcune regioni sono presenti indicatori e obiettivi specifici, orientati generalmente al contenimento della spesa (vedi ad esempio la DGR 329/2008 per la Basilicata, la DGR 600/2007 per la Lombardia, la DGR41/30 luglio 2008, Accordo integrativo regionale MMG 03/08 per la Sardegna e le DGR 463/2006 e DGR 148/2007 per la Toscana) Di seguito qualche esempio tra gli indicatori più utilizzati: 78 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci Contenimento della spesa e/o dei consumi Spesa pro-capite (convenzionata + diretta).• IPP: limite di 90 cfz ogni 100 abitanti.• Antiipertensivi: 200 cfz ogni 100 abitanti e non oltre il 25% • di sartani. Antibatterici: 100 cfz ogni 100 abitanti.• Statine: % abbandono terapia statine max 8%.• Sartani: limite 28% del totale delle cfz di antiipertensivi.• Antidepressivi: limite 30 DDD per 1000.• …• Diffusione utilizzo farmaci equivalenti Almeno 40% DDD di farmaci equivalenti rispetto al totale.• Statine: almeno 40% di prescrizioni di farmaci equivalenti.• Statine: almeno 25% di prescrizioni di farmaci equivalenti.• Utilizzo dei farmaci equivalenti non inferiore al 25%.• IPP: almeno il 75% di farmaci equivalenti. • IPP: almeno il 70% di farmaci equivalenti. • Antidepressivi: almeno il 75% di farmaci equivalenti. • …• Diffusione della distribuzione diretta e/o per conto Distribuzione diretta: incrementare del 20%.• Farmaci a duplice via di distribuzione: almeno 95% in distri-• buzione diretta. …• In sintesi gli indicatori mirano al contenimento della spesa e/o del consumo, a livello complessivo o relativamente ad alcu- ne specifiche categorie farmacologiche, da raggiungere tramite l’individuazione di obiettivi specifici di contenimento, il mag- giore utilizzo dei farmaci equivalenti e la diffusione delle moda- lità di erogazione diretta dei farmaci. Di rado si sono rilevati in- dicatori specifici di appropriatezza e qualità, sia in termini di processo che in termini di esito. Di seguito si presentano alcuni esempi di indicatori di processo: La specificità degli strumenti per misurare e valutare 79 % persone che assumono farmaci per il diabete, che hanno • effettuato – un esame urine – un controllo della creatinina – un controllo del colesterolo. % persone dimesse con diagnosi di IMA e • – con prescrizione di aspirina – con prescrizione di un beta bloccante. % persone dimesse con scompenso cardiaco, che hanno as-• sunto ACE inibitori. Verifica puntuale di almeno il 5% dei percorsi diagnostico • terapeutici dei pazienti cronici per valutare il livello di ade- sione alla terapia. Vedi a titolo di esempio il Rapporto sul Servizio Sanitario Re- gionale del Friuli Venezia Giulia, la delibera VIII/8501 del 26/11/08 della Lombardia. Alcuni indicatori riguardano le persone che assumono farma- ci per il diabete e che hanno effettuato controlli specifici come un esame delle urine, un controllo della creatinina oppure un controllo del colesterolo. Altri indicatori verificano la percen- tuale di persone dimesse con una certa diagnosi e con prescri- zione di alcuni farmaci. Qual è l’utilizzo di tutte queste informazioni? Sulla base di quanto emerso durante le interviste svolte e con l’analisi del ma- teriale inviato dalle regioni, anche in questo caso si conferma la tendenza ad utilizzare i dati a scopo di monitoraggio piuttosto che di valutazione. Soltanto in alcune regioni si è rilevata l’asse- gnazione di obiettivi specifici, spesso con una difficoltà nella va- lutazione del risultato, essendo scarsi gli strumenti di verifica, per andare a verificare il grado di raggiungimento dell’obiettivo. La restituzione dei risultati di performance avviene con modali- tà diverse, ad esempio, attraverso il web, con una reportistica periodica. In genere la comunicazione delle informazioni ha la finalità di promozione della cultura dell’appropriatezza median- te un processo di autovalutazione. Ci sono casi in cui il dato vie- 80 Lorenzo Mantovani, Linda Marcacci ne utilizzato soltanto per la comprensione di un fenomeno dal punto di vista scientifico-esplorativo. Non sempre quindi queste informazioni sono di supporto ai processi decisionali ed al ma- nagement. Esistono diversi gradi di dettaglio e diverse modalità dell’uti- lizzo delle informazioni relative all’utilizzo dei farmaci a secon- da della regione di appartenenza. A qualsiasi livello l’analisi del- la variabilità dei consumi, suddivisi per classe terapeutica, intro- duce possibili chiavi di lettura e spunti di riflessione legati all’appropriatezza dell’utilizzo di farmaci. I dati di benchmar- king inoltre suggeriscono ambiti di potenziali vuoti di offerta o potenziale eccessi di offerta, che comunque meritano senz’altro ulteriori approfondimenti in particolare per quelle classi tera- peutiche che incidono maggiormente sulla spesa e sul consumo. Infine, meritevoli di interesse sono le regioni che procedono verso la misurazione dell’appropriatezza clinica, sia in termini di processo che in termini di esito. Infatti, è necessario correlare la prescrizione del farmaco con il profilo dell’utilizzatore. In conclusione, sembra intravedersi un orientamento verso un governo dell’assistenza farmaceutica inteso non soltanto co- me voce di costo fine a se stessa, ma come integrazione delle in- formazioni già presenti nel sistema per un fattivo supporto al management, che persegua obiettivi di qualità clinica, cercando Fig. 5 - Le componenti del governo dell’assistenza farmaceutica. La specificità degli strumenti per misurare e valutare 81 una sostenibilità a livello economico e facendo leva sui meccani- smi di appropriatezza organizzativa e gestionale, come la distri- buzione diretta, le modalità di approvvigionamento del farmaco centralizzato (Fig. 5). Per un governo complessivo del governo dell’assistenza farmaceutica, può essere utile introdurre un am- bito ancora inesplorato relativo agli strumenti di coinvolgimen- to dell’utente. Ancora poco conosciute, le attitudini e le abitudi- ni più comuni degli utenti potrebbero fornire elementi preziosi per individuare le aree di priorità e tarare al meglio gli eventuali interventi formativi e informativi nelle varie aree. CAPITOLO 5 LA SPECIFICITÀ DEGLI STRUMENTI PER MISURARE E VALUTARE L’EQUITÀ Sara Barsanti* 5.1. I risultati delle interviste Il rapporto finale della Commissione sui determinanti sociali di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità presieduta dal professore Michael Marmot, “Closing the gap in a generation” (Commission on Social Determinants of Health, 2008) sostiene che il monitoraggio continuo e sistematico delle disuguaglianze sociali in termini di salute e la formazione degli operatori siano un punto fondamentale e necessario per il perseguimento di una equità so- stanziale e non solo formale in salute e nell’accesso ai servizi. Quel- lo che appare essenziale è esplicitare le strategie perseguite in obiet- tivi concreti e misurabili mediante indicatori, sia a livello di sistema sanitario, sia a livello di azienda sanitaria. L’equità di un sistema sa- nitario non deve infatti essere vista come un fine della politica, ma come un risultato: indicatori e misure devono non solo essere espli- citati in fase di pianificazione delle politiche e dei servizi stessi, ma anche e soprattutto in fase di valutazione dei risultati. La valutazio- ne dell’equità implica necessariamente una visione allargata del si- stema sanitario che include una molteplicità di fattori e variabili, sia interne al sistema (come l’offerta dei servizi, le modalità di finanzia- mento, l’assistenza privata), sia esterne al sistema (come il lavoro, il reddito, il grado di istruzione, l’ambiente). Nella ambito delle interviste realizzate è stata inserita una doman- da relativa alla dimensione equità, con lo scopo di analizzare quanto i sistemi di valutazione delle regioni prendessero in considerazione * Sara Barsanti, Dottoranda in Management, Competitiveness and Development della Scuola Superiore Sant’Anna, collabora alle attività di ricerca del Laboratorio Ma- nagement e Sanità. 84 Sara Barsanti questa tematica. In particolare l’obiettivo era quello di analizzare se le regioni avessero sistemi di monitoraggio basati su particolari con- dizioni socioeconomiche dei pazienti. Se si fa riferimento all’equità di accesso ai servizi, solitamente si intende analizzare la rispondenza dei servizi sociosanitari ai bisogni della persona con riferimento a carat- teristiche socioeconomiche della persona stessa, quali ad esempio il reddito, l’istruzione o la cittadinanza. Ovvero: persone con bisogni simili hanno a disposizione quantitativamente, qualitativamente e tempestivamente le stesse cure e la stessa assistenza (equità orizzon- tale)? O, viceversa, il sistema è in grado di differenziare i servizi in base alle caratteristiche dei pazienti (equità verticale)? Come emerge dalle interviste, la verifica dell’equità di un sistema sanitario è un aspetto ancora poco preso in considerazione dai sistemi di valutazio- ne regionali. Nonostante questi abbiano spesso sviluppato una strut- tura multidimensionale, includendo non più solo aspetti relativi all’economicità ed all’efficienza delle aziende, ma anche aspetti relati- vi alla qualità e appropriatezza clinica e in qualche caso alla soddisfa- zione dei pazienti, nessun sistema regionale ad oggi sembra com- prendere indicatori sistematici relativi alla dimensione dell’equità. Non vi è dubbio che sia difficile stabilire un set di indicatori standar- dizzato e valido per tutti i sistemi sanitari, sia nazionali che regionali, in quanto il modo con cui l’equità viene perseguita e garantita dipen- de dall’assetto organizzativo stesso del sistema sanitario. Analizzando in dettaglio le risposte date nel corso delle interviste, è necessario precisare che non è stato possibile raccogliere informazioni su tale dimensione per tutte le regioni: in particolare non hanno risposto alla domanda relativa all’equità la regione Friuli-Venezia-Giulia, la regio- ne Campania, la regione Marche e la regione Sicilia. La tabella se- guente riporta per ogni regione la risposta che è stata fornita alla do- manda in oggetto. Delle rimanenti 13 regioni intervistate, 2 regioni dichiarano di non aver nessuna misurazione riguardate l’equità dei servizi o comunque di avere la volontà di iniziare a lavorare per lo sviluppo di tali misure (Basilicata, Liguria), 2 regioni dichiarano di occuparsi di equità ri- spondendo tramite i servizi di integrazione sociosanitaria (Lombar- dia e Sardegna), mentre le restanti regioni, seppur con modalità di- La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 85 verse, hanno implementato indicatori per la misura dell’equità in sa- lute e nei servizi all’interno del proprio sistema sanitario. Tab. 1 – Le risposte delle regioni alla domanda “Che attenzione è data all’equità?” Basilicata Al momento nessuna. Bolzano La predisposizione di indicatori sistematici su questo aspetto è ancora all’inizio; esiste una attenzione particolare a misura- zioni sulle comunità di immigrati. Liguria Si sta programmando l’inserimento di alcuni indicatori. Lombardia L’equità del sistema è perseguita attraverso l’uso di tutti gli strumenti di attenzione alle situazioni di fragilità personale e sociale. Piemonte Sono state svolte molte indagini ad hoc ed una monotematica, in particolare ad esempio esiste lo studio della coorte di Tori- no. Delle uguaglianze si occupa l’Osservatorio epidemiologi- co, con competenze molto sviluppate. La Regione Piemonte da anni ha introdotto il titolo di istruzione nel Flusso Sdo, per cui per esempio si riesce a collegare l’attività ospedaliera alla classe sociale. Puglia C’è attenzione alle fasce più deboli, anche la politica delle esenzioni lo dimostra; esistono indicatori differenziati per fa- sce di reddito. Sardegna La tematica dell’equità non è affrontata direttamente tramite indicatori ma, indirettamente, con specifiche azioni su catego- rie di soggetti così detti “fragili” con progetti dedicati a: Salute Mentale Detenuti Tossicodipendenti Nomadi Anziani Non autosufficienti Politiche sociali: povertà L’equità in questo caso si riferisce a obiettivi di priorità. Gli indicatori di deprivazione, che sono stati utilizzati in regioni come il Piemonte, non hanno funzionato in quanto non sem- pre questi indicatori risultano significativi. Sono state quindi individuate delle aeree su cui lavorare. 86 Sara Barsanti Toscana Sono stati introdotti indicatori che monitorano l’accesso ad alcuni servizi per il grado di scolarizzazione. Trento È stato svolto uno studio ad hoc da parte della Provincia sull’equità relativamente a tutti i servizi (il libro/sintesi dello studio è stato consegnato in occasione dell’intervista) e sono stati introdotti degli indicatori che monitorano l’accesso per genere, per età, per area territoriale, ecc.. Umbria Sulla equità non vi sono indicatori sistematici; esistono varie indagini e ricerche ad hoc, anche importanti, ma non vi sono indicatori sintetici e sistematici. I dati amministrativi correnti per cogliere questa dimensione non sono affidabili. Veneto L’equità è uno dei punti di forza del PSSR 2007-2009 appro- vato dalla Giunta regionale ma non ancora dal Consiglio Re- gionale. Non vi sono ancora indicatori che monitorano questo aspetto. Tuttavia a garanzia dell’equità d’accesso vi è la forte cultura dell’integrazione socio-sanitaria e la copertura delle fasce de- boli. Nonostante le informazioni raccolte, come si nota dalla tabel- la, non siano sufficienti per trarre sostanziali conclusioni e la materia necessiti di ulteriori approfondimenti, è comunque pos- sibile fare delle prime osservazioni sul comportamento delle re- gioni in materia di equità. L’action spectrum delle disuguaglian- ze in salute elaborato da Margareth Whitehead (1998) e riporta- to in Fig. 1, distingue come sequenza logico temporale su cui posizionare le azioni di governi e regioni per l’equità in salute tre prime fasi: la misurazione del problema; 1. il riconoscimento del problema; 2. la sensibilizzazione al problema. 3. Alla fase di sensibilizzazione può seguire o un rifiuto o indif- ferenza alla problematica esistente o, al contrario, una preoccu- pazione, che a sua volta può generare o la volontà di affrontare il problema o un blocco mentale, spesso dovuto alla complessità e multidimensionalità del problema. Solitamente, infine, dalla La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 87 volontà di affrontare il problema deriva una serie di azioni e po- litiche che da isolate possono diventare integrate e coordinate. Se le prime fasi di tale percorso ideale sono più di natura tecni- ca, legate alla predisposizione di sistemi di misurazione e flussi di dati adeguati, le restanti fasi appartengono principalmente al- la volontà politica dei decisori. Volendo inserire le regioni italia- ne nel percorso appena descritto, paradossalmente la maggior parte delle regioni, pur avendo conoscenza della problematica legata all’equità nell’accesso ai servizi sanitari, si trova ancora in una fase di misurazione delle stesse. Fig. 1 - L’action spectrum, Whitehead M. 1998. La stessa fase di misurazione può essere distinta in base alla tempestività degli indicatori misurati, al tipo di fonti utilizzate e alle variabili considerate come discriminanti per l’accesso ai ser- vizi. In base alla tempestività, si distingue una misurazione ad hoc, studiata per una specifica situazione e difficilmente ripeti- bile, e una misurazione, invece, sistematica e continuativa. Quelle regioni che si sono cimentate nella costruzione di indi- 0HDVXUHPHQW 5HFRJQLWLRQ $ZDUHQHVVUDLVLQJ ,VRODWHGLQLWLDWLYHV 'HQLDOLQGLIIHUHQFH :LOOWRWDNHDFWLRQ &RQFHUQ 0RUHVWUXFWXUHGGHYHORSPHQWV &RPSUHKHQVLYHFRRUGLQDWHGSROLF\ 0HQWDOEORFN 88 Sara Barsanti catori di equità hanno dato vita a misurazioni ad hoc: in nessu- na regione, come risulta dalle risposte, esiste una elaborazione continua e sintetica delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi. Se, infatti, come emerge dalla letteratura, numerosi sono gli studi epidemiologici riguardanti l’equità in salute1, poco nume- rosi sono invece le ricadute che tali studi hanno sui piani sani- tari regionali e sull’organizzazione dei servizi stessi. L’unica re- gione che sembra aver ritagliato una spazio importate alla mi- surazione delle disuguaglianze è il Piemonte, il cui Osservato- rio Epidemiologico da anni dedicata particolare attenzione a tale aspetto. La Fig. 2 riassume la posizione delle regioni in merito alla misurazione dell’equità in tre principali gruppi: Regioni che non hanno nessun tipo di misurazione: Basilica-• ta, Lombardia e Liguria. Regioni che hanno misurazioni ad hoc: Puglia, Trento, Um-• bria e Bolzano. Regioni che hanno misurazioni sistematiche e sistemi di mo-• nitoraggio, dove attualmente non è collocata ancora nessuna regione. Piemonte e Toscana sono le uniche due regione che hanno iniziato l’analisi della popolazione ospedalizzata per titolo di studio e si collocano quindi in una posizione intermedia tra la misurazione ad hoc e la misurazione sistematica. La Sardegna assume invece una posizione intermedia perché come risulta dall’intervista ha in qualche caso calcolato indicatori simili al Piemonte, che non essendo risultati significativi, non sono però entrati a far parte di un sistema di monitoraggio. Anche il Vene- to si colloca in una posizione intermedia: se dall’intervista emer- ge che non ci sono indicatori di valutazione dell’equità, il rap- porto Monitor (Agenas, 2008), utilizzato come ulteriore fonte dell’indagine, evidenzia invece la presenza di indicatori di equi- tà in particolari strumenti di valutazione della regione. 1 Si pensi ad esempio alla “Studio longitudinale Toscano” seguito dall’Università di Firenze. La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 89 Se la maggior parte delle regioni si trova ancora in una fase di misurazione ad hoc è in parte dovuto anche alla disponibilità e completezza delle fonti dei dati che mettano insieme da una parte informazioni di tipo sanitario e dall’altra informazioni di tipo socioeconomico. Quali sono attualmente in Italia le possi- bilità per le regioni di poter procedere tecnicamente al calcolo di tali indicatori? Le informazioni ed i dati per lo sviluppo di tali indicatori possono essere rilevate attraverso tre principali modalità: Ricorrendo ai sistemi informativi aziendali sanitari.• Mettendo insieme più flussi informativi tramite operazioni di • record linkage. Predisponendo indagini ad hoc o interviste campionare.• Per avere più facilmente rilevazioni sistematiche che siano in grado di monitorare periodicamente e tempestivamente l’equità del sistema probabilmente la fonte migliore dei dati da cui poter attingere è rappresentata dai flussi amministrativi aziendali, regio- nali e ministeriali che, nonostante siano nati principalmente per questioni economiche e di riparto, sono oggi utilizzati ampiamen- te anche per la valutazione della qualità e dell’appropriatezza sa- nitaria del sistema stesso. Facendo riferimento, a livello di flussi aziendali, alla scheda di dimissione ospedaliera (SDO), non c’è a livello ministeriale la richiesta di informazioni di tipo socioecono- mico, quali ad esempio la professione o l’istruzione; unica infor- mazione richiesta e dovutamente compilata è la cittadinanza del paziente. Alcune regioni, come risulta dalle interviste, hanno però Fig. 2 - Le regioni e la misurazione dell’equità 90 Sara Barsanti aggiunto da anni informazioni socioeconomiche nei sistemi infor- mativi regionali attraverso la SDO: sia la Toscana che il Piemonte hanno infatti aggiunto come campo obbligatorio il titolo di studio del paziente. Tale campo permette l’analisi del ricovero ospeda- liero, della sua tempestività, appropriatezza e qualità per soggetti aventi differenti livelli di istruzione. Rimane comunque aperto il problema della compilazione di tale campo da parte delle azien- de. Ad esempio in Piemonte la percentuale di completezza del campo “titolo di studio”, dopo l’introduzione nel 2000 dell’obbli- gatorietà del campo, si attestava attorno all’86%; 4 anni dopo era già scesa al 74%. In Toscana il campo “titolo di studio” è stato introdotto nel 2008: la completezza di tale campo è uno degli in- dicatori legati agli incentivi per le direzioni generali. A fine 2008 la percentuale di completezza è stata del 54%. Altra via per utilizzare i flussi amministrativi aziendali è quel- la di collegare le informazioni sanitarie con le informazioni pre- senti in altri flussi informativi istituzionali diversi da quelli sani- tari. È possibile quindi collegare la SDO all’anagrafe dei comu- ni, ai censimenti, all’anagrafe tributaria o ancora ai flussi rilevati da Inps o Inail. Tale operazione, chiamata record-linkage, non è sempre possibile e, al fine di uno sviluppo di un sistema di mo- nitoraggio continuo richiede probabilmente risorse sia in termi- ni di tempo che economiche, oltre che la soluzione di problemi legati alla privacy se affidata a ricercatori o istituti esterni. Una ulteriore opzione che le aziende e le regioni hanno per la misu- razione dell’equità è l’utilizzo di ricerche e studi ad hoc, come indagini campionarie o l’utilizzo di rilevazioni Istat. Tale fonte, se da una parte è flessibile e offre la possibilità di inserire varia- bili specifiche, dall’altra parte richiede anch’essa ingenti sforzi e risorse e comunque non rileva il fenomeno nella sua completez- za. L’Indagine multiscopo ISTAT sulle “Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari”2 rappresenta ad esempio un ottimo strumento ad hoc per la valutazione 2 L’ultima indagine è stata svolta nel corso del 2005 ed è disponibile sul sito http:// www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070302_00/. La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 91 dell’equità del sistema sanitario, poiché raccoglie da un lato in- formazioni relative all’accesso a diversi servizi offerti dal sistema e dall’altro dati socioeconomici degli utenti stessi e delle fami- glie. Numerosi sono infatti i lavori e gli studi specifici sull’equità che utilizzano tale indagine. I limiti però che tale strumento ha sono ricollegati alla rappresentatività delle informazioni, che è limitata soltanto al livello regionale e non consente quindi di analizzare il fenomeno all’interno di una regione a livello locale, rendendo i dati ed i relativi indicatori difficilmente inseribili nella programmazione e valutazione delle performance sanita- rie. È ovvio che la dimensione delle fonti da utilizzare per la co- struzione di indicatori relativi all’equità influenza necessaria- mente la tempestività degli indicatori stessi. Le regioni intervi- state possono essere distinte in 3 principali gruppi secondo la fonte utilizzata: Fonte ad hoc: Puglia, Trento.• Record linkage: Umbria.• Flussi amministrativi sanitari: Toscana, Piemonte, Bolzano. • Per quanto riguarda la regione Umbria, è stato possibile col- legare i dati delle SDO al flusso della SOGEI (Giannoni, 2007). Infine l’ultimo aspetto su cui la dimensione della valutazione dell’equità può essere analizzata è relativa alla variabile socioe- conomica che viene considerata nell’analisi quali variabili discri- minante l’accesso ai servizi. Anche in questo caso le regioni hanno assunto posizioni diverse. La Puglia e l’Umbria hanno elaborato indicatori basati sul reddito, la Provincia Autonoma di Trento dichiara di aver implemento indicatori sul genere, età e area geografica, la Toscana ha elaborato indicatori di accesso ai servizi in base al livello di istruzione ed infine il Piemonte ha elaborato indicatori sia sul livello di istruzione che sulla profes- sione dell’individuo. Solo Bolzano invece, dichiara di aver co- struito indicatori dettagliando la cittadinanza degli utenti. 92 Sara Barsanti 5.2 La valutazione dell’equità in salute e nell’accesso ai servizi nel Regno Unito Il sistema sanitario inglese dedica da sempre particolare enfa- si al tema dell’equità di accesso ai servizi. I registri di mortalità inglesi rilevano fin dalla fine del 1800 la professione del defun- to: la cultura inglese da sempre imperniata sul dato e sulla valu- tazione ha facilitato sia la misurazione di eventuali disuguaglian- za in salute, sia la valutazione delle stesse in diversi ambiti di ri- ferimento. Sia a livello centrale di governo che a livello locale di Trust, numerosi sono stati gli strumenti di monitoraggio delle disuguaglianze in salute nella popolazione inglese. Il Governo inglese, presieduto dall’allora Primo Ministro Tony Blair, stabilì nel febbraio del 2001 a livello nazionale due obiettivi per la ri- duzione delle disuguaglianze in salute (Department of Health, 2001). In particolare i due obiettivi riguardano: considerando i bambini nel primo anno di vita, ridurre entro 1. il 2010 di almeno il 10% il divario tra il tasso di mortalità in- fantile tra i gruppi di popolazione più poveri, identificati con i lavoratori manuali, e la popolazione nel suo complesso; considerando le 2. Health Authorities, ridurre entro il 2010 di almeno il 10% il divario nella speranza di vita tra il quintile con la speranza di vita alla nascita più bassa e la speranza di vita alla nascita della popolazione nel suo complesso. Tali macro obiettivi, come suggeriscono le evidenze scientifi- che, possono essere raggiunti da una serie di interventi specifici che possono avere u impatto specialmente sulle popolazioni più svantaggiate. Alcuni tra i principali interventi che possono con- tribuire a colmare il divario nell’aspettativa di vita sono: ridurre il fumo specialmente tra i lavoratori manuali; • la prevenzione e la gestione dei rischi per le malattia corona-• riche e il cancro, come la cattiva alimentazione e l’obesità, l’inattività fisica e l’ipertensione attraverso efficaci interventi di cure primarie e di salute pubblica – in particolare il targe- ting per età superiore ai 50 anni; La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 93 migliorare la qualità degli alloggi per affrontare freddo e umi-• dità, e la riduzione degli infortuni in casa e sulla strada. Per colmare il divario nel tasso di mortalità infantile, gli in- terventi a breve termine gli comprendono: migliorare la qualità e l’accessibilità delle cure prenatali e nei • primi anni di anni a sostegno delle famiglie nelle aree svan- taggiate; ridurre il fumo e migliorare l’alimentazione in gravidanza e • nei primi anni di vita del neonato; prevenire le gravidanze nelle adolescenti e sostenere i genito-• ri adolescenti; migliorare le condizioni abitative per i bambini nelle aree • svantaggiate. Nel loro insieme questi obiettivi sono destinati a rispecchiare gli sforzi per ridurre l’ampio spettro delle disuguaglianze nel si- stema sanitario inglese. Anche se sono formulati in termini spe- cifici – ovvero secondo particolari caratteristiche socio-econo- miche di gruppi di popolazione e aree geografiche – sono co- munque destinati ad abbracciare una prospettiva molto più ge- nerale della strategia di riduzione delle disuguaglianze in mate- ria sanitaria tra cui anche il genere, la razza, l’età e la salute in specifici gruppi svantaggiati, quali i genitori di famiglie mono- parentali e i senzatetto. I progressi verso l’obiettivo non saranno valutati solo in termini di raggiungimento dell’obiettivo stesso così come formulato: sono stati infatti sviluppati indicatori al fi- ne di sostenere gli obiettivi nazionali e di garantire che tutti i principali aspetti della disuguaglianze in salute siano tenuti co- stantemente sotto controllo. Dalla loro presentazione nel 2001 gli obiettivi di equità in salute del governo inglese sono entrati a far parte dei principali piani di programmazione sanitaria sia lo- cale che nazionale: nel 2002 sono stati inclusi, infatti, nei Public Service Agreement in materia sanitaria, nel 2004 nel Libro Bian- co (Department of Health, 2004) sulla salute e dal 2006 sono entrate a far parte delle sei principali priorità del sistema sanita- rio inglese. La manifesta volontà politica rispetto al tema ha da- 94 Sara Barsanti to l’avvio ad una serie di strumenti di monitoraggio e valutazio- ne delle disuguaglianze in salute all’interno del sistema inglese. Il processo di valutazione della performance relativamente all’equità del sistema sanitario era già stato portato sotto gli oc- chi dei politici e degli addetti ai lavori nel 1998 attraverso l’Achenson Report (1998) in cui lo stesso autore sosteneva che la visibilità delle disuguaglianze in materia sanitaria era sostenu- ta anche da iniziative in materia di: monitoraggio delle disuguaglianze di salute – la relazione ha • sottolineato la necessità di autorevoli statistiche sulle disu- guaglianze in materia sanitaria, a intervalli regolari, per con- tribuire a monitorare gli effetti delle future politiche e per impostare e sostenere gli obiettivi formulati; valutazione di impatto delle politiche e delle strategie – la re-• lazione ha sottolineato la necessità di prestare particolare at- tenzione per la salute dei meno abbienti attraverso il processo politico di coordinamento dei vari settori, salute, istruzione, economia, lavoro; miglioramento della capacità di gestione dei dati – la relazio-• ne ha evidenziato i limiti e le incoerenze dei dati e la necessità di rafforzare e migliorare i sistemi informativi. Uno strumento di particolare interesse per il monitoraggio delle disuguaglianze è l’Health Poverty Index (figura n. 3) svilup- pato dall’APHO3. Tale strumento, tramite un grafico a ragnatela, è in gradi di comparare o due diverse aree geografie o diverse et- nie della stessa area tramite indicatori specifici su alcune aree di particolare importanza per il monitoraggio del divario in salute. In particolare la aree coperte dall’indice riguardano: la salute, in termini di stato di salute, cure appropriate e ri-• sorse; i determinanti di salute, distinti in fattori di intervento, quali • l’ambiente e gli stili di vita, e in determinati distali, quali le condizioni abitative, il reddito, l’istruzione, ecc. 3 Association of Public Health Observatory http://www.apho.org.uk/ La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 95 La figura 3 mostra il grafico a ragnatela per le città di Liver- pool e di Oxford: più l’indicatore si distanzia dal centro tenden- do al valore uno, peggior è la performance dell’indicatore. Co- me si nota facilmente per la maggior degli indicatori notevoli sono le differenze tra le due città: ad esempio per la morbilità fisica se Oxford si trova al centro della ragnatela, Liverpool, in- vece, assume una valore quasi pari ad 1. Il London Health Observatory4 infine ha sviluppato una serie di strumenti in grado sia di monitorare le disuguaglianze con par- ticolare riguardo alla speranza di vita e mortalità infantile delle diverse aree geografiche, sia di testare gli eventuali interventi in atto per la diminuzione del divario. Tra gli strumenti per il moni- toraggio degli obiettivi sulle disuguaglianze di rilievo è l’Health Inequalities Targets Tool: tramite tale strumento è possibile, ri- spetto a 5 principali indicatori, tra cui la speranza di vita e la 4 http://www.lho.org.uk Fig. 3 - Health poverty Index, Oxford versus Liverpool 96 Sara Barsanti mortalità infantile, monitorare i progressi delle varie aree geo- grafiche rispetto ai target stabiliti a livello nazionale. La figura n. 4 mostra la speranza di vita alla nascita per la zona di Gre- enwich a confronto con la media inglese sia in base a dati reali (1997-2008), sia attraverso proiezioni fino al 2011. La figura n. 5, invece, mostra il divario relativo in termini percentuali per Greenwich. E per i quartieri più deprivati di Londra rispetto al- la media nazionale. Da entrambi i grafici risulta come il divario nella speranza di vita per le donne stia lentamente diminuendo, mentre per gli uomini stia al contrario aumentando notevolmen- te. L’esperienza inglese mostra come da una parte la volontà po- litica e dall’altra l’utilizzo di sistemi di valutazione dell’equità siano i punti cardine su cui basare interventi a favore della ridu- zione delle disuguaglianze anche nei sistemi sanitari pubblici. La specificità degli strumenti per misurare e valutare l’equità 97 Figg. 4-5 - Speranza di vita alla nascita e gap tra Greenwich e la media inglese, 2005. CAPITOLO 6 LE PROSPETTIVE DELLA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE: LE SFIDE PER LA SANITÀ PUBBLICA Sabina Nuti* 6.1. Premessa Le imprese sono le prime che hanno affrontato sistematicamen- te il tema della valutazione della performance in modo ampio, sperimentando nel tempo diversi sistemi e metodologie (Baraldi 2000). Fin dalla metà degli anni ’80 le imprese hanno avvertito chiaramente tutti i limiti dei sistemi di valutazione tradizionali fo- calizzati sulla dinamica economico finanziaria aziendale, ben capa- ci di misurare il “profitto”, quale differenza tra ricavi e costi, ma assai meno in grado di indicare le determinanti del risultato eco- nomico (Kaplan, 1984; Lynch e Cross, 1991; Nanni et al., 1992). Non vi è dubbio che già la misura del risultato economico per un’azienda che opera sul mercato rappresenta un indicatore signi- ficativo della performance nella misura in cui sintetizza da un lato, mediante la misura dei ricavi, la capacità aziendale, con i propri prodotti, di rispondere ai bisogni dei clienti, dall’altro di offrire beni e servizi a costi più bassi rispetto al valore delle vendite. Il risultato economico quindi misura sia l’efficacia intesa come la capacità di soddisfare i propri clienti e di vendere con determinate condizioni di scambio in termini di prezzo, di quantità e di specifi- cità del prodotto, sia l’efficienza, intesa come capacità di minimiz- zare il consumo di risorse e dei costi rispetto agli output prodotti. La gestione della dinamica economico finanziaria e la misura- zione del risultato sono stati di fatto gli strumenti guida fonda- * Sabina Nuti, Direttore del Laboratorio Management e Sanità, è Professore asso- ciato di Economia e gestione delle imprese della Scuola Superiore Sant’Anna. 100 Sabina Nuti mentali per le organizzazioni aziendali, sia del settore manifattu- riero che in quello dei servizi. Tali strumenti sono stati utilizzati anche all’interno delle organizzazioni stesse, individuando, me- diante l’adozione del sistema di budget, specifiche responsabili- tà di natura economico finanziaria per ciascuna unità organizza- tiva aziendale e definendo quindi un ruolo nel conseguimento del risultato complessivo aziendale. Tali meccanismi di programmazione e controllo basati sulla dinamica economico finanziaria sono stati messi in discussione nelle aziende intorno alla metà degli anni ’80 del secolo passato. Gli aspetti di maggiore criticità riscontrati in questi strumenti incentrati sulla componente economico-finanziaria si riferiscono in primo luogo all’assenza di attenzione ai fenomeni di natura non contabile (Bruns, 1998), quali per esempio la qualità dei processi e dei prodotti realizzati, che sfuggono al risultato di bi- lancio, sfuggono alla logica del profitto misurato nel breve pe- riodo, ma possono essere i fattori determinanti per la redditività di lungo periodo1 (Vedung, 1997; Rebora, 1999). Un secondo limite dei sistemi tradizionali di controllo è che non misurano l’impatto della gestione per processi sul risultato conseguito (Lynch e Cross, 1992). Questo aspetto risulta assai critico nelle aziende di servizi e in particolare in sanità (Casati, 1999; Lega, 2001; Nuti, 2004). Anche quando le aziende sanita- rie utilizzano il budget e hanno i loro costi articolati per unità organizzative, ancora non hanno evidenze relativamente alle ca- pacità di ogni unità organizzativa di lavorare in squadra, e, in sanità, se ciascuna è in grado di operare considerando il percor- so assistenziale del paziente. Tutto questo non emerge dall’ana- lisi di bilancio come d’altronde nemmeno tutto ciò che avviene oltre le mura aziendali. Il risultato aziendale infatti, misurato 1 È possibile infatti che un’azienda possa avere un risultato economico positivo perché i suoi ricavi sono stati ancora in misura più che soddisfacente ma che, a causa della scarsa qualità dei beni venduta, questa condizione sarà difficilmente ripetibile nel medio periodo a causa dell’insoddisfazione dei bisogni dei clienti che difficilmente ripe- teranno l’acquisto dei beni alle medesime condizioni. Il risultato economico di breve può essere positivo ma l’azienda è già in condizioni di elevata criticità. Le prospettive della valutazione della performance 101 negli anni, evidenzia la capacità di miglioramento incrementale, ma non permette di vedere come si sono mossi e cosa hanno ot- tenuto le aziende concorrenti. Anche un buon risultato econo- mico d’esercizio potrebbe essere assolutamente inadeguato se i concorrenti, nello stesso periodo amministrativo, sono riusciti ad ottenere risultati assai più positivi. Infine il sistema di budget basato solo sulle misure economi- co finanziarie rappresenta spesso uno strumento utilizzato nelle organizzazioni aziendali più per supportare la gestione del pote- re che per orientare l’azione e i comportamenti. È uno strumen- to nelle mani della direzione aziendale, che adotta un linguaggio amministrativo noto solo a pochi, utilizzato con una prospettiva “top down”, in cui ogni responsabile vede le informazioni rela- tive all’andamento della propria unità, lasciando solo alla dire- zione la visione d’insieme (Baraldi, 2000). La letteratura scientifica dell’ultimo ventennio evidenzia in molti articoli che i sistemi di misurazione utilizzati dalle aziende baricentrati solo sulla componente economico-finanziaria hanno misurato troppe cose e, ciò che è più grave, le cose sbagliate, os- sia si sono focalizzati su fattori che non servono a capire quali sono le determinanti che permettono di perseguire il successo aziendale (Atkinson et al., 1997). Il dilemma che molte imprese hanno affrontato, soprattutto in presenza di situazioni di crisi di sostenibilità economica, ri- guarda infatti quale strada queste potevano percorrere per usci- re dalla fase di criticità e su quali informazioni basare il proces- so decisionale in merito. Le opzioni tipicamente praticabili per le imprese in tali circo- stanze sono due: l’intervento diretto alla riduzione dei costi (il taglio indiscriminato delle risorse), o, più correttamente, affron- tare un lavoro di analisi approfondito per individuare le deter- minanti dei risultati. Il taglio indiscriminato delle risorse (riduzione di una percen- tuale su tutte le voci di costo) è un approccio seguito spesso an- che in Italia nell’ambito della sanità pubblica. È una modalità deleteria per affrontare la problematica della sostenibilità eco- 102 Sabina Nuti nomica perché rischia, nella sua genericità, di incidere negativa- mente su tutto e di impedire di fare bene anche le cose che sa- pevamo fare bene. La domanda quindi è come fare ad agire sul- le determinati dei risultati? Quali fattori misurare e monitorare per orientare le azioni al fine di correggere gli errori ma anche potenziare i punti di forza dell’organizzazione? La bibliografia scientifica, le esperienze delle migliori orga- nizzazioni, partendo dall’ambito privatistico, ma presenti anche nel contesto pubblico, consigliano di introdurre nella gestione sistemi di valutazione legati alla strategia aziendale (Kaplan e Norton, 1992 e 1996; Neely). Si tratta di sistemi di misurazione focalizzati sugli aspetti che possono “fare la differenza”, ossia determinanti per il successo competitivo. Se pensiamo alle strategie adottate dalle aziende nel contesto privatistico del settore manifatturiero, ma anche nei servizi, i due percorsi strategici che normalmente le aziende perseguono sono o quello della riduzione dei costi attraverso strategie che puntano a conseguire economie di scala e di esperienza al fine di essere vincenti sul mercato in termini di efficienza (il miglior prodotto al minor prezzo), cercando una leadership soprattutto sui prezzi, oppure puntano sulla differenziazione, cercando di offrire un prodotto capace di rispondere alle esigenze individuali del cliente a cui si rivolgono (Porter, 1980). Quindi mediante un percorso di personalizzazione dei loro prodotti e dei loro servizi. Queste sono le due strategie alternative che normalmente le aziende cercano di adottare per garantirsi un vantaggio compe- titivo e per resistere sul mercato. In linea con questi due diversi filoni strategici le aziende si dotano di strumenti di governance e di valutazione: da un lato strumenti di misurazione che tendono a monitorare e misurare la capacità di operare con elevati standard di efficienza, in parti- colare in tutte le aziende che puntano ad offrire prodotti soste- nendo il minimo costo per vendere al minor prezzo, oppure strumenti tesi a monitorare la qualità dei beni e servizi offerti, intesa come capacità di rispondere ai bisogni specifici del clien- Le prospettive della valutazione della performance 103 te nel caso di aziende che si muovono su percorsi di differenzia- zione e quindi di personalizzazione dei propri servizi. Queste due strategie alternative e i relativi meccanismi di go- vernance e di valutazione si riscontrano anche nel contesto sani- tario? Per le aziende sanitarie i termini della questione sono gli stessi? E sono gli stessi anche per i sistemi sanitari, che includo- no più aziende con ruoli diversi, in alcuni casi a rete, altri addi- rittura in competizione tra loro? Il contesto sanitario in realtà è uno dei pochi ambiti, insieme all’istruzione, in cui il successo dipende dalla capacità di integrare queste due strategie, normalmente alternative negli altri settori. Non vi è servizio sanitario che riesce a essere valido se non è ta- gliato su misura sui bisogni del singolo paziente. L’offerta non può essere standardizzata, perché ogni utente ha le sue caratteri- stiche, le sue specificità. E al tempo stesso dobbiamo continua- mente individuare tutte le modalità che permettono un utilizzo ottimale delle risorse che abbiamo a disposizione al fine di garan- tire la sostenibilità economica. Questa obbligata combinazione di strategie rende l’ambito sanitario davvero interessante e di parti- colare complessità e potrebbe trovare una sua esplicitazione nel concetto di appropriatezza clinica e organizzativa. Il termine sottolinea la necessità di garantire all’utente un ser- vizio tagliato su misura sul suo bisogno, “niente di più, ma nean- che niente di meno” di quanto necessario per ottenere il miglior risultato in termini di salute. Un servizio è appropriato nel mo- mento stesso in cui si riesce a offrire tutto ciò che le evidenze scientifiche indicano come necessario per ottenere il miglior risul- tato di outcome, ma anche niente di più, perché l’eccesso può es- sere addirittura nocivo per la sua salute. Quindi la migliore cura che possiamo offrire al nostro paziente (appropriatezza clinica), con il setting più adeguato per garantire il miglior utilizzo delle risorse disponibili (appropriatezza organizzativa). Questa combinazione, che è propria della sanità pubblica, è un aspetto fondamentale da tener presente quando si affronta il tema relativo alla selezione degli aspetti importanti da misurare. Se, per garantire la sostenibilità economica del sistema, i sistemi 104 Sabina Nuti sanitari si orientano ad introdurre strategie secche di riduzione della spesa, sarà ben difficile ottenere contestualmente un incre- mento della qualità. In molti settori è impensabile aumentare la qualità dei prodotti senza un conseguente aumento delle risorse impiegate ma non abbiamo nessuna evidenza che questo avven- ga in sanità. È noto lo studio fatto da Jarman (2006) con i dati di Medicare del 2000, di 1739 ospedali, in cui sono stati confrontati i costi con i risultati di qualità espressi in termini di mortalità (Fig. 1). Questo confronto tra la mortalità e il costo, dopo un adegua- to processo di risk ajustment, evidenzia che non esiste una cor- relazione tra la mortalità e il costo. Fig. 1- Risultati dello studio americano sulla relazione fra rimborso e mortalità. (Fonte: Jarman 2006) Le prospettive della valutazione della performance 105 Questa stessa analisi è stata realizzata in Olanda riportando dati analoghi. In tale realtà è stato addirittura calcolato che il 25% della spesa sanitaria nazionale è dovuta alla “non qualità” cioè a ricoveri ripetuti e re-ricoveri per complicanze, a degenze più lunghe per le piaghe da decubito, a ospedalizzazione non appropriata per patologie croniche che dovrebbero essere cura- te in altri servizi, e così via (Berg et al., 2005). Questo dimostra che in sanità il miglioramento della qualità permette addirittura di ottenere un contenimento dei costi e, conseguentemente, i sistemi di governance e di valutazione orientati al presidio della qualità dei servizi erogati e alla loro appropriatezza, permettono di governare la sostenibilità stessa del sistema. Questa ipotesi è confermata dai dati del 2007 della Regione Toscana. Nel sistema di valutazione della performance adottato sono monitorati 130 indicatori di performance e si evidenzia una correlazione statisticamente significativa fra la percentuale di buone performance sul totale degli indicatori e il costo pro- capite pesato con i criteri del piano sanitario regionale (in buo- na misura l’anzianità della popolazione) (Fig. 2). Fig. 2 - Relazione fra costo pro-capite e percentuale di buone performance sul totale dei risultati del sistema di valutazione della performance toscano. 106 Sabina Nuti Questa consapevolezza ha profondamente modificato le mo- dalità di ragionamento tra gli interlocutori del sistema. Non è più sostenibile richiedere maggiori risorse per migliorare i risul- tati aziendali ma devono essere discusse le modalità con cui si possono riallocare le risorse per permettere al sistema aziendale di ottenere migliori risultati in termini di qualità. In questa nuova prospettiva, il punto fondamentale è che le regioni, i sistemi sanitari regionali, si dotino di un sistema di va- lutazione che focalizzi la propria azione sull’obiettivo principa- le, ossia il miglioramento della salute dei cittadini. Questo si consegue mediante strategie di qualità e di appropriatezza che, in seconda battuta, permettono anche di garantire la sostenibili- tà economica. 6.2. Le caratteristiche del sistema di valutazione in sanità Per progettare e successivamente implementare un sistema di valutazione con la finalità del miglioramento della salute dei cit- tadini, la prima caratteristica da considerare è la multidimensio- nalità. Perché? La sanità è certamente uno dei settori più complessi, la sua valutazione non può essere ridotta a qualche specifica di- mensione, a qualche solitario indicatore, ma necessita, per esse- re compreso e governato, di una ricchezza di prospettive sia perché i portatori di interesse sono diversi, sia perché diverse sono proprio le dimensioni di analisi dei risultati (Niven, 2003; Baraldi, 2005). Quindi multidimensionalità intesa come possibilità di leggere i fenomeni analizzati mediante più prospettive (Fig. 3), in base agli occhi dei diversi portatori di interesse (Atkinson et al., 1997) e secondo diverse dimensioni di analisi. Seconda caratteristica da considerare è la misurabilità dei ri- sultati. Questo è un punto fondamentale. Affrontare il tema del- la misurazione in Italia è assai diverso che nei paesi anglosasso- ni, per esempio Inghilterra o Canada, dove esiste una cultura Le prospettive della valutazione della performance 107 solida della misurazione ed è già consolidata l’abitudine a con- tabilizzare i fenomeni rilevanti. In Italia le istituzioni pubbliche faticano a ragionare sui numeri, ed a considerarli un supporto ai processi decisionali. Si tratta di attivare un vero e proprio cambiamento culturale. A noi non manca la creatività e la capacità progettuale: molti so- no i piani e le iniziative avviate poche le verifiche attuate e quasi nessuna supportata dai numeri. La sfida è di acquisire anche per il settore pubblico la capacità sistematica di realizzare scelte basate sulle evidenze. I professionisti sanitari ormai lo hanno imparato e sempre più si orientano verso una medicina basata sull’evidenze: la stessa co- sa si dovrebbe fare anche per il management, anche per la gestio- ne. Troppo spesso, soprattutto nella pubblica amministrazione, si prendono decisioni sulla base del buonsenso, pur avendo la pos- sibilità di avere dei numeri. Certo, poi ci sarà il livello politico delle scelte, però è cosa differente scegliere dopo avere cognizio- ne del fenomeno in termini quantitativi rispetto a scegliere asso- lutamente senza nessun riferimento quantitativo alle spalle. La misurabilità dei risultati permette inoltre ai soggetti, sia con ruoli tecnici che politici, una maggiore assunzione di re- sponsabilità nei confronti della collettività. I numeri infatti ci servono per analizzare e per capire, e spesso ne abbiamo fin troppi nelle nostre organizzazioni. Vi sono le evidenze, si cono- scono e si misurano i fenomeni; ma il problema è passare dalla Fig. 3 - Le possibili dimensioni di analisi. 108 Sabina Nuti misurazione alla valutazione, per giudicare e responsabilizzare sui risultati. Questo è un passaggio ancora molto faticoso nelle organizzazioni pubbliche. Si conosce per esempio che nel siste- ma vi sono problemi di equità di accesso, che vi sono sacche di inefficienza, che vi sono palesi fenomeni di inappropriatezza già misurati con accuratezza, ma si collega con difficoltà queste re- altà agli ambiti di responsabilità degli operatori. La valutazione dei risultati può essere una grossa opportunità per il servizio pubblico sia per responsabilizzare sui risultati, sia per avere un supporto decisionale per allocare e spostare le risorse sulla base delle evidenze. In molte realtà pubbliche che erogano servizi il ragionamento in fase di budget è sempre orientato alla richiesta di risorse ag- giuntive e certamente si afferma sistematicamente che, con quel- le assegnate, “non si può far di più, vi è bisogno di più risorse, di più non si può fare.” E il ragionamento su dove si potrebbe togliere risorse per allocarle dove servono di più è un ragiona- mento assolutamente raro nelle negoziazioni. Non si osa spostare niente; si aggiunge ma non si sposta. Ri- allocare risorse vuol dire attivare dei processi di cambiamento che possono mettere in crisi la situazione di organizzazione del potere e così via. I numeri invece possono dare quella sufficien- te forza a chi deve assumere delle decisioni, necessaria per atti- vare i processi di riallocazione delle risorse (Nuti et al., 2008a). Se non si è in grado di riallocare non sarà possibile mantene- re la sostenibilità del sistema sanitario pubblico ma nemmeno adattarlo ai mutamenti in atto nei bisogni dei cittadini. La terza caratteristica del sistema di valutazione è la traspa- renza. Per rispondere alla missione del sistema pubblico è necessa- ria una gestione responsabile e trasparente. Non si possono uti- lizzare risorse superiori rispetto a quelle che la collettività mette nelle mani degli amministratori pubblici e queste risorse devo- no essere allocate non in base alla sensibilità del singolo opera- tore, che in quel momento si trova nella posizione di decidere, ma secondo un processo trasparente di assunzione di decisioni Le prospettive della valutazione della performance 109 basate sulle evidenze. Se si investono risorse per aprire i servizi per gli anziani, o per i malati cronici, o ancora per migliorare il percorso oncologico, vi sono numeri ed evidenze che confermi- no il grado di priorità? Queste scelte rispondono alle esigenze degli utenti? O è il frutto della sensibilità dell’operatore che in quel momento ha pensato che fosse una buona idea? Certa- mente da un certo livello in poi la decisione è di natura politica, ma deve essere reso trasparente il processo attraverso cui si giunge alla decisione. L’amministratore pubblico deve assumer- si la responsabilità di aver fatto tale scelta di allocazione delle risorse disponibili. Un altro elemento fondamentale del sistema di valutazione è il confronto sistematico. Il fulcro del ragionamento nel contesto della sanità pubblica non è “mercato sì, mercato no, oppure di competizione versus collaborazione”. Il punto vero è che laddove i servizi pubblici non operano nel mercato, ma in situazione di monopolio o quasi monopolio, il confronto, il benchmarking è assolutamente fondamentale (Banchieri et al., 2005; Barretta e Vagnoni, 2005; Nuti, 2008. Perché? Perché obbliga le istituzioni pubbliche a mettersi in gioco e a valutarsi nel confronto, non tanto con una logica puni- tiva nei confronti di quelli che sono in fondo al ranking, ma con la prospettiva d’imparare da chi fa meglio. Di questo il sistema sanitario nazionale ha proprio bisogno, soprattutto in questo periodo dove il pubblico è sotto tiro. Molti cittadini hanno la percezione che nel pubblico si spreca, che non si lavori con la migliore capacità di risposta. Allora, il benchmarking, che so- prattutto in ambito sanitario, opera facendo leva sulla reputa- zione dei professionisti, è uno strumento vincente ed estrema- mente forte, poderoso, che permette di cambiare, rinnovare per migliorare la qualità. Nella Fig. 4 vi sono gli indicatori adottati della Toscana nel 2008: le colonne misurano la deviazione standard rispetto alla media regionale. Appare chiaro che nella maggior parte degli indicatori la va- riabilità tra le nostre aziende, in un contesto tendenzialmente 110 Sabina Nuti omogeneo quale quello della nostra regione, in realtà abbiamo una variabilità che spesso raggiunge il 30% o oltre della perfor- mance. Quando la variabilità è così alta vi sono enormi spazi di miglioramento. Significa che non è vero che siamo al massimo, che abbiamo fatto tutto quel che era possibile fare, ma eviden- zia che nella provincia accanto si riesce a ottenere un risultato del 20-30% più elevato ed esiste un cammino da percorrere per il miglioramento (si veda a questo proposito il lavoro che sta svolgendo NHS Institute for Innovation and Improvement per stimolare il miglioramento della performance attraverso l’analisi della variabilità http://www.productivity.nhs.uk/). Un ultimo punto è la condivisione come condizione “sine qua non”. Le organizzazioni sanitarie pubbliche sono sistemi com- plessi con gerarchie duali, dove esiste una linea di tipo gestiona- le e una gerarchia di tipo professionale. La presenza duplice di queste gerarchie comporta che i livelli complessivi di professio- nalità sono sicuramente più elevati rispetto ad altre tipologie di istituzioni ma anche che il coinvolgimento dei professionisti nel sistema di governance e di valutazione è una conditio sine qua non per il successo del sistema. Tutte le componenti sono chia- mate a dare il loro contributo e i professionisti devono condivi- Fig. 4 - Deviazione standard degli indicatori delle Aziende USL. Anno 2008 Le prospettive della valutazione della performance 111 dere le regole del gioco, devono condividere i criteri con cui sa- ranno valutati, perché altrimenti non lavoreranno per poter cambiare i comportamenti e per migliorare i risultati (Aber- nethy e Stoelwinder, 1995). Quindi, condivisione dei criteri, va- lutazione dei risultati, attivazione dei processi di apprendimento per modificare i comportamenti. Un sistema di valutazione in- fatti funziona nella misura in cui è in grado di incidere e modifi- care i comportamenti. La condivisione deve essere raggiunta prima di avere le misu- re in mano, altrimenti potranno attivarsi resistenze dovute alla conoscenza del proprio posizionamento nella valutazione dei ri- sultati conseguiti. 6.3. Le trappole da evitare Per avere sistemi di valutazione dei risultati capaci di “fun- zionare” davvero ci sono alcune trappole da evitare. La prima è la numerosità degli indicatori. Molto spesso si parte con pochi numeri e si finisce con una montagna di misure. Si costruiscono batterie enormi di indicatori aggiungendo numeri a numeri con un processo che potrebbe non finire mai, portando così alla dif- ficoltà di capire dove porre attenzione (Simon, 1971). La sanità è talmente complessa che si potrebbero individua- re benissimo migliaia di indicatori e non essere ancora soddi- sfatti ma certamente rimanere senza “focus”, ossia senza la ca- pacità di capire se ciò che è veramente importante, ciò che può fare la differenza per la salute dei cittadini, è stato misurato e conseguito. Un’altra trappola abbastanza frequente in sanità è prediligere la precisione a scapito della tempestività. Il dato non appare mai sufficientemente completo, si ha paura di dover successivamen- te correggere il tiro e quindi si preferisce avere tutte le possibili assicurazioni del caso prima di pubblicare le informazioni a sca- pito della tempestività degli interventi di revisione della strate- gia adottata. Questo è un aspetto veramente critico. Le informa- 112 Sabina Nuti zioni di cui i cittadini e gli amministratori pubblici dispongono a livello nazionale sono vecchi, inutili per impostare le strategie future. Siamo nel 2009 e molti dei dati di cui si dispone a livello nazionale risalgono al 2006 se non addirittura al 2005. Non ser- vono ad orientare la gestione. Ogni interlocutore può conside- rarli superficialmente contando su un cambiamento della situa- zione che forse nel frattempo nemmeno si è effettivamente mo- dificata ma che la mancanza di dati rende credibile. Allora è meglio il dato più tempestivo e meno preciso. Il si- stema imparerà a renderlo preciso nel tempo, mediante l’utiliz- zo sistematico. Un’altra possibile criticità è la carenza di incisività, dovuta spesso, pur in presenza di misurazioni corrette, all’assenza della fase valutativa vera e propria. Nel momento stesso in cui si valu- ta un fenomeno, ci si assume precise responsabilità in quanto si definisce ciò che è accettabile e che cosa non è accettabile. Se infatti si misura un fenomeno ma non si definisce chiaramente gli ambiti in cui si ritiene adeguato il risultato, soddisfacente o, al contrario, insoddisfacente, questa misurazione risulta scarsa- mente incisiva nella gestione. Il messaggio non arriva fino in fondo, permette ancora ambiti di vaghezza che facilitano la cre- azione di alibi e possibili fraintendimenti di linguaggio. Un’altra trappola da evitare è il gaming, ossia la manipolazio- ne dei dati (Bevan e Hood, 2006a; Bevan e Hood, 2006b) al fine di ottenere una performance più elevata. Come si fa a evitare? Certamente è importante operare sui processi di controllo dei flussi informativi, lasciando a un soggetto terzo il compito dell’elaborazione dei dati, ma soprattutto il fenomeno si com- batte mediante la sistematica pubblicazione dei dati. Rendere noti i risultati permette di attivare un controllo non tanto dal pubblico ma dalla comunità dei professionisti di appartenenza innescando il meccanismo del “controllo sociale” tipico del clan (Ouchi, 1979). Questi sono i veri controllori dei dati, capaci di individuare facilmente se un buon risultato si basa su elevata professionalità e capacità dell’organizzazione. L’esperienza della Regione Toscana in merito è significativa: i pochissimi casi in Le prospettive della valutazione della performance 113 cui sono stati registrate performance a rischio di inattendibilità sono stati gli stessi responsabili delle unità a cui questi si riferi- vano a chiedere di sospendere la valutazione a meno che questa non corrispondesse a un effettivo processo di profonda riorga- nizzazione e cambiamento (Nuti et al., 2008b). Non è facile in- fatti sostenere tra pari interventi che nella realtà non sono stati fatti o risultati non raggiunti, soprattutto in termini gestionali. La reputazione rimane il tesoro di maggiore rilevanza per i pro- fessionisti sanitari. Ancora un’ulteriore trappola per la valutazione è l’adozione di metodologie non rigorose che rendono poco credibili i dati pro- dotti. Soprattutto se i parametri sono calcolati in benchmarking, per garantire la confrontabilità dei risultati è fondamentale che siano adottati gli stessi criteri e le medesime metodologie. Il tema si pone in particolare per la valutazione della soddisfazione e dell’esperienza degli utenti dei servizi sanitari. In molte realtà queste indagini già da tempo sono realizzate ma troppo spesso si tratta di questionari “home made”, senza validazione scientifica e utilizzati senza attenzione alle modalità di somministrazione, che possono completamente invalidare lo strumento. Per esempio il questionario proposto al paziente direttamente dalla capo sala in reparto durante il ricovero: come pensare che il paziente non sia psicologicamente condizionato dalla presenza dell’operatore sani- tario, dal luogo e dalla sua situazione di salute? Un ultimo punto da evitare è la complessità della rappresen- tazione della reportistica e del linguaggio. Il vizio degli addetti ai lavori è di fare le cose troppo complicate; troppo complicate per facilitare la condivisione dello strumento che deve essere ca- pito e per questo deve essere molto semplice (Aidemark, 2001). E più è semplice, più è di successo. Molte aziende hanno implementato dei sistemi molto sofisti- cati di balanced scorecard costruiti con grande accuratezza, ma spesso inutilizzabili come sistemi di linguaggio interno all’orga- nizzazione perché troppo complicati. Sistemi di balanced score- card necessitano di anni per progettarli e anni per implementar- li e alimentarli con i dati ma rischiano, se troppo complessi nella 114 Sabina Nuti reportistica, di non essere utilizzati quali supporto corrente ai processi decisionali gestionali (Busco et al., 2007). 6.4. Le resistenze alla valutazione Le resistenze alla valutazione sono presenti in tutti i contesti ed anche dove la cultura organizzativa si è modificata accettan- do la valutazione come un meccanismo permanente di appren- dimento. Le resistenze permangono, sono inevitabili. Per essere superate hanno bisogno di grande coerenza politica e di conti- nuità. Anche quando sembrano debellate le resistenze ciclica- mente si ripresentano perché fanno parte della difficoltà umana a mettersi in discussione, ad accettare un riscontro sul proprio operato che non sempre rende giustizia dello sforzo ed impegno sostenuto. La vignetta di Sally (Fig. 5) che ha preso una nota negativa nel suo compito e che ricerca una serie di giustificazio- ni, tutte plausibili, per evitare di affrontare il problema dello scarso risultato conseguito è assai esemplificativa dei processi che spesso avvengono nelle organizzazioni pubbliche sanitarie. 6.5. Le prospettive future emerse dalla ricerca sullo sviluppo dei sistemi di valutazione della performance dei servizi sanitari dei SSR/P. Dai risultati della ricerca emerge un’apertura dei sistemi sani- tari locali al confronto come strumento di miglioramento. L’elevata adesione delle regioni e province autonome al pro- getto di ricerca è un primo indicatore che mostra la volontà del- le regioni e province autonome di “raccontarsi” e condividere le esperienze sugli strumenti di governo adottati. Su 21 sistemi sa- nitari locali infatti hanno partecipato 15 fra regioni e province, delle restanti regioni, si ricorda che molte regioni non hanno aderito in quanto attraversavano una fase di transizione da una assessore ad un altro o perché coinvolte da vicende giudiziarie. Le prospettive della valutazione della performance 115 Fig. 5 - La resistenza alla valutazione nelle strisce dei Peanuts. 116 Sabina Nuti Come si evince dalle dichiarazioni degli intervistati riportate nel capitolo 3, quasi tutte le regioni e le province autonome so- no favorevoli all’attivazione di processi di benchmarking, non solo interni al proprio sistema, ma anche o soprattutto sono fa- vorevoli ad un confronto che vada oltre i propri confini regio- nali o provinciali. A questo proposito si ricorda la posizione di Trento e Bolzano quasi “obbligate” a confrontarsi con altri si- stemi per l’assetto organizzativo monoaziendale e la posizione dell’Umbria che ritiene più facile confrontarsi con realtà esterne piuttosto che “in casa”. L’integrazione fra sistemi di misurazione e valutazione con i sistemi di incentivazione e con l’istituto dell’accreditamento è sicuramente uno dei punti critici della maggior parte dei sistemi sanitari locali. Se molte regioni e province hanno integrato (sep- pur con sfumature differenti) il sistema premiante ed il sistema di misurazione e valutazione, ancora molta è la strada da per- correre per l’integrazione dell’accreditamento con gli altri stru- menti di governo del sistema. Nonostante i diversi punti di partenza delle regioni e delle province nello sviluppo di sistemi di misurazione e valutazione più o meno avanzati, ci sono posizioni comuni sulle seguenti ca- ratteristiche dei sistemi ideali come la multidimensionalità; la cadenza del monitoraggio e della valutazione; l’integrazione con i sistemi di incentivazione, programmazione e gli altri strumenti di governo; il benchmarking con realtà omogenee, la diffusione dei risultati fino al cittadino ed il conduttore del processo di va- lutazione. Sebbene sia ormai cultura comune quella di far riferimento a indicatori e dimensioni molteplici, ancora carente è la capacità di leggere a sistema le informazioni che ne provengono. Le numero- se informazioni prodotte dai sistemi di misurazione rendono dif- ficile la focalizzazione dell’attenzione dei decisori politici e dei manager sugli aspetti meritevoli di interesse. Inoltre, a parere di chi scrive, questo è anche dovuto alla propensione verso l’utilizzo di strumenti di governo che descrivono ma non valutano. Tuttavia se a livello macro le regioni e le province autonome Le prospettive della valutazione della performance 117 monitorano dimensioni comuni, a livello micro (indicatori) si ri- scontrano numerose differenze. Come emerge dai capitoli 4 e 5, ad esempio, tutti dichiarano di monitorare l’assistenza farmaceutica e nonostante a livello nazio- nale il rapporto OsMed riporti numerosi indicatori e dia la possi- bilità di effettuare dei confronti a livello regionale sia relativi alla spesa che all’appropriatezza, ancora poche sono le regioni che in- tegrano indicatori relativi alla spesa con altre tipologie di indica- tori per un pieno governo dell’assistenza farmaceutica. La situazione è ancora più critica sulla rilevazione dell’equità del sistema sanitario. Sebbene l’equità sia uno dei principi fon- danti i sistemi sanitari pubblici a cui alcuni organismi interna- zionali (OMS e HSURC del Canada) dedicano una dimensione apposita, e sia richiamata da molti PSR come obiettivo di siste- ma, difficilmente vengono dedicati strumenti di misurazione si- stematici. Questo tema viene affrontato in modo sporadico ed occasionale attraverso progetti ad hoc. Su questi due aspetti (equità ed assistenza farmaceutica) ci sono regioni con esperienze sviluppate quasi a livello “pionieri- stico”. Percorsi di benchmarking e condivisione di esperienze potrebbero agevolare l’innovazione ed il miglioramento di altre che hanno appena iniziato. Guardando le definizioni date ai sistemi di valutazione e le caratteristiche citate come distintive di un buon sistema di valu- tazione emergono delle posizioni differenziate: le regioni che hanno recentemente avviato sistemi di misurazione e valutazio- ne della performance dei servizi sanitari, evidenziano come fat- tori critici di successo degli strumenti di governo, la vicinanza gestionale (Puglia), gli aspetti relazionali (Basilicata e Sardegna) o proprio fattori culturali (Sicilia). Le regioni che invece hanno avviato da tempo un percorso sistematico di misurazione e valu- tazione sottolineano la necessità di sviluppare sistemi informati- vi più raffinati che forniscano in modo semplice un quadro di sintesi dell’andamento del sistema. Dalla discussione del workshop è emerso in modo evidente la necessità di colmare il gap fra la realtà e la richiesta di un coor- 118 Sabina Nuti dinamento relativo allo scambio di esperienze citato dal patto di stabilità di settembre 2006; un confronto sulle caratteristiche dei sistemi di misurazione, le tecniche utilizzate ed anche i risul- tati di performance può da un lato sostenere le regioni “fragili” nella costruzioni di strumenti di controllo più incisivi e dall’al- tro stimolare il miglioramento delle regioni/province con siste- mi già consolidati. Se da un lato la diversità del punto di partenza e del contesto possono ostacolare la confrontabilità dei sistemi sanitari locali, dall’altro lato è proprio la diversità delle caratteristiche degli strumenti adottati dai SSR/P che costituisce la ricchezza del confronto. La variabilità è quindi l’elemento sulla base del quale sviluppare delle considerazioni, porsi le domande ed imparare dal vicino prevedendo però uno sviluppo ed un confronto su più livelli o su più stadi seguendo una sorta di percorso evoluti- vo basato sulle esperienze di quella o quelle regioni/province che hanno già battuto quella strada. Questo può valere sulle ca- ratteristiche di alcuni strumenti (come ad esempio la possibilità di alcuni sistemi di avere un quadro di sintesi) così come sulle tecniche di rilevazione di alcuni aspetti (come ad esempio la qualità percepita, l’assistenza farmaceutica e l’equità. CAPITOLO 7 ALCUNE CONSIDERAZIONI DI SINTESI Fulvio Moirano* Il sistema sanitario italiano tutela il diritto alla salute di ogni cittadino italiano attraverso la produzione di prestazioni nei vari livelli assistenziali di natura preventiva, territoriale ed ospedalie- ra. Di fatto questa tutela è estesa a tutti gli abitanti, in Italia, in- clusi gli immigrati clandestini. I trattati dell’Unione Europea stabiliscono che la sanità è ma- teria delle singole nazioni come organizzazione e esecuzione an- che se l’UE ha una responsabilità nella prevenzione. All’interno dell’Italia “spettano alle regioni e alle province auto- nome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le fun- zioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera” anche se il sistema è finanziato attraverso risorse pubbliche nazionali trasferite alle regioni. Il peso della sanità nei bilanci regionali e la mobilità tra le regioni hanno dato origine a delle azioni per limitare i movimenti dei pazienti all’interno dell’Ita- lia nella loro ricerca di soddisfare la propria tutela della salute. All’interno di questo quadro è necessario rispondere a do- mande del tipo: Quali risultati sono ottenuti dalla sanità?• Come varia la qualità dei risultati tra i vari erogatori?• Esiste una coerenza tra i fabbisogni dei pazienti/utilizzatori, • gli obiettivi posti, i risultati e la qualità erogata? Quanto costano i risultati per paziente/utilizzatore?• * Fulvio Moirano, Direttore dell’Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari regionali (Agenas). 120 Fulvio Moirano La capacità di dare risposta a queste domande, e la necessità di ricondurle all’attività delle singole regioni, è un elemento im- prescindibile di un sistema che deve garantire la tutela della sa- lute e l’appropriato uso delle risorse destinate alla sanità. 7.1. La misurazione dell’output Nella definizione dell’output è necessario chiarire (a) che cosa misurare, (b) per quale utilizzatore si effettuano le misurazioni e (c) chi deve gestire il processo di misurazione, elaborazione e presentazione dei dati. A. CHE COSA MISURARE Un compito importante dello Stato per garantire la salute della popolazione, all’interno di una sanità regionalizzata, è la creazione di un sistema di indicatori per assicurare “i livelli es- senziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario na- zionale nel rispetto dei principi della dignità della persona uma- na, del fabbisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assisten- za, dell’appropriatezza rispetto alle specifiche esigenze e dell’economicità nell’impiego delle risorse”. Il DLgs 502/92 (in- cluso successive modifiche ed integrazioni) elenca già una serie di principi a cui deve essere ispirato il processo sanitario (pub- blico) produttivo rispetto al sistema nel suo complesso e rispet- to al singolo paziente. Rispetto al sistema nel suo complesso: l’economicità nell’impiego delle risorse• Rispetto ai singoli pazienti: la dignità della persona umana, • il fabbisogno di salute, • l’equità nell’accesso all’assistenza, • l’appropriatezza rispetto alle specifiche esigenze• Inoltre è possibile aggiungere altri principi, ovvero che la cu- ra deve essere Alcune considerazioni di sintesi 121 basata sulla conoscenza scientifica ed utile (che gli effetti po-• sitivi previsti dalla cura siano maggiori degli effetti negativi relativi); questo principio può essere tradotto in aderenza a linee guida nazionali e regionali;• utilizzo del corretto livello di assistenza;• sicura (che la cura non dia origine a sofferenza e danni al pa-• ziente dovuti al processo di cura se non a causa delle condi- zioni del paziente, “freedom from accidental injury due to medical care or medical errors”; focalizzata sul paziente (che la cura sia erogata nel rispetto • del paziente e dei suoi specifici fabbisogni e valori, “Patient centeredness”; erogata in tempi appropriati rispetto alle condizioni del sin-• golo paziente (“timeliness”). L’economicità di un processo sanitario si misura attraverso un confronto tra le risorse impiegate ed i risultati ottenuti, e può essere misurata attraverso “l’efficacia” oppure “la produtti- vità” (vedere Fig. 1). Fig. 1 - Efficacia e produttività. 122 Fulvio Moirano La misurazione di risorse impiegate nei vari processi sanita- rie è oggetto di una serie di modelli ministeriali (tra essi, CE: il conto economico delle singole aziende, LA: i costi per livello assistenziale delle singole aziende). La misurazione dell’econo- micità presenta delle criticità sia quando è intesa come pro- duttività sia quando è intesa come efficacia. Le risorse del si- stema sanitario sono consumate per circa il 45% dalla produ- zione di prestazioni ospedaliere (incluso il pronto soccorso ospedaliero), per circa il 5% per attività di prevenzione e per la parte restante nella produzione di prestazioni territoriali. I flussi ministeriali raccolgono attualmente, a livello di nomen- clatore-tariffario, e con un certo grado di qualità, le prestazio- ni ambulatoriali e di ricovero. Attraverso il sistema di tariffe è quindi possibile confrontare i costi di queste prestazioni (mi- surati con i modelli LA) ed i valori tariffari. La qualità (la ri- spondenza tra i dati raccolti e la realtà) dei dati economici dei modelli LA è, però, incerta, anche per l’assenza di un modello preciso di attribuzione dei costi (per esempio come suddivide- re il tempo ed il relativo costo dei medici ospedalieri tra le prestazioni ambulatoriali e quelle di ricovero). La misurazione dell’efficacia presenta delle criticità maggio- ri in quanto include la definizione operativa e la relativa misu- razione di obiettivi e di risultati. I grandi confronti internazio- nali di sistemi sanitari misurano aspetti che, parzialmente, so- no comuni tra le nostre regioni e quindi non significativi per misurazioni a livello locale e regionale. Il concetto di efficacia è simile a quello della definizione di qualità della cura per cui sono stati sviluppati una serie di dimensioni da misurare con degli specifici indicatori per il sistema nel suo complesso e per singole patologie. È necessario che i dati utilizzati ed i relativi indicatori siano selezionati con i seguenti criteri: importanza;• correttezza scientifica;• possibilità di ottenere dati di confronto.• Alcune considerazioni di sintesi 123 B. PER QUALE UTILIZZATORE MISURARE L’articolazione degli obiettivi di un’attività gestita a livello decen- trato richiede l’analisi degli interlocutori sociali. Il sistema sanitario pubblico ha un rilevante numero di interlocutori sociali tra cui: i pazienti e le famiglie; a. il personale; b. le associazioni di categoria; c. i finanziatori privati; d. le associazioni di volontariato; e. i fornitori; f. le ASL, le ASO, i presidi e le case di cura private; g. gli erogatori di prestazioni di riabilitazione territoriale h. (RSA...); la collettività; i. il Ministero della Salute; j. le amministrazioni regionali e locali; k. il Ministero del Tesoro/Amministrazione Finanziaria; l. l’Università;m. le società scientifiche.n. Ciascun gruppo di interlocutori ha i propri obiettivi. Non è raro che alcuni degli interlocutori sociali abbiano obiettivi op- posti di altri. La dislocazione degli ospedali, per esempio, è frutto di scelte storiche e non di un processo razionale sulla ba- se della situazione attuale. Un confronto tra il livello di costi di tutti gli ospedali e di quelli più efficienti indica, in alcune Regio- ni, dei risparmi per le attività ospedaliere e ambulatoriali di cir- ca 10%. Le azioni necessarie per raggiungere questi risparmi (chiusura / riconversione di ospedali) sono fortemente avversate dal personale (b), dalle amministrazioni locali (k) e da alcuni pazienti e familiari (a) con motivi che esulano da quelli sanitari ma che si presentano come obiettivi sanitari. Molti pazienti hanno l’obiettivo di essere curati dalle struttu- re migliori, all’interno di certi limiti geografici, e cercano infor- mazioni sulla bontà delle strutture ospedaliere prima di effet- tuare le proprie scelte. In questo processo possono avere obiet- 124 Fulvio Moirano tivi diversi dai dipendenti e dagli amministratori locali di strut- ture non considerate. C. CHI DOVRÀ GESTIRE IL PROCESSO DI MISURAZIONE, RACCOLTA, ELABORAZIONE E PUBBLICAZIONE DEI DATI? Il processo descritto sopra richiede il coinvolgimento degli ero- gatori di prestazioni nella definizione, misurazione e raccolta di in- formazione nonché il feed-back dei risultati agli erogatori stessi. Il processo di elaborazione e di pubblicazione dei dati deve essere svolto in modo che uno o più gruppi di interlocutori so- ciali possano beneficiarne nelle loro decisioni. L’attuale raccolta di dati a livello nazionale è organizzata sulla base delle esigenze di una serie di interlocutori sociali, in parti- colare il Ministero e le Regioni. Le decisioni da prendere, da parte di questi interlocutori, non sono ben specificate. Si propone che l’Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regiona- li sia la promotrice della definizione dell’utilizzo dei dati per tipolo- gia di interlocutore sociale e della gestione dell’intero processo. 7.2. Alcune applicazioni di forte impatto. I tempi per l’attivazione di un processo completo di misura- zione-pubblicazione di informazioni utili per prendere delle de- cisioni sono considerevoli. Attualmente esistono dei flussi di buona qualità ma gli utilizzatori dei dati sono principalmente il Ministero e le Regioni. Il coinvolgimento dei pazienti come utilizzatori dei dati sa- rebbe un grande successo in quanto essi sono destinatari ultimi dell’intero sistema sanitario. Una pubblicazione di dati utili ai pazienti/utilizzatori potrà essere utilizzata anche da chi consiglia i pazienti (i medici di fiducia, le associazioni di volontariato...). Il sistema internet permette la distribuzione di dati in milioni di punti ed in orari scelti dagli utilizzatori stessi (vedere quanto realizzato dal sistema inglese, NHS). Bisogna raccogliere e siste- matizzare le domande a cui fornire le risposte. Alcune considerazioni di sintesi 125 La pubblicazione dei dati non dovrebbe creare problemi di privacy in quanto non presenta dati sui pazienti e sui medici eroganti. È possibile che la pubblicazione dei dati abbia effetti sui flussi migratori di persone in quanto incrementa la domanda presso i maggiori erogatori di una prestazione ma questo sem- bra compatibile con gli obiettivi del sistema sanitario nel suo complesso. È possibile, infine, che la creazione di un buon rap- porto tra pazienti/erogatori ed il sistema sanitario nella lettura dei dati possa essere la base per la risposta ad altre domande che nel frattempo si sono raccolte, per esempio sui tempi di at- tesa e su alcuni indicatori di qualità. PARTE SECONDA I PRESUPPOSTI DELLA VALUTAZIONE E DELLA FIDUCIA IN SANITÀ: UN CIRCOLO VIRTUOSO? CAPITOLO 1 LA COSTRUZIONE DI UN RAPPORTO FIDUCIARIO TRA CITTADINI E ISTITUZIONI PUBBLICHE IN SANITÀ Michael Calnan* 1.1. Premessa Perché la fiducia in sanità è così importante? In Inghilterra vi è stato un ampio dibattito sul declino della fiducia dei cittadini nei confronti del sistema sanitario inglese e sulle sue motivazio- ni. I fattori che hanno determinato la riduzione di fiducia nei con- fronti delle istituzioni, ma anche degli operatori sanitari, sono diversi. Un primo fattore è collegato agli errori medici apparsi sui giornali ed amplificati dai mezzi di comunicazione. In questo l’opinione pubblica infatti ha giocato un ruolo rilevante. Ha modificato le aspettative dei cittadini riguardo all’assistenza sa- nitaria. Questo è dovuto anche all’orientamento verso la tutela dei consumatori tipica dell’opinione pubblica inglese. Gli scan- dali ed in generale le critiche “illuminate” dei giornali hanno avuto un impatto sulle modifiche relative alla regolamentazione della professione medica nel Regno Unito. Un altro fattore che ha determinato il crollo della fiducia tra i cittadini è relativo al modo in cui viene gestito il Servizio Sanita- rio e quindi alla percezione della qualità dell’assistenza sanitaria erogata e della variabilità dell’assistenza. La School of Social Policy, Sociology and Social Research dell’università di Kent ha recentemente pubblicato alcuni studi sulla fiducia in sanità (si veda Calnan e Rowe 2004, 2006, 2008). * Michael Calnan, Professore di Sociologia medica presso l’Università di Icent. Il capitolo è stato adattato in lingua italiana dalle curatrici del testo Sabina Nuti e Milena Vainieri 130 Michael Calnan In questo capitolo si presenteranno brevemente i risultati di alcuni di questi. In particolare saranno discussi: il concetto di fiducia in sanità attraverso lo studio della lette-• ratura; i risultati di una ricerca effettuata nel Regno Unito ed il con-• fronto dei risultati emersi nel contesto olandese e tedesco; una ricerca qualitativa che ha coinvolto i pazienti, dirigenti e • clinici nel NHS inglese. 1.2. Il concetto di fiducia La fiducia può essere analizzata da diversi punti di vista, per- ché molteplici sono le relazioni tra i soggetti del sistema sanita- rio. Queste possono essere classificate in tre tipologie (Fig. 1): relazioni fra professionisti e cittadini intesa come fiducia in-• terpersonale; relazioni tra istituzioni e cittadini intesa come fiducia istitu-• zionale; relazioni tra gli operatori sanitari e i manager intesa come fi-• ducia relativa all’organizzazione. Fig. 1 - Le tre tipologie di fiducia, (Fonte: Calnan e Rowe 2006). La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni 131 La fiducia quindi è un concetto che si sviluppa su più dimen- sioni. Una prima dimensione è quella cognitiva, cioè la capacità delle persone di pensare e di valutare razionalmente la qualità della Sanità e dell’assistenza sanitaria ricevuta. Un’altra dimen- sione è quella affettiva. Per esempio, quando si è malati, si è vulnerabili e si tende ad affidarsi agli esperti e questo comporta- mento si fonda su basi affettive, non razionali o cognitive. Que- sta dimensione mette in rilievo una caratteristica della fiducia ossia la “necessità” di far fronte al rischio ed all’incertezza, tipi- ca del settore sanitario. Vi sono, poi, altri elementi che entrano in gioco: la competenza e l’intenzione dell’operatore. In partico- lare questo ultimo aspetto è volto a verificare se l’operato del professionista si caratterizzi per onestà, riservatezza e capacità di prendersi cura del paziente. Ma quanto incide il livello di fiducia dei cittadini sul raggiun- gimento dei risultati di salute del sistema? In letteratura non vi sono evidenze che indicano se l’esito fi- nale (outcome) sia influenzato da un rapporto fiduciario. Sem- brano esserci, invece, delle relazioni per quanto riguarda gli esiti intermedi: ad esempio un rapporto di fiducia aumenta l’aderen- za alle prescrizioni terapeutiche. Nel campo dell’organizzazione, alcuni autori sostengono che la fiducia sia importante per lo sviluppo di un rapporto collabo- rativo e di squadra e per migliorare il morale del team. In un’or- ganizzazione in cui vi sono rapporti di forte fiducia tra i mem- bri, è più facile lavorare riducendo anche i costi di controllo e sorveglianza. Tuttavia mancano evidenze approfondite al riguardo. In letteratura gli studi si concentrano sostanzialmente sul rapporto fiduciario tra paziente e personale sanitario (vedi Fig. 2), mentre pochi sono gli studi che analizzano le altre cate- gorie di relazioni fiduciarie ossia la fiducia nell’organizzazione (tra clinici o tra clinico e dirigente) e la fiducia nelle istituzioni (tra manager e pazienti). Questa focalizzazione delle ricerche sulla fiducia interpersonale è correlata al fatto che la maggior parte delle ricerche provengono dagli Stati Uniti (Fig. 3). 132 Michael Calnan Le motivazioni del perché vi sia un così alto numero di studi sulla fiducia negli Stati Uniti possono essere diverse: la presenza di più centri di ricerca; le maggiori risorse stanziate per le ricer- che manageriali ed infine al fatto che, essendo la sanità finanzia- ta prevalentemente da fondi privati, vi è maggior interesse a stu- diare l’impatto delle relazioni di fiducia sulle prestazioni dei servizi sanitari. Fig. 2 - Numero di studi sulla fiducia in sanità per paese, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). Fig. 3- Numero di studi per tipologia di relazione, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). 1.3. La fiducia in sanità nel Regno Unito Da uno studio realizzato in Inghilterra e in Galles su 1.187 cittadini, emerge che il livello di fiducia nei confronti di opera- tori sanitari è elevato mentre è bassa la fiducia riposta nei con- fronti delle istituzioni e del Sistema Sanitario in generale. Per La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni 133 analizzare meglio questo aspetto sarebbero necessari studi pro- spettici che monitorino l’andamento dei cambiamenti della fi- ducia e quella delle politiche sanitarie. La fiducia nei confronti dell’organizzazione sanitaria si fonda sul principio che l’organizzazione mette il paziente al primo po- sto. La fiducia nei medici – sia ospedalieri che extraospedalieri– si aggira attorno all’80% mentre per quanto riguarda i dirigenti, manager, il livello di fiducia è minore (Fig. 4). In inglese ci sono due termini che in italiano si traducono en- trambi con fiducia ma con significato diverso: trust e confidence. In Inghilterra “confidence” si riferisce alla fiducia nella compe- tenza mentre il termine trust fa riferimento alla percezione del cittadino che il professionista operi nel suo interesse. Lo studio si è focalizzato sul livello di fiducia relativo alla com- petenza, confidence, dei cittadini nei confronti sia dei vari profes- sionisti che operano nel sistema sanitario sia dei servizi offerti. I cittadini ripongono elevata fiducia nei confronti dei medici, in- fermieri, farmacisti, dentisti mentre notevolmente inferiore è la fi- ducia riposta nei confronti dei professionisti che svolgono terapie non convenzionali e dei dirigenti del Servizio Sanitario (Fig. 5). Fig. 4 - Livello di fiducia (trust) nei confronti dei diversi soggetti, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). 134 Michael Calnan Per quanto riguarda i servizi sanitari, i cittadini hanno maggior fiducia negli ospedali piuttosto che negli altri servizi come ad esem- pio i servizi di salute mentale o l’assistenza domiciliare (Fig. 6). Fig. 5 - Livello di fiducia (confidence) verso i professionisti, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). Fig. 6 - Livello di fiducia (confidence) verso i vari servizi del sistema sanitario, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni 135 Dall’analisi di correlazione su vari servizi e professionisti fra confidence e trust, emerge che la fiducia nella competenza (con- fidence) è strettamente collegata alla percezione generale di fi- ducia (trust). 1.4. Il confronto della fiducia in sanità in Inghilterra, Galles, Germania e Olanda Da uno studio internazionale che ha coinvolto l’Inghilterra, il Galles, la Germania ed i Paesi Bassi, emerge che la fiducia nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale in Inghilterra e in Galles è superiore rispetto a quella degli altri paesi. Una spiegazione di queste differenze può essere l’alto grado di fidelizzazione dei cittadini inglesi nei confronti del NHS combinata alle politiche sanitarie volte al coinvolgimento diret- to dei pazienti nelle cure. Le differenze nei livelli di fiducia fra i tre paesi sono simili se si analizza la fiducia sia nei confronti dei professionisti (Fig. 7) che riferita ai diversi tipi di assistenza (ospedaliera, domiciliare, e case di riposo) (Fig. 8). Il questionario utilizzato, comprendeva domande relative a sei dimensioni: Fig. 7 - Livelli di fiducia (trust) fra i professioni nei tre paesi, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). 136 Michael Calnan a. l’assistenza focalizzata sul paziente; b. le politiche complessive ed il loro impatto sui pazienti come ad esempio le liste d’attesa, il pagamento da parte dei pazien- ti, tagli nei costi e così via; c. la competenza professionale; d. la qualità dell’assistenza valutata in diversi aspetti; e. la comunicazione, in particolare la comunicazione di infor- mazioni; f. la qualità della collaborazione. Le competenze interpersonali degli operatori sanitari, il ri- spetto, la condivisione delle informazioni e la fiducia da parte dei professionisti sono fattori determinanti su cui si basa la fidu- cia del paziente. Un altro fattore che influenza la fiducia è la presenza o meno della copertura assicurativa privata: chi si assicura privatamente ha un livello di fiducia tendenzialmente inferiore nei confronti del NHS. Nel Regno Unito, comunque, il fenomeno è abbastan- za ridotto in quanto la percentuale di popolazione che paga le tasse per il NHS inglese e fa ricorso ad un’assicurazione sanita- ria privata è pari circa al 12%. Fig. 8 - Livelli di fiducia (trust) fra i servizi nei tre paesi, (Fonte: Calnan e Rowe 2004). La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni 137 Forse non vi è stato un vero e proprio declino della fiducia ma certamente si è registrato un cambiamento nei rapporti di fi- ducia. In passato nel Servizio Sanitario Nazionale v’era elevata fiducia nell’autoregolamentazione dei professionisti sanitari. Fi- ducia ed autoregolamentazione erano due aspetti che si alimen- tavano reciprocamente. A seguito dello sviluppo dell’Evidence Based Medicine e del raggiungimento di obiettivi specifici, la regolamentazione ed il monitoraggio da parte di enti esterni è aumentato notevolmente portando una riduzione del livello di fiducia sulla capacità di autoregolazione dei professionisti. Il governo inglese si è impegnato notevolmente per orientare maggiormente il sistema sanitario alle esigenze dei pazienti. In questa direzione, una politica sanitaria messa in atto dal Sistema Sanitario è stata quella del cosiddetto programma del “paziente esperto” rivolto ai pazienti con patologie croniche. L’obiettivo era quello di promuovere l’autoassistenza e l’auto-aiuto, in mo- do che i pazienti potessero gestire da soli la patologia di cui era- no affetti. In questo modo è stata stimolata una partecipazione attiva al rapporto medico-paziente, accentuando l’autogestione sanitaria dei pazienti ed instaurando un rapporto di fiducia ca- ratterizzato dalla bidirezionalità: non è solo il paziente che deve aver fiducia nel medico, ma anche il medico deve aver fiducia nella capacità del paziente di prendersi in carico da solo. Un altro aspetto delle politiche sanitarie inglesi più recenti che hanno modificato il tradizionale approccio della “fiducia cieca” del paziente è stato quello di rafforzare il potere di scelta del cittadino. Le recenti politiche sanitarie hanno quindi modificato i rap- porti fra paziente e medico ma anche fra medici e fra professio- nisti e istituzioni. 1.5. La ricerca qualitativa Un altro studio svolto dall’università di Kent ha utilizzato un approccio qualitativo basato su interviste faccia a faccia con di- versi portatori di interesse (Calnan e Rowe, 2008). 138 Michael Calnan Le interviste hanno riguardato un servizio di assistenza pri- maria, il diabete di tipo due ed un servizio di assistenza ospeda- liera, la frattura dell’anca. Il primo caso si riferisce ad una patologia cronica in cui è fondamentale la reciprocità: la fiducia del paziente nei confronti del medico ma anche quella del medico nei confronti del pa- ziente. Il secondo caso riguarda una patologia acuta in cui pre- vale l’aspetto della dipendenza e dell’incertezza piuttosto che della fiducia reciproca. Il rapporto di fiducia tra paziente e medico può essere un rapporto cieco, oppure un rapporto condizionato. La fiducia cieca appartiene alla visione tradizionale del rapporto medico- paziente, rapporto che si è sempre più trasformato in un rap- porto di fiducia condizionata da aspetti quali l’esperienza del medico, la sua competenza, la sua capacità comunicativa e dalla sua empatia. Quindi, componenti tecnico-scientifiche-mediche da un lato, ma anche sociali e comunicative da parte del medico sono elementi fondamentali per la fiducia. Nel contesto del servizio sanitario inglese i pazienti hanno cambiato atteggiamento, diventando protagonisti come emerge chiaramente dall’intervista di un paziente: Paziente 1: Quando ero un ragazzino, negli anni ’60 la fiducia era cieca, ma adesso bisogna veramente chiedere: “Sì, ma poi che succe- de? Perché succede così? E peraltro anche loro possono chiederti la stessa cosa, no? Deve andare nelle due direzioni, capisci quel che vo- glio dire? Non bisogna essere arroganti, ma prima non c’era nessuna apertura, si era chiusi come in una fortezza, mentre adesso tutto è molto più aperto. Tutti devono essere più aperti, perché in effetti la società oggi è così. Quindi un rapporto che cambia e dove il paziente non ha più un ruolo passivo. Relativamente al rapporto di fiducia tra paziente e manager, sebbene non vi siano molti contatti, questo ultimo è ritenuto responsabile della qualità dei pasti e della pulizia degli ospeda- li. Il livello di fiducia è abbastanza basso e secondo i dirigenti La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni 139 ospedalieri, questo è dovuto anche al modo in cui i mezzi di comunicazione rappresentano gli ospedali e i loro dirigenti, trasformando spesso i dirigenti ospedalieri e sanitari in capri espiatori. Paziente 2: Alla fine i dirigenti sanitari hanno fallito anche per quanto che riguarda le cose di base, cioè i pasti, la pulizia. Queste non sono peraltro cose da scienziati e non riescono a farcela. Quindi io non penso di potere avere fiducia in loro. Intervistatore: Hai fiducia in chi gestisce il Servizio Sanitario nazio- nale? Paziente 2: No, assolutamente no, gli ospedali non sono puliti; mi dispiace pagare soldi, ma sinceramente il fatto che i dirigenti siano pa- gati anche se la nostra qualità del cibo sia disgustosa non mi va bene. Quindi la sfiducia nei confronti dei dirigenti ospedalieri si basa su due pilastri: igiene/pulizia degli ospedali e pasti. Per quanto riguarda il rapporto fiduciario tra medico e ma- nager, questo non è mai di fiducia cieca ma è sempre un rappor- to di fiducia condizionata ossia dipende dall’esistenza di un programma comune, dalla competenza, dall’onestà, dall’accessi- bilità e dalla visibilità. Intervistatore: Lei ha fiducia nei manager? Medico 1: Assolutamente no, neanche un po’. Ai manager sanitari interessa soltanto farsi promuovere e arrivare a ottenere gli obiettivi che vengono dal governo centrale, che sono completamente sbagliati. Secondo il medico quindi il manager non fa quello che do- vrebbe fare, cioè dare al medico la possibilità di offrire l’assi- stenza appropriata perché concentrato nel raggiungimento degli obiettivi governativi. Un altro problema sono le linee guida, percepite come burocratizzazione della medicina. Medico 2: Chiaramente ci sono dei dirigenti ospedalieri che impon- gono delle linee guida su ciò che dovremmo fare, e penso che, siccome loro vivono in funzione di un intervento politico, cercano di continua- re a imporci degli obiettivi che non sono in linea con le priorità clini- che che noi abbiamo. 140 Michael Calnan Direttore Sanitario: Sì, io ricevo un sacco di feedback dai profes- sionisti, infermieri, coordinatori delle liste d’attesa, fisioterapisti, sul modo in cui i medici trattano i pazienti e quindi penso che si tratti so- prattutto della loro reputazione, del modo in cui loro vengono valuta- ti quando trattano i pazienti, e se ritengono che tutto sia giusto. Ma riguarda anche la misura in cui io ritengo che loro abbiano un rap- porto giusto con noi; voglio dire che alcuni medici sono molto colla- borativi, mentre altri non lo sono per nulla, e addirittura fanno dell’ostruzionismo. Secondo Brown (2008) vi è tensione tra sviluppo di fiducia interpersonale e fiducia istituzionale, soprattutto per quanto ri- guarda il rapporto tra dirigenti sanitari e medici. Le politiche che cercano di valutare se le istituzioni funziona- no efficacemente, finiscono col diventare un onere burocratico per gli operatori sanitari, per i professionisti della sanità; fini- scono per distrarli dal loro lavoro, che dovrebbe consistere nel passare più tempo possibile con i pazienti piuttosto che occu- parsi di compiti burocratici, di valutazioni e così via. In sostanza viene sottratto tempo medico al rapporto con il proprio paziente e quindi la fiducia interpersonale diventa più difficile da ottenere da parte del medico. In effetti è vero che le politiche volte a creare fiducia di solito sono sempre progettate con impostazione burocratica che tende quindi a negare l’aspet- to fondamentale che è incentrato sul paziente. Di fatto i medici sostengono di voler erogare assistenza di elevata qualità ma gli obiettivi invece orientano in altra direzione. Il rapporto di fiducia tra vari operatori sanitari, non solo tra medici ma anche tra medico e terapista, medico e infermiere e così via, deve essere guadagnato attraverso l’onestà, l’affidabilità e la competenza, come emerge dalla seguente citazione del medico. Medico3: Loro (i colleghi del turno successivo) ti vengono assegnati sulla base dei turni, non sono selezionati sulla base della fiducia. I turni di lavoro dettano quali persone ti succederanno nel proseguire la presa in carico dei pazienti. Non si può proteggere il paziente dal cambio tur- no, ciò che si può fare è far aumentare i momenti di condivisione in mo- do da far aumentare il livello di fiducia in loro, tu li vedi operare con te, La costruzione di un rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni 141 vedi i pazienti assieme a loro, presenti i casi, loro sono coinvolti nei pro- cessi decisioni così che puoi capire come risolvono i problemi. La fiducia va guadagnata sviluppando la competenza nel cor- so del tempo e imparando a lavorare insieme. Il sistema dei tur- ni obbliga i medici a dipendere gli uni dagli altri e quindi è ne- cessario un rapporto di fiducia col medico del turno successivo per avere la certezza che le cose vadano bene. L’interdipenden- za fa sì che il rapporto di fiducia diventi fondamentale. Il rapporto tra fiducia interpersonale e istituzionale. Infermiera: È interessante vedere che chi deve entrare in ospedale per una qualsiasi ragione, se entra a seguito di un emergenza, alla di- missione dice “Tutti se la prendono col Servizio Sanitario nazionale, ma alla fine grazie al cielo c’è stato il Servizio Sanitario nazionale” in- vece chi ha avuto un intervento programmato, quando esce fuori si la- menta e brontola per tutto, vi è un generale consenso al fatto che il servizio sanitario è lì quando ce n’è bisogno e siamo davvero fortunati ad averlo però è sporco. La costruzione della fiducia nelle istituzioni dipende dalla esperienza positiva dei pazienti, questo riguarda l’assistenza ma anche igiene e pasti. Si può dire sicuramente che c’è l’influenza dei media, dei po- litici, ma è molto importante l’esperienza diretta dei pazienti che può avere un impatto sulla fiducia interpersonale, quella or- ganizzativa e quella istituzionale. 1.6. Conclusioni La fiducia nei confronti dei medici nel NHS britannico è an- cora elevata, ma i rapporti di fiducia stanno cambiando. La fi- ducia non è più una certezza data ma un traguardo da guada- gnare, ed è condizionata dall’esperienza vissuta dai pazienti. Costruire la fiducia è possibile, ma dipende dal modo in cui essa viene definita. Come emerge dallo studio qualitativo, ogni grup- po definisce la fiducia in modi diversi. Inoltre le definizioni di 142 Michael Calnan fiducia dipendono dalle interazioni sociali a livello micro, non da dati astratti, come i risultati di performance. È chiaro che poi questi dati astratti possono anche essere importanti a livello teo- rico, però per i pazienti non sono altrettanto importanti quanto la loro esperienza diretta. CAPITOLO 2 SU CHE COSA SI FONDA LA FIDUCIA DEI CITTADINI NEI CONFRONTI DEL SISTEMA SANITARIO? RISPOSTE A CONFRONTO DA DIVERSE PROSPETTIVE DI ANALISI Francesca Sanna* 2.1. Premessa Quali sono gli elementi su cui si basa la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema sanitario in Italia? E quali sono gli aspetti su cui è importante non fallire per non minare questo rapporto di fiducia tra utenti e soggetti erogatori dei servizi sa- nitari? Questi quesiti sono stati posti a diversi portatori di inte- resse con l’obiettivo di rappresentare, in termini qualitativi, le diverse prospettive con cui il tema può essere declinato in base alla prospettiva con cui è affrontato. Fra il mese di Dicembre 2008 e di Gennaio 2009 sono stati intervistati sette stakeholder alcuni dei quali in veste di portato- ri di interesse nei confronti del sistema sanitario pubblico e altri quali protagonisti, con ruoli attivi nel sistema stesso. Con questa prospettiva hanno accolto l’invito di partecipare a questa rifles- sione sul tema della fiducia in sanità alcuni rappresentanti dei soggetti cardine del sistema quali la Regione, l’azienda sanitaria, i professionisti e l’Università. Il contributo è stato fornito anche dagli utenti, sia mediante la rappresentanza di un’associazione di utenti, sia come semplice cittadino utilizzatore dei servizi. Le interviste riportano quindi il punto di vista: regionale attra- verso la voce di Enrico Rossi, Assessore alla salute - Regione Tosca- na e coordinatore degli assessori regionali alla sanità, dei professio- nisti attraverso la voce di Lucia Salutini, responsabile dell’Assisten- * Francesca Sanna, Borsista della Scuola Superiore Sant’Anna, collabora all’attivi- tà di ricerca presso il Laboratorio Management e Sanità. 144 Francesca Sanna za infermieristica territoriale zona Pisana - Ausl 5 di Pisa, dei diret- tori generali delle aziende sanitarie attraverso Francesco Ripa di Meana, Direttore Generale dell’Ausl di Bologna e presidente Fiaso, dell’università attraverso Luigi Frati, Rettore dell’Università la Sa- pienza- Roma, già preside della Facoltà di Medicina, del livello go- vernativo attraverso Guido Rasi, Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), dell’utente in forma di associazione attraverso la voce di Teresa Petrangolini, segretario generale di Cit- tadinanza Attiva, e di singolo cittadino attraverso la partecipazione di Francesca Frigo, mamma di tre bambine e maestra elementare. Le interviste hanno avuto una durata massima di 10 minuti. Le domande rivolte a tutti sono state tre: Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei 1. confronti dei sistemi pubblici in sanità? Su cosa la sanità pubblica non deve fallire per non minare la 2. fiducia dei cittadini? Quali strumenti utilizzano o potrebbero utilizzare i sistemi 3. pubblici per alimentare la fiducia dei cittadini nei confronti dei servizio sanitario pubblico? Le interviste sono state video-registrate e proiettate nel semi- nario del Laboratorio MeS tenuto il 30 gennaio 2009 nell’ambito del progetto “strumenti e metodi per la valutazione della perfor- mance in sanità-esperienze a confronto”. Le opinioni di questi di- versi portatori di interesse sono state lo stimolo per la discussione sul ruolo fra fiducia e valutazione come circolo virtuoso. 2.2. I risultati di sintesi Sanità equa - sanità “umana”: sono questi i due pilastri su cui, per gli intervistati, si fonda la fiducia dei cittadini nei con- fronti dei sistemi pubblici, una fiducia che si alimenta su, un rapporto medico-paziente “umano”, in cui la persona è vista nella sua globalità di persona e non come mero portatore di pa- tologia. Infatti, perché si crei il legame fiduciario tra il cittadino Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 145 e il sistema è importante, per il paziente e più volte sottolineato dagli intervistati, il sapere che il medico c’è, che è presente, che ascolta, che dà risposte concrete. È una sanità che si fonda sulla qualità delle prestazioni intese come capaci di rispondere all’esigenze del paziente. È un cittadino esigente quello che si delinea nelle interviste, un cittadino che ha cambiato atteggiamento nei confronti dei si- stemi pubblici in generale rivestendo un ruolo attivo nella ri- chiesta di una sanità equa, trasparente e chiara, un cittadino che, secondo “cittadinanza attiva”, è l’unico “azionista” del si- stema sanitario pubblico. È per questo motivo che è necessario che rivesta un ruolo attivo nella valutazione del servizio offerto e che venga continuamente informato sul suo percorso di cura e reso partecipe e protagonista delle scelte che lo riguardano. Per non fallire la sanità deve essere equa nell’accesso, deve garantire percorsi chiari e certi, deve garantire quel diritto alla salute che la nostra carta costituzionale cita all’art.32 cost, come uno dei diritti fondamentali del cittadino. Equità non significa dare tutto a tutti: questo non è possibile in un sistema caratterizzato da risorse scarse. Quello che deve però essere a tutti garantito è l’uniformità e l’eguaglianza di trat- tamento tra i cittadini, perché possano essere eliminate o alme- no attenuate le differenze regionali. Un altro elemento che incide sulla fiducia dei cittadini è la qualità intesa come standard dei servizi offerti: certamente la validità delle cure offerte ma anche il comfort nella sala d’attesa, l’adeguatezza degli standard alberghieri, il rispetto della privacy, la comunicazione tra gli operatori sanitari ed i pazienti ed i suoi familiari… Il cittadino riveste un ruolo attivo nel sistema ma rimane ine- liminabile l’asimmetria informativa nella sua relazione con l’operatore sanitario: il cittadino ha bisogno di sicurezze, di sa- pere che “qualcuno” vigila sul corretto operare del sistema, e che le informazioni siano chiare e trasparenti, in modo che sia- no esplicite al cittadino le scelte perseguite e loro motivazioni. 146 Francesca Sanna 2.3. Le interviste dei sette portatori di interesse 2.3.1. Il punto di vista di Luigi Frati, Rettore dell’Università la Sapienza- Roma Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in Sanità? Il cittadino si accorge del sistema sanitario quando ha bisogno. La fiducia del cittadino nei sistemi di sanità pubblica risiede nel fatto che quando ha un bisogno il sistema è in grado di rispondere. Così quan- do il cittadino arriva a un pronto soccorso, a un DEA diciamo noi tec- nicamente, ha una esigenza vera o sentita, certamente avvertita e qual- cuno deve rispondere in termini appropriati dal punto di vista orga- nizzativo e appropriati dal punto di vista terapeutico. Quando si tratta di un servizio erogato in elezione poi la questione della fiducia è avver- tita ancora di più: si cerca un professionista di grande competenza che possa rispondere alla visione di salute che ha la persona. Quindi gran- de competenza e appropriatezza organizzativa. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? Non può fallire, alla rovescia della domanda di prima, non rispon- dendo prontamente a questo tipo di esigenze. E qui entra un secondo elemento che oggi non è possibile sottacere: oltre all’appropriatezza è importante anche lo standard del servizio ossia come questo viene offer- to. Se per esempio penso ad un ricovero come avviene al Policlinico Umberto I, in cameroni da sei o otto letti, dove il bagno sta in fondo ad un corridoio, nonostante le grandi professionalità, la fiducia del cittadi- no spesso viene minata. Bisogna rispondere quindi anche con l’adegua- tezza rispetto agli standard alberghieri, e poi con umanità. Tante volte il contenzioso che si crea fra cittadino e servizio sanitario è dovuto al fatto che il medico e il professionista sanitario, magari costretto dai tempi im- posti dal direttore generale, non riesce ad avere quel dialogo con il pa- ziente e con i familiari del paziente che sarebbe necessario. Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare o che utilizzano i sistemi per alimentare la fiducia dei cittadini, sempre nei sistemi di Sani- tà pubblica? Vi può essere un’oggettività nel valutare gli elementi a cui prima ho fatto cenno quando il sistema di valutazione viene gestito, attenzione, Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 147 da entità esterne rispetto al sistema. Per svolgere questo ruolo non ho fiducia nelle cosiddette associazioni dei malati, degli utenti, perché queste non rappresentano l’insieme dei pazienti. Un ruolo maggiore possono averlo le associazioni di malati di un determinato settore, anche se ovviamente l’esperienza vissuta di una malattia, penso a malattie rare, anche alle malattie devastanti come le malattie oncologiche o quant’altro, può determinare una tendenza ad enfatizzare spesso il ruolo che deve essere attribuito alla struttura di riferimento con rischio di scarsa oggettività. Queste associazioni spes- so sono anche di grande aiuto non solo per la ricerca, ma anche per il miglioramento dei servizi. Il terzo elemento di valutazione, che non si può tralasciare, è la va- lutazione in termini economici delle diverse azioni. Anche qui bisogna non rincorrere troppo per esempio quello che dicono gli operatori di settore, che magari spingono per avere nuove tecnologie, per aver con- sumi più alti, quanto è più opportuno valutare, attraverso un program- ma di screening o di prevenzione, che cosa si ottiene rispetto a un pro- gramma di terapia sofisticato, che è buono per la ricerca ma magari non è buono nell’ottenimento dei risultati per la popolazione, per lo meno sul piano statistico, il che non va mai dimenticato. 2.3.2. Il punto di vista di Teresa Petrangolini, Segretario generale di Cittadinanza Attiva Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in Sanità? La fiducia dei cittadini nei sistemi pubblici in sanità si fonda su al- cune componenti: innanzitutto sulla serietà perché il cittadino non può essere preso in giro. Sicuramente un’altra componente è il comportamento degli opera- tori sanitari, perché poi i servizi sanitari sono fatti dalle persone che vi operano. E poi per ultimo, forse la cosa che a noi come cittadini interessa di più, e che quando manca mina la fiducia, è possibilità che i cittadini possano valutare i servizi. Questo sistema sanitario infatti non si valuta mai ed il cittadino è solo l’utente di un servizio, di cui non valuta la qualità. Questo aspetto invece è fondamentale, perché in fondo siamo noi utenti che paghiamo il servizio sanitario nazionale, siamo noi i veri azionisti. Ecco, come azionisti dovremmo avere un ruolo molto più 148 Francesca Sanna forte nell’ambito della valutazione, della selezione, del merito all’inter- no delle strutture. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? I sistemi sanitari non possono fallire su almeno tre cose: uno sulle pro- messe. Non è pensabile che un cittadino trovi scritto nella Costituzione all’articolo 32, che tutti godono del diritto alla salute e poi si trova di fron- te una lista di attesa dove non può incidere; c’è anche una legge che do- vrebbe limitare le liste di attesa, ma questa legge non viene applicata. La seconda questione, che forse un po’ è anche legata alla prima, è la questione dell’equità: il nostro è un sistema sanitario che sta comin- ciando, come in altri paesi, a privilegiare i ricchi e a umiliare i poveri, nel senso che sono sempre di più le prestazioni che devi pagare e mol- to spesso non sulla base delle effettive possibilità economiche. Il terzo elemento che secondo me incide molto è il fatto di avere una sanità che punti sulla qualità e non solo su scelte che sono dettate da equilibri politici, dalla protezione delle corporazioni, da interessi di par- te. Gli scandali che si leggono sul giornale, ma anche fatti che non de- stano l’attenzione dei giornali, derivano dal privilegiare gli interessi di parte: le scelte di questo o quel primario, di questo o quel macchinario, di questo o quell’ospedale non sono dettate dal fatto che sono migliori, sono più attenti ai bisogni dei cittadini, ma perché vi sono altri interessi. Interessi molto forti, interessi economici, interessi politici, interessi di scambio, e questo è veramente un grande guaio per il nostro paese. Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare o che utilizzano i sistemi per alimentare la fiducia dei cittadini, sempre nei sistemi di Sani- tà pubblica? Sicuramente uno degli strumenti è la trasparenza, quindi poter ac- cedere alle informazioni, poter avere su internet tutto quello che è giu- sto sapere, dalle valutazioni degli operatori, alle informazioni sui servi- zi, quindi questo è un primo livello. Secondo livello, che per noi è veramente importante e ci riguarda come “Cittadinanza attiva” è la valutazione diretta da parte dei cittadi- ni, quella che noi chiamiamo Audit Civico. E insieme a questo, un altro elemento di fondamentale importanza è l’inserimento di trasparenza e valutazione nella governance del siste- ma. È importante utilizzare queste valutazioni nel momento in cui si decide il budget, l’incentivazione del dirigente, quali sono state le sue Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 149 performance; per me come cittadino è importante sapere che quell’operatore sanitario, non solo è riuscito a rientrare negli equilibri di budget che gli erano stati assegnati, ma vorrei che fosse valutato an- che in base a quante segnalazioni e proteste in quel reparto ci sono state, quanti contenziosi si sono risolti, quanto ha praticato le tecniche più avanzate per rendere il comfort migliore per il cittadino, per farlo soffrire di meno, per rendergli la vita più adeguata a quello che il citta- dino deve pretendere da un servizio sanitario; e questo tipo di valuta- zione, l’Audit civico, la possono fare solo i cittadini. 2.3.3. Il punto di vista di Francesca Frigo, Insegnante di scuola primaria di Verona Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in Sanità? La fiducia del cittadino nel sistema sanitario si fonda sull’avere la certezza che, innanzitutto quando c’è bisogno del medico, il medico c’è, ed è presente con le sue risposte e con un rapporto anche umani- tario verso questa persona, verso questo cittadino. Cioè il malato non dovrebbe essere visto come una persona che ha una patologia, un pro- blema, ma come una persona nella sua interezza. È fondamentale il contatto con il paziente: il medico di base, ormai, non visita più il pa- ziente ma nei grandi studi è la segreteria che fa le ricette al paziente. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? La sanità pubblica non deve fallire sulla trasparenza e sulla comuni- cazione al cittadino, quindi tra l’utente e il medico. Come moglie di un medico, mi ritrovo molte volte ad entrare in una struttura pubblica e la parola magica appunto è “mio marito è un medico, avrei bisogno di...” e subito, devo dire che, molte porte si spa- lancano e si spalancano più facilmente. Ma per quelli che non hanno questa facilità? Può mancare sicuramente la fiducia nel sistema per quelle persone che invece non hanno la conoscenza o che non si sen- tono supportate, tutelate. Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare o che utilizzano i sistemi per alimentare la fiducia dei cittadini, sempre nei sistemi di Sani- tà pubblica? La fiducia dei cittadini verso il sistema sanitario sarebbe sicuramen- te maggiore se ci fosse la certezza di una vigilanza e di un controllo su- 150 Francesca Sanna gli operatori all’interno del sistema ospedaliero, perché sicuramente manca, innanzitutto un rapporto di umanità tra il cittadino e il medico a cui ci si rivolge, manca la certezza che, poi, le diagnosi fatte, i per- corsi seguiti siano certi, vigilati, sorvegliati. Il cittadino non è in grado di valutare l’operato del medico e ci de- ve essere la certezza, la sicurezza per il cittadino che però vi sia qual- cuno per lui che vigila e controlla che tutto sia fatto in modo giusto, in modo corretto. 2.3.4. Il punto di vista di Guido Rasi, Direttore generale dell’AIFA Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in sanità? Credo che elemento fondante della fiducia sia la percezione della coerenza e della trasparenza delle azioni adottate. In altre parole riten- go sia importante, per riscuotere o mantenere la fiducia dei cittadini, comunicare chiaramente le motivazioni delle azioni o dei provvedi- menti che vengono assunti, anche quando si tratta di decisioni impo- polari, e gli obiettivi che si intendono raggiungere. La trasparenza as- sume rilevanza ancora maggiore in ambiti, quale quello farmaceutico, che riguardano la tutela della salute delle persone. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? Senz’altro sulla garanzia di equità nell’accesso ai farmaci per tutti i cittadini ovunque essi risiedano. Ritengo che gli italiani siano consape- voli dell’impossibilità, per non mettere a rischio la tenuta del sistema, di dispensare tutti i farmaci disponibili, vale a dire anche quelli non essenziali, ma credo debbano avere la certezza di vedere garantito il loro diritto a ricevere su tutto il territorio nazionale le stesse cure. Pur- troppo in questo momento sappiamo che vi sono delle disomogeneità regionali nell’accesso ai farmaci. Si tratta di un grave errore che va corretto. Questo è il primo elemento su cui si basa la fiducia. Al secondo posto pongo la comunicazione tra istituzione e cittadi- no finalizzata a spiegare le motivazioni delle scelte. Quali strumenti utilizzano o potrebbero utilizzare i sistemi pubblici per alimentare la fiducia dei cittadini nei confronti dei servizio sanitario pubblico? Come ho già detto considero strumento fondamentale in tal senso una comunicazione puntuale e non reticente sugli obiettivi che si in- Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 151 tendono perseguire e sulle conseguenze delle decisioni assunte. La va- lutazione della bontà delle scelte è funzione dei risultati raggiunti. Nel sistema farmaceutico, ad esempio, particolare importanza riveste la certezza dei tempi necessari per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio. In Italia, attualmente, abbiamo tempi un po’ più lunghi del dovuto e dalle analisi effettuate ciò potrebbe dipendere anche da un sot- todimensionamento dell’Agenzia ma nonostante questo, grazie ad una ot- timizzazione organizzativa, stiamo recuperando il gap con l’Europa. Divenire in grado di garantire certezze sulle tempistiche registrative è utile all’industria farmaceutica, poiché consente la programmazione delle attività, ma anche ai cittadini che dovranno beneficiare di nuovi farmaci, ai gestori locali, alle regioni. Chiaro è che il successivo salto di qualità dell’Agenzia Italiana del Farmaco sarà rappresentato dallo sviluppo, in corso anche a livello in- ternazionale, di parametri farmaco-economici che leghino la salute prodotta con la spesa effettuata. Si tratta di una nuova sfida poiché non vi sono ancora indicatori univoci: in altre parole dobbiamo spo- stare il focus dalla spesa sostenuta per l’acquisto di confezioni medici- nali alla salute complessivamente prodotta. 2.3.5. Il punto di vista di Francesco Ripa Di Meana, Direttore Generale dell’Ausl di Bologna e presidente Fiaso Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in Sanità? Direi che prima di tutto la percezione che il cittadino è un portato- re di diritti e la chiarezza di questi diritti diventa il punto focale intor- no al quale si gioca la fiducia. Oltre alla chiarezza relativa ai diritti del cittadino, dovrebbero esse- re chiari anche i meccanismi che li rendono fruibili ossia ci dovrebbe essere trasparenza su come il sistema sanitario è stato capace di offrire servizi in grado di soddisfare il diritto al cittadino. Mi riferisco al fatto che se i cittadini sono abituati a un’idea general generica che devono avere tutto a prescindere, il rapporto di fiducia sarà costruito con uno Stato che dovrebbe dare tutto a prescindere. Occorre, invece, mettere picchetti chiari sia sull’equità dell’accesso e sulla appropriatezza delle cure sia sulla qualità dell’erogazione. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? 152 Francesca Sanna Sicuramente il sistema di welfare di cui la sanità fa parte rappresen- ta una sicurezza per il cittadino. Nel momento in cui il sistema sanita- rio non offre più sicurezza al cittadino, questo si sente abbandonato nella sua capacità di ottenere qualcosa a cui ha diritto. Ciò avviene quando non si percepisce che vi sia un rapporto di rispetto fra lui e il prestatore di servizio (i medici e gli altri operatori sanitari) oppure perde fiducia nella qualità del sistema. In questi casi in realtà si rompe il meccanismo alla base del rapporto stesso di fiducia. Contribuiscono ad incrinare il rapporto del cittadino con l’amministra- tore pubblico le campagne stampa sugli eventi avversi, a cui si aggiungono banalizzazioni dei mass media, un contorno di un sistema di fattori che influenzano negativamente l’opinione pubblica e questa perde la fiducia. Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare o che utilizzano i sistemi per alimentare la fiducia dei cittadini, sempre nei sistemi di Sanità pubblica? L’aziendalizzazione ha fornito una serie di strumenti per contrastare la sfiducia, prendo per esempio l’ultimo arrivato, il Bilancio Sociale, chiama- to qui Bilancio di Missione, o Bilancio di Mandato. Si tratta di documenti che permettono di rappresentare come e cosa l’azienda ha prodotto in termini di obiettivi di salute e in termini di tenuta del sistema, in termini di qualità, in termini di cambiamento e di innovazione, rispetto all’evolu- zione dei bisogni. Questi documenti in molte Regioni sono diventati ob- bligatori e sono stati proprio introdotti dal processo di aziendalizzazione. È chiaro che questa valutazione ex post può creare un clima favorevole alla fiducia, però come al solito non sostituisce il fatto che il centro dell’in- teresse del cittadino è aver buoni servizi. Se non vengono offerti buoni servizi allora difficilmente si avrà una valutazione positiva. Questa incide- rà nella fiducia dei cittadini. 2.3.6. Il punto di vista di Enrico Rossi, Assessore alla salute - Regio- ne Toscana e coordinatore degli assessori regionali alla sanità Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in Sanità? Credo che in sintesi siano tre i pilastri su cui fondare questa fiducia: in primo luogo la capacità di prendere in carico i cittadini e di rispon- dere al loro bisogno. La forza del servizio sanitario pubblico è poi nel suo carattere universalistico. Quando serve, il sistema c’è ed è in grado di dare una risposta, non lascia solo nessuno. I cittadini sono molto sensibili al tema dell’uguaglianza in sanità e quindi apprezzano una ri- Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 153 sposta che è tendenzialmente equa ed egualitaria. Questo è il discrimi- ne tra i servizi di carattere universalistico e i servizi diversi, che finisco- no spesso per non coprire equamente una parte della popolazione. La fiducia si alimenta inoltre con la qualità del servizio, riferita sia all’aspetto umano della presa in carico, della relazione di cura tra me- dico e paziente, tra cittadino e operatore sanitario, sia all’efficacia del- la prestazione e all’esito positivo dell’intervento. Naturalmente nel no- stro paese registriamo diversi livelli di qualità, ma nel complesso pos- siamo dire che questa qualità mediamente esiste ed è percepita. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? Nessuno deve essere lasciato solo, nessuno deve sentirsi abbandona- to. Il sistema pubblico deve garantire la capacità di essere presente. Ma- gari potrà anche sbagliare, come può sempre accadere, ma sicuramente deve rispondere alla domanda e fare tutto il possibile per soddisfarla. Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare o che utilizzano i sistemi per alimentare la fiducia dei cittadini, sempre nei sistemi di Sani- tà pubblica? In Toscana abbiamo scelto uno strumento che sta dando già ottima prova di sé, quello della valutazione. Credo che questo sia il punto ve- ro su cui si misurerà per il futuro la capacità del servizio sanitario di migliorare e di rendere sempre più saldo il rapporto di fiducia con i cittadini. Noi impegniamo risorse pubbliche e dobbiamo rendere con- to di quello che facciamo, dei risultati che otteniamo. I cittadini ci possono aiutare valutando la capacità di presa in cari- co, di accesso al sistema e anche la qualità della relazione tra operatore e paziente a cui prima mi riferivo. Possiamo costruire strumenti anco- ra più raffinati e tempestivi, relativi alla qualità degli interventi, all’ap- propriatezza e all’efficienza. Tutto questo ci aiuta a far meglio e a col- tivare un rapporto positivo con i nostri utenti. 2.3.7. Il punto di vista di Lucia Salutini, Responsabile dell’Assi- stenza infermieristica territoriale zona Pisana- Ausl 5 di Pisa Su cosa si fonda o si può fondare la fiducia dei cittadini nei confronti dei sistemi pubblici in Sanità? Io credo che i cittadini possano avere la fiducia nei confronti dei si- stemi sanitari pubblici quando vi sia un impegno politico molto chiaro 154 Francesca Sanna fin dall’inizio a favore della salute e dell’equità in ogni settore. L’orga- nizzazione sanitaria dovrebbe essere semplice, trasparente e ri-orienta- re i servizi socio-sanitari e le relative risorse verso azioni che promuo- vono salute. I cittadini necessitano di conoscere i servizi disponibili, dove e a chi rivolgersi per usufruirne, essere i protagonisti consapevoli e collaborativi che partecipano alla pianificazione ed alla valutazione del servizio. Da “utente” a “cittadino” questo è il passaggio necessario perché le persone cercano risposte concrete ai propri bisogni: equità nell’accesso e semplicità di fruizione. L’esperienza insegna che, tra le persone che hanno bisogno di assi- stenza, la quota di popolazione con basso tasso di istruzione e che svolge lavori umili accede troppo poco e, comunque, in modo non ef- ficace ai servizi socio-sanitari offerti. Il sistema pubblico dei servizi, con i suoi molteplici percorsi e ac- cessi, ha evidentemente diverse criticità: mancanza di visibilità e man- canza di informazione. Noi operatori non siamo ancora riusciti a ren- dere “pubblica” l’offerta, forse perché il nostro utente è ancora da noi considerato un destinatario passivo di un servizio definito in modo au- toreferenziale da chi lo fornisce. Su cosa invece la Sanità Pubblica non deve fallire per non minare la fiducia dei cittadini? Un sistema di sanità pubblica per non minare la fiducia dei cittadi- ni deve garantire in modo trasparente l’equità dell’accesso, ossia tale da non permettere disuguaglianze. Credo che un cittadino si arrabbi veramente quando percepisce che alcuni percorsi, consentiti ad altri, non sono fruibili da lui. Un esempio banale, che ritengo tutti noi ab- biamo vissuto, è che se “conosci” qualcuno in posizione strategica, al- lora il percorso è facilitato: puoi anticipare una visita specialistica, un intervento chirurgico, fare un esame diagnostico. Tutto ciò in tempi brevissimi, senza liste di attesa, interminabili chiamate telefoniche al Centro prenotazioni e senza pagare alcun ticket. Qui in Toscana si di- ce che “chi non conosce è figlio di nessuno”. A tal fine è necessario potenziare e dettagliare l’informazione dei servizi offerti, attuare inter- venti ed azioni integrative e proattive, in modo che anche i gruppi di utenti più svantaggiati per reddito e livello di istruzione siano in grado di usufruire dei benefici derivanti dalle azioni stesse. Le disuguaglian- ze sociali devono diventare criteri di programmazione dei servizi sani- tari, ciò consentirebbe al sistema di superare il modello di una sanità Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 155 che offre servizi e che non si preoccupa che questi siano erogati a chi ne ha più bisogno. Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare o che utilizzano i sistemi per alimentare la fiducia dei cittadini, sempre nei sistemi di Sani- tà pubblica? Il nostro sistema pubblico mette ancora poco al centro del sistema il cittadino, non ha ancora sviluppato modalità per far sì che i cittadini partecipino sempre di più alla programmazione sanitaria. Io vivo in Toscana e credo che questa Regione sia un po’ all’avanguardia in que- sto settore: dal 2005, ha introdotto nel piano sanitario regionale, un si- stema di valutazione della performance delle aziende sanitarie. Questo strumento ha avuto lo scopo di monitorare, attraverso alcuni indicato- ri selezionati, la performance conseguita dalle aziende, sia nel contesto territoriale in cui operano, sia relativamente alle strategie perseguite dal sistema regionale. L’utilizzo di queste misure, infatti, ha permesso agli operatori sanitari di monitorare non solo il perseguimento degli obiettivi di azione, ma anche le modalità con cui sono stati conseguiti in termini di equità e di accesso. È stata misurata l’equità e l’accesso in pronto soccorso, nel percorso materno infantile, il ricovero ospedalie- ro e i servizi territoriali. Il risultato emerso da queste indagini basate su interviste telefoniche (alcune di esse anche con l’acquisizione del consenso ai fini della privacy) ha messo in evidenza punti critici che le Aziende Sanitarie e tutti i professionisti dovrebbero tener conto in fa- se di programmazione e gestione dei piani assistenziali individuali, allo scopo di prevenire potenziali disuguaglianze tra gli assistiti. Queste indagini hanno fatto emergere dati positivi su certi servizi ma anche dati allarmanti sotto certi punti di vista, ma molto interes- santi per i professionisti. Per me, ad esempio, che mi occupo anche di assistenza domiciliare infermieristica è risultato di grande interesse ca- pire come gli utenti percepiscono il ruolo e l’operato dell’ infermiere a domicilio tenendo conto di fattori quali: l’ascolto, l’atteggiamento pro- fessionale, la puntualità, la cortesia, la tenuta della divisa, ecc.. Le in- dicazioni che mi arrivano dall’utenza mi sono utili per rendere il mio sistema sanitario dinamico e attento alle esigenze dell’utenza. I risultati delle indagini rappresentano altresì indici per una proget- tazione reticolare impostata sull’efficacia informativa e sul dialogo af- finché le istituzioni socio-sanitarie possano diffondere una cultura di responsabilizzazione e di coinvolgimento nei confronti delle tematiche 156 Francesca Sanna della salute per fare in modo che i servizi vengano utilizzati con mag- gior conoscenza e consapevolezza. Il cittadino svolge il ruolo di “antenna” su quanto accade all’inter- no della comunità degli utenti ed è portatore di una prospettiva alter- nativa a quella di chi lavora nella gestione e organizzazione dei servizi. 2.4. Conclusioni È difficile immaginare una società caratterizzata dalla sfiducia: nella società è indispensabile che ci sia un certo grado di fiducia e di condivisione delle regole alle basi del tessuto collettivo. Nel vocabolario italiano con il termine “fiducia” si indica quel sentimento di sicurezza che deriva dal confidare senza ri- serve in qualcuno o in qualcosa. Il significato di tale termine non è strettamente definito ma si deduce dal senso comune. Tuttavia, quando si parla di fiducia nelle organizzazioni, ed in particolare nelle organizzazione sanitarie, il termine assume di- verse sfumature. Questo si percepisce fortemente nelle organizzazioni sanitarie in cui la fiducia può avere diverse prospettive: quella del paziente nei confronti dell’operatore sanitario, quella dell’operatore sani- tario e i dirigenti sanitari, quella del cittadino nei confronti del si- stema sanitario e delle istituzioni che lo compongono. Il problema della fiducia nel sistema sanitario si colloca lungo due elementi: le attese reciproche, le interazioni e le istanze di prevedibilità e di sicurezza sociale. La fiducia è fondamentale per ridurre il senso di ansia, il timore che l’esterno sia incontrollabile. La fiducia è presupposto fondamentale per la crescita sociale, è fonte di rassicurazione ma, soprattutto, è un circolo virtuoso: la fiducia genera fiducia. Questa è la sua forza ma, nello stesso tempo, la sua principale debolezza: la sfiducia si diffonde rapidamente. Si pensi alla for- za delle notizie diffuse dalla stampa sui casi di malasanità: il loro effetto è dilagante. Su che cosa si fonda la fiducia dei cittadini 157 Questo è vero principalmente nelle organizzazioni sanitarie: la fiducia è un bene necessario che non si può mai dare per scontato in quanto è una risorsa “scarsa” e per alimentarsi ne- cessita di continuo impegno. La fiducia non si può trascurare: va meritata e conquistata. Questo comporta una grande responsabilità sul soggetto, in questo caso, il sistema sanitario nelle sue diverse rappresentan- ze, in cui il cittadino depone la sua fiducia. Ma anche il cittadi- no che concede la sua fiducia è coinvolto nel sistema, assumen- dosi la responsabilità delle proprie scelte. Entrambi, il cittadino e il sistema sanitario, sono legati da una dipendenza reciproca. La fiducia allora va costruita con un percorso condiviso. CAPITOLO 3 FIDUCIA E TRASPARENZA NEL SISTEMA SANITARIO ITALIANO Sabina Nuti* Il tema della fiducia dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione ed in particolare del sistema sanitario pubbli- co, è oggetto di numerose riflessioni. Non vi è dubbio che negli ultimi anni la relazione tra cittadi- no e soggetto pubblico si sia profondamente modificata e che, sempre di più, si voglia rafforzare la posizione dell’utente nei confronti del soggetto erogatore di servizi di pubblica utilità. Vari strumenti introdotti nella nostra legislazione, quale la car- ta dei servizi, volevano appunto sancire il diritto del cittadino a ricevere il servizio con modalità chiare e trasparenti, capaci di te- nere conto non dell’interesse dell’organizzazione pubblica ma dei bisogni del cittadino. In realtà questo, come altri meccanismi, si sono rivelati dei veri e propri fallimenti (Mussari, 1997). La carta dei servizi che doveva essere un “contratto” tra erogatore e utente che chiariva gli impegni del primo e i diritti che poteva vantare il secondo, si è trasformata in un elenco di numeri telefonici (spesso sbagliati) combinata con la rappresentazione dell’organigramma dell’ente pubblico che poco interessa l’utente. L’orientamento normativo, avviato a suo tempo con la legge Bassanini (Amato, 2008), ha cercato di ovviare al disagio del cit- tadino nei confronti dei servizi pubblici, spesso malati di autore- ferenzialità, organizzati secondo le esigenze dei dipendenti pub- blici più che degli utenti. Gli esempi sono infiniti: gli orari scola- stici organizzati in base alle esigenze dei docenti e non alle capaci- * Sabina Nuti, Direttore del Laboratorio Management e Sanità, è Professore associa- to di Economia e gestione delle imprese della Scuola Superiore Sant’Anna. 160 Sabina Nuti tà di apprendimento degli allievi, l’organizzazione dei servizi ospedalieri, fatta per facilitare i turni degli operatori e non la qua- lità di vita del paziente, costretto per esempio a mangiare ad orari inusuali o a riposare con i tempi imposti dall’organizzazione. Nella realtà delle istituzioni che erogano servizi di pubblica utilità, che nella maggior parte dei casi operano in situazione di monopolio, le possibilità di scelta del cliente/utente sono estre- mamente limitate e sicuramente scarsamente facilitate dall’ope- ratore pubblico. Questo limita il potere del cittadino che inoltre si trova in molti casi in situazione di “asimmetria informativa” ossia in possesso di informazioni, conoscenze e competenze assi minori rispetto al soggetto erogatore e quindi incapace di dare un giudizio consapevole sulla qualità del servizio ricevuto. Un allievo in formazione può valutare la qualità di un percorso for- mativo e del contenuto di una lezione ricevuta? Un paziente non medico può giudicare la qualità della diagnosi ricevuta e del trattamento terapeutico a cui è stato sottoposto? In entram- bi i casi l’utente del servizio solo a distanza di tempo potrà esprimere un giudizio corretto sul servizio ricevuto consideran- do l’utilità di quanto appreso o lo stato della sua salute. Nel breve sarà portato ad esprimere un giudizio solo su ciò che è in grado di presidiare, che spesso risulta essere gli aspetti accessori e non centrali del servizio stesso. La scarsa possibilità di esprimere i propri pareri e giudizi e, quali “azionisti” dei servizi pubblici, di orientare le scelte strate- giche della pubblica amministrazione a favore degli utenti stessi, insieme alla crescita di fenomeni di privilegio per alcune catego- rie di dipendenti pubblici rispetto a quelli del settore privato, ha determinato un clima di scarsa fiducia e di richiesta di mag- giore responsabilità e capacità di risposta. In particolare, nel contesto sanitario, alcuni autori ritengono che la crisi di legittimazione che è in corso, è stata determinata dagli episodi di errori clinici (Alaszewski, 2002), amplificati dai mezzi di comunicazione di massa, dal diverso modo in cui i pro- fessionisti sono percepiti (Calnan e Rowe, 2008) e dalla consa- pevolezza dell’incertezza della medicina (Alaszewski e Brown, Fiducia e trasparenza nel sistema sanitario italiano 161 2007), percepita non più come una scienza “certa” ma come un ambito dove due pareri sono sempre meglio di uno solo. In Italia, da una recente indagine richiesta dall’ANAAO alla società SWG (ANAAO - Assomed, 2009), emerge che poco più della metà dei 1.000 intervistati (54%) ha molta o abbastanza fi- ducia nel Servizio sanitario Nazionale pur registrando delle dif- ferenze notevoli fra Nord - Centro - Sud e Isole. Fonte: indagine ANAAO - Assomed, Indagine 2009. Il livello di fiducia nel SSN italiano quindi non si discosta da quello espresso dai cittadini britannici nei confronti dei mana- ger del NHS. 3.1. Il ruolo dei sistemi di valutazione Per rispondere alla crisi di legittimazione dei sistemi sanitari pubblici, che non è una criticità solo italiana, già dalla metà de- gli anni 90 sono stati oggetto di approfondimento gli strumenti del New Public Management (tra gli altri cfr. Boyne et al., 2006) con l’intento di rendere espliciti i livelli di performance e re- sponsabilizzazione. Sulla necessità di introdurre meccanismi tipicamente mana- geriali nel conteso pubblico sono d’accordo i sette portatori di interesse intervistati sul tema della fiducia dei cittadini nei confronti della sanità pubblica. Infatti alla domanda “Quali sono gli strumenti che potrebbero utilizzare i sistemi per ali- mentare la fiducia dei cittadini nei sistemi di sanità pubblica?” 162 Sabina Nuti i sette portatori di interesse intervistati hanno condiviso la ne- cessità di rafforzare gli strumenti di controllo e vigilanza ed in generale degli strumenti di valutazione, sottolineando l’impor- tanza della trasparenza (vedi Petrangolini) e della comunica- zione ai cittadini delle decisioni prese e delle loro motivazioni (vedi Rasi). Non sempre il cittadino è in grado di capire i numeri e gli in- dicatori attraverso cui può essere fatta la valutazione dei risultati ma ciò che interessa è che qualcuno a suo nome la effettui e che questa sia resa pubblica. Questo processo è già un deterrente a fenomeni di abuso di potere o utilizzo inappropriato di risorse. Il cittadino spesso si rende conto di non avere gli strumenti cul- turali per poter valutare la competenza professionale degli ope- ratori sanitari, ma chiede al soggetto pubblico, garante dei suoi diritti soprattutto quando sono presenti contesti di asimmetria, di svolgere un controllo sistematico di come i servizi vengono erogati e della capacità complessiva del sistema pubblico di ri- spondere alla sua missione. Questo ruolo appare ancora oggi complessivamente insufficiente. I sistemi di valutazione adottati dalle regioni vanno sicuramente migliorati sia per rispondere al- le esigenze di trasparenza1 e sia per essere davvero strumenti utili per impostare processi decisionali basati sulle evidenze. In proposito è significativo pensare ad uno degli aspetti ritenuti es- senziali anche dai cittadini quale l’equità nell’accesso (“se non conosci nessuno non sei figlio di nessuno”): si tratta di un ambi- to assai trattato in sede di pianificazione strategica regionale ma assente nei meccanismi gestionali. Ad oggi nessun direttore generale di Asl viene premiato, me- diante il sistema di incentivazione, per la capacità di ridurre le disuguaglianze semplicemente perché mancano ancora i numeri per determinare il fenomeno all’origine. L’equità risulta infatti poco monitorata in termini gestionali anche in quelle regioni o 1 Si ricorda in proposito che ad oggi solo la Regione Toscana pubblica sistematica- mente da tre anni i risultati del sistema di valutazione anche su WEB (valutazionesanita- toscana.sssup.it) Fiducia e trasparenza nel sistema sanitario italiano 163 province autonome che hanno sistemi di misurazione della per- formance più robusti ed avanzati. La trasparenza come leva per l’accountability è legata anche alla pubblicazione dei dati e quindi ad un ritorno informativo sia al sistema sanitario ed suoi professionisti e sia ai cittadini. Il confronto di sistemi di misurazione e valutazione della per- formance di tre regioni in Gran Bretagna che hanno attuato scelte differenti sulla pubblicazione dei risultati, Hibbard (2003) evidenzia come la pubblicazione dei risultati ha avuto un impat- to positivo sulla performance. La regione che ha scelto di pub- blicare i risultati, infatti, è riuscita orientare i comportamenti e migliorare il sistema sanitario con maggior vigore rispetto alle altre due regioni che avevano optato per strategie più “soft”, escludendo comunque la pubblicazione dei dati. Quindi la pubblicazione e comunicazione dei risultati è una delle leve per assicurare da un lato la trasparenza e dall’altro la- to l’orientamento del sistema. 3.2. Pubblicazione dei dati ed il ruolo dei media Periodicamente la sanità è sotto i riflettori dei telegiornali e quotidiani per i casi di malasanità e per i casi di spreco delle ri- sorse pubbliche. In particolare per quanto riguarda i casi di “spreco” e scarso controllo nell’impiego delle risorse pubbliche è stata oggetto di riflessione in questo periodo la triste storia dell’ospedale dell’Aquila ed il suo crollo nel recente terremoto. Non è l’unico caso. Numerose sono le segnalazioni di struttu- re sanitarie terminate ma mai utilizzate o di macchinari ad ele- vata tecnologia, acquistati e conservati (magari ancora imballati) nei sottoscala o ripostigli degli ospedali. A questa situazione di fatto si ribellano non solo i cittadini ma spesso gli stessi opera- tori del sistema che ancora credono e lavorano per il bene pub- blico e reclamano meccanismi di controllo e valutazione sul mo- do in cui vengono impiegate le risorse pubbliche. 164 Sabina Nuti Valutare e comunicare i risultati di performance significa in primo luogo recuperare un rapporto di fiducia con i propri di- pendenti. Dall’altro lato la pubblicazione dei risultati può servi- re anche a modificare i rapporti con i media puntando non sol- tanto su fenomeni scandalistici ma anche sulle buone pratiche come è accaduto anche in Canada (Brown, 2008) Nel dibattito nazionale in corso relativo alle modalità con cui dovrà essere introdotta anche in sanità con il federalismo fiscale la logica dei costi standard, le ipotesi di calcolo e i presupposti metodologici sono accompagnati da richiami all’etica ed alla re- sponsabilizzazione nell’utilizzo del denaro pubblico, segnale che la comunità scientifica e dei professionisti è pronta ad accettare anche sistemi di finanziamento legati alla buona performance, in cui non vengano premiati, a piè di lista, i sistemi che hanno una resa inadeguata in termini di qualità e appropriatezza dei servizi erogati e che hanno mal utilizzato le risorse pubbliche. 3.3. Le sfide e gli ostacoli da superare Se a livello normativo l’Italia ha da tempo inserito richiami ad adottare sistemi di valutazione e misurazione della performance sia per le aziende che relativamente all’operato dei direttori gene- rali, a livello sostanziale poche sono le regioni e province autono- me che hanno adottato questi come strumenti di governo. Una volta introdotti tali sistemi quali meccanismi sistematici di governance, sarà importante tener conto degli errori di chi ha già applicato sistemi della valutazione della performance come il NHS inglese. Molti autori ritengono che il sistema di misura- zione e valutazione della performance adottato dal NHS inglese ha generato una serie di “storture” nel sistema sanitario legate sia ai fenomeni di gaming ed in generale all’approccio “carrots and stick” di tipo burocratico/organizzativo (Bevan e Hood, 2006; Brown, 2008). Probabilmente l’approccio concertativo italiano nel prendere le decisioni, indicato dal 48% dei rispondenti all’indagine del Fiducia e trasparenza nel sistema sanitario italiano 165 Censis sugli stili decisionali (Censis, 2008), può essere una leva per evitare azioni “distorte”. La condivisione del processo e la partecipazione degli stessi operatori alla definizione degli indi- catori è infatti l’approccio distintivo tenuto dalla regione Tosca- na che si contrappone alle modalità “command and control” adottate dal sistema inglese. Un’altra leva che in Inghilterra è stata utilizzata solo parzial- mente è quella della reputazione. La leva della reputazione, so- prattutto in contesti ad elevata professionalità è fondamentale per innescare processi di “peer review” che modificano il siste- ma dall’interno attivando meccanismi di controllo sociale. Il si- stema del “naming shaming” inglese era orientato ad individua- re i peggiori additando coloro che ottenevano performance scarse. L’orientamento ad individuare chi fa male ha innescato reazioni difensive che hanno limitato il meccanismo virtuoso della leva della reputazione e controllo fra pari. La reputazione rimane certamente un fattore di grande impatto sulla motivazio- ne dei professionisti, ma, per evitare fenomeni di “gaming”, è opportuno puntare sulla valutazione dei risultati come un mec- canismo oggettivo per valorizzare le best practices e non per punire i peggiori. In organizzazioni complesse come quelle sanitarie sono infat- ti necessarie più forme e strumenti gestionali per il governo del sistema; oltre al “diagnostic control systems” e “boundary sy- stems”, date le caratteristiche di elevata autonomia professiona- le, un ruolo strategico è giocato anche dai “belief systems” e da “interactive control systems” (Simons, 1994), ossia da quell’in- sieme di relazioni e di valori condivisi che permette all’organiz- zazione ad elevata professionalità di funzionare, spesso oltre, e certamente a latere, dei meccanismi organizzativi formali. CAPITOLO 4 MI FIDO DI TE: DALLA PERCEZIONE ALLA VALUTAZIONE OGGETTIVA DEI SERVIZI SANITARI PUBBLICI Ignazio R. Marino, con la collaborazione di Alessandra Cattoi * Il Servizio Sanitario Nazionale italiano funziona correttamen- te nel suo complesso e sono rari i casi in cui una persona, con un problema di salute, non riesca ad avere accesso alle cure e, in molte realtà, lo standard dell’assistenza è elevato. A volte i citta- dini lamentano le carenze dovute alla percezione di un’assisten- za che si indebolisce, ma in realtà la qualità delle cure offerte non mostra segni di peggioramento, basti guardare alle statisti- che, agli indici di mortalità che continuano a diminuire e al suc- cesso sempre maggiore nella cura di molte malattie. Ciò che vie- ne percepita come carente è piuttosto l’organizzazione dei servi- zi nel loro complesso e il mancato rinnovamento, tecnologico e strutturale, soprattutto al sud, delle strutture ospedaliere. I pro- blemi ci sono e non vanno né sottovalutati né negati, sono so- prattutto di tipo organizzativo ed economico, dovuti alla scarsa omogeneità dei servizi sul territorio, al costante arretramento di alcune regioni schiacciate dai debiti e incapaci di immaginare un piano di riorganizzazione sul lungo periodo, oltre che ad una scarsa politica di investimenti che producano effettivamente ri- sparmi significativi. Ma è corretto sottolineare come gli italiani esprimano una so- stanziale fiducia nei confronti del servizio sanitario pubblico e, * Ignazio R. Marino, Professor of Surgery presso il Jefferson Medical College di Philadelphia (USA). Dal 2006 è senatore e attualmente ricopre l’incarico di Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficienza e l’efficacia del Servizio Sani- tario Nazionale. Alessandra Cattoi, Ufficio stampa Commissione parlamentare d’inchie- sta sull’efficienza e l’efficacia del Servizio Sanitario Nazionale. 168 Ignazio R. Marino, Alessandra Cattoi nonostante tutte le critiche, lo considerino come un punto di rife- rimento irrinunciabile, uno dei cardini su cui è costruita l’orga- nizzazione del Paese. Secondo un’indagine promossa nel 2008 dall’Anaao Assomed, l’associazione dei dirigenti medici, gli italia- ni promuovono il servizio pubblico nel 54% dei casi. Tuttavia se il giudizio riguarda la sanità regionale, nel meridione sono oltre sette su dieci i cittadini che si dichiarano insoddisfatti mentre la situazione è opposta al settentrione dove il 74% delle persone si dicono soddisfatte. La sanità pubblica, in ogni caso, continua a essere preferita a quella privata che, invece, è scelta come prima opzione a cui rivolgersi solo da tre italiani su dieci. Nell’immagi- nario degli italiani gli scandali degli ultimi anni, i casi di malasani- tà, i problemi oggettivi e i buchi nei bilanci regionali non hanno intaccato la fiducia e l’attaccamento verso il servizio pubblico. Se però si approfondisce l’analisi, al di là di un giudizio generico e complessivo, vengono a galla alcune criticità ricorrenti. Siano esse vere o solo percepite, nell’opinione dei cittadini italiani i proble- mi della sanità sono purtroppo sempre gli stessi: le liste d’attesa eccessivamente lunghe, i medici non abbastanza attenti e scrupo- losi nella comunicazione con i pazienti, lo spreco di risorse, i grandi ospedali disorganizzati. 4.1. Comunicare con il paziente è un atto medico Da medico sono profondamente convinto che il grado di fidu- cia del cittadino nei confronti delle istituzioni, di qualunque tipo, passi dal rapporto diretto tra le persone che le gestiscono e le fan- no funzionare e coloro che ne usufruiscono; nel caso specifico della sanità quindi tra i pazienti e il personale sanitario (in parti- colare infermieri e medici). Una persona ammalata tenderà istin- tivamente ad essere più indulgente nei confronti di un direttore generale di un ospedale che non riesce a far quadrare i conti e che ogni anno sfora il bilancio, se nella sua esperienza sarà stata assi- stita con competenza e se avrà instaurato con il medico che la as- siste un rapporto sereno, non conflittuale: questo rapporto dà si- Mi fido di te: dalla percezione alla valutazione oggettiva 169 curezza alla persona e implica fiducia verso l’intera struttura. Per questo, a mio avviso, non si può che partire da infermieri e medi- ci quando si affronta l’argomento della fiducia. Quanto tempo mediamente un medico dedica ad una visita in ambulatorio? Le statistiche dicono quindici minuti, durante i quali al paziente vengono concessi pochi secondi per inquadrare il problema e poi è il medico che interrompe il racconto e mono- polizza il colloquio. Esistono studi pubblicati su autorevoli rivi- ste scientifiche che hanno dimostrato come la durata del collo- quio tra il medico e il paziente sia direttamente proporzionale al rischio di denunce: il medico che dedica più di diciotto minuti al dialogo con il paziente ha molte meno probabilità di essere de- nunciato, nel caso di problemi nelle terapie, rispetto al medico che riduce il colloquio a meno di quindici minuti. L’attenzione al rapporto umano, alla solidarietà verso un ammalato, dovrebbe fare parte dei valori innati e basilari per ogni medico ma in realtà non è affatto scontato. In Inghilterra, per esempio, per incentiva- re le buone relazioni tra i pazienti e gli operatori sanitari, è stato introdotto l’”indice della compassione”; ai pazienti viene chiesto di esprimere un giudizio sul comportamento di medici e infer- mieri, un giudizio di cui l’amministrazione dell’ospedale tiene conto nel momento in cui valuta la professionalità e prende le decisioni che riguardano anche il compenso economico o gli avanzamenti di carriera. Personalmente trovo difficile considera- re la compassione come un elemento a cui dare un prezzo, in particolare per persone che hanno scelto di dedicare la propria vita a curare gli altri, tuttavia non è sbagliato che un sistema di valutazione complessiva verifichi non solo la produttività in ter- mini di prestazioni eseguite ma anche l’atteggiamento nei con- fronti dei pazienti. Se è vero che al medico vengono richieste sempre più ampie e approfondite conoscenze tecniche, è altret- tanto vero che i sentimenti di umanità e di solidarietà sono de- terminanti nell’instaurare un rapporto di fiducia dei pazienti con il medico ma anche con l’istituzione sanitaria in generale. Sinceramente trovo che siano aspetti sottovalutati nel nostro si- stema e che dovrebbero invece essere affrontati urgentemente e 170 Ignazio R. Marino, Alessandra Cattoi con grande attenzione. Quante ore di didattica e di studio sono de- dicate ai giovani medici in formazione perché apprendano le mo- dalità più corrette per comunicare con i pazienti, per fornire le in- formazioni nel modo giusto, per trasmettere le notizie correttamen- te ai familiari in modo da risolvere semplicemente attraverso un dialogo sereno la maggior parte delle incomprensioni? Non esiste alcun corso universitario che insegni, o che per lo meno ponga l’at- tenzione sul nodo cruciale della comunicazione tra medico e pa- ziente, mentre gli studenti passano ore, giorni, mesi, ad imparare a memoria formule chimiche ed eponimi delle malattie rare. Ma se non si parte dalla formazione non potremo immaginare di poter in- cidere davvero modificando lo stato attuale delle cose. 4.2. La valutazione è necessaria Nel considerare anche gli altri elementi che i cittadini perce- piscono come critici nel servizio sanitario, elementi di tipo orga- nizzativo e amministrativo, sono convinto che l’unico modo per ottenere un miglioramento della situazione attuale sia l’introdu- zione anche nel nostro paese di un serio e rigoroso sistema di valutazione. Non è solo un fatto tecnico ma un aspetto culturale fondamentale che stenta ad essere accolto, fatta eccezione di al- cune esperienze positive, ma ancora isolate, descritte ampia- mente in questo volume. La valutazione dei risultati in sanità, associata al controllo e al monitoraggio delle varie funzioni del sistema sanitario, è un metodo che molti paesi europei ed extra- europei hanno introdotto da tempo. Sono sistemi diversi l’uno dall’altro perché rispondono ad esigenze particolari e riflettono gli aspetti specifici di organizzazioni sanitarie con caratteristiche differenti, ma hanno tutti in comune uno stesso principio: la va- lutazione dei risultati clinici, e più in generale del funzionamen- to complessivo dei servizi sanitari, è rilevante non solo per il buon andamento della sanità ma soprattutto per i pazienti. Personalmente, avendo vissuto e lavorato per molti anni in pa- esi anglosassoni, prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, sono Mi fido di te: dalla percezione alla valutazione oggettiva 171 abituato alla valutazione dei risultati, non solo in sanità ma in ogni ambito professionale e scolastico: credo sia un punto basila- re programmare ogni attività e per organizzare i servizi. In en- trambi i paesi appena citati, esistono istituzioni create ad hoc per svolgere l’attività di monitoraggio e di valutazione delle perfor- mance delle strutture sanitarie. Istituzioni la cui autorevolezza e competenza è riconosciuta ormai in tutto il mondo. Negli Stati Uniti la Joint Commission è stata creata quasi sessant’anni fa, nel 1951, e da allora ha accumulato una tale esperienza che oggi è in grado di verificare e valutare i risultati di ben quindici mila strut- ture sanitarie sparse sul territorio americano. Negli USA, dove la concorrenza è sacra, la valutazione è d’obbligo, direi anzi che è assolutamente scontata, e in quel paese si avanza nella direzione di valutare persino il singolo medico, non solo sulla base della sua attività e dei risultati clinici che ottiene ma anche sul grado di soddisfazione espresso dai pazienti, sulla fiducia che trasmette, sull’efficacia nel comunicare con i malati ed i familiari, sulla di- sponibilità e la facilità nell’essere reperibile. Una vera e propria pagella, tipica del mondo statunitense, che prende in considera- zione non solo dati oggettivi come i giorni di degenza di un pa- ziente, l’utilizzo delle strutture e delle apparecchiature tecnologi- che, la quantità di farmaci ecc., ma anche gli aspetti meno tangi- bili, più legati all’elemento umano, altrettanto importanti e signi- ficativi, elementi che rimangono alla base di quella particolarissi- ma disciplina che è la sanità e la medicina. In un sistema privato come quello americano, l’elemento del- la fiducia dei cittadini verso un medico o un ospedale risulta an- cora più importante perché contribuisce a determinare la scelta di rivolgersi ad un’istituzione piuttosto che ad un’altra con evi- denti ricadute economiche. Anche per questo la raccolta, l’ana- lisi e la diffusione trasparente dei dati è prassi consolidata. La qualità dei servizi viene tradotta in cifre semplici da interpretare che vengono anche pubblicate su magazine o quotidiani, ad esempio in una classifica del “Newsweek” vede, a scadenze temporali regolari, ogni medico e ogni struttura ospedaliera im- pegnati in una gara per arrivare primi. Gli esiti del monitorag- 172 Ignazio R. Marino, Alessandra Cattoi gio delle attività sono alla portata di tutti i cittadini che possono scegliere un ospedale con consapevolezza. Ben vengano a mio modo di vedere le “pagelle” per medici e ospedali. L’importante è capire che la valutazione non ha alcun obiettivo punitivo, al contrario, dovrebbe essere piuttosto un volano positivo che in- nesca una gara virtuosa tra medici sempre motivati a dare il me- glio, a maggiore tutela dei pazienti. Ma senza voler entrare nel merito delle peculiarità di ogni singolo sistema di valutazione, è sul principio che mi preme ri- flettere e proporre alcune considerazioni. Un sistema trasparen- te e super partes di monitoraggio e di verifica dell’assistenza erogata dalle regioni è una condizione necessaria per governare un sistema sanitario moderno. Nel nostro paese tale importante funzione è ancora demandata alle ASL che si trovano però in una evidente situazione di conflitto di interessi, dato che a loro è demandato il compito di controllare se stesse. In Italia, inol- tre, è presente e molto radicata l’idea che la valutazione sia una sorta di giudizio di sfiducia a priori, un controllo in senso nega- tivo; purtroppo è un dato culturale molto diffuso con cui ci si deve confrontare nel momento in cui si vogliono introdurre dei meccanismi nuovi che invece, a mio giudizio, sono positivi e certamente costruttivi. La valutazione dei risultati innesca un sistema di circolazione delle informazioni ed aumenta la trasparenza; in secondo luogo permette di fare emergere le potenzialità di chi opera meglio e con maggiore efficienza, infine costituisce l’unica base traspa- rente su cui costruire anche un sistema di incentivi per chi ha dimostrato i risultati migliori. Va da sé che un’azienda sanitaria ha delle caratteristiche peculiari rispetto ad altri settori pura- mente produttivi e che nel valutare le sue performance si deve inevitabilmente tenere conto del fatto che il fine ultimo non è il raggiungimento di un profitto o l’aumento del titolo in borsa ma la salute delle persone. L’obiettivo, quindi, non è di stilare le classifiche dei bravi e dei cattivi, dei migliori o dei meno effi- cienti, lo scopo è mettere in evidenza quali siano le realtà di ec- cellenza, che vanno senza dubbio premiate, e quali invece le si- Mi fido di te: dalla percezione alla valutazione oggettiva 173 tuazioni che mostrano sofferenza e crisi. Ma senza un serio e ri- goroso sistema di valutazione, come si potrà pensare di pianifi- care gli interventi strutturali, tecnologici, economici e di risorse umane utili ad un miglioramento? Da tempo sostengo l’idea di creare un organismo indipen- dente, cui demandare le funzioni di coordinamento dell’accer- tamento della qualità, dell’appropriatezza, dei controlli e della valutazione del sistema sanitario, indipendentemente dalla na- tura giuridica pubblica o privata dell’erogatore. L’indipendenza di chi valuta è indispensabile e rappresenta la garanzia di og- gettività, oltre che la condizione per evitare, o limitare il più possibile, l’ingerenza e le pressioni esterne a volte difficili da contrastare. Il ragionamento è talmente lampante da sembrare scontato eppure, nonostante questo, poche regioni italiane si sono affac- ciate ai sistemi di valutazione delle performance delle strutture ospedaliere. Si tratta, lo ripeto, non solo di un passo avanti di ti- po metodologico e tecnico ma di un vero e proprio progresso culturale di cui il nostro paese ha drammaticamente bisogno. Si tratta al tempo stesso anche di un valido strumento nella lotta agli sprechi che a loro volta producono inefficienza, spese spro- porzionate, frustrazione dei cittadini nei confronti del sistema sanitario nazionale del quale essi sono i principali azionisti, dato che lo finanziano attraverso il prelievo fiscale. Infine, un’ultima ma non meno importante considerazione va fatta rispetto al principio della trasparenza. La valutazione e la comunicazione dei risultati, sia in termini assoluti sia rispetto agli obiettivi prefissati, è l’unico metodo sul quale costruire e mante- nere un corretto rapporto di fiducia con i cittadini. La scelta del paziente può essere libera solo se consapevole e se basata sulla conoscenza: sapere quale è il tasso di mortalità per un intervento di cardiochirurgia di una struttura ospedaliera rispetto ad un’altra è fondamentale, come è fondamentale conoscere i tempi di attesa per un esame o il livello di sicurezza di un reparto. 174 Ignazio R. Marino, Alessandra Cattoi 4.3. Un nuovo metodo per la commissione parlamentare d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale Partendo dai presupposti precedentemente enunciati è stato impostato il lavoro della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del SSN del Senato che presiedo dall’ottobre del 2008. Tra i compiti che la Commissione d’in- chiesta è chiamata a svolgere, vi è quello di valutare le dinami- che della spesa sanitaria regionale, anche al fine di verificare l’appropriatezza delle prestazioni e l’esistenza di eventuali spre- chi; quello di verificare lo stato di realizzazione delle reti dell’as- sistenza territoriale e domiciliare e la qualificazione dell’assi- stenza ospedaliera in direzione dell’alta specialità. Tra le altre attività di indagine di cui si occupa la Commissione è importan- te segnalare quella sullo stato di attuazione e sul funzionamento della rete di emergenza-urgenza e di tutta l’organizzazione ospe- daliera di pronto soccorso e di rianimazione anche in relazione alle attività di trapianto d’organi; quella sulla qualità e la valuta- zione dei trattamenti sanitari su base regionale o di singola azienda sanitaria e quella sull’effettiva applicazione della legge 120 sulla libera professione intramuraria dei medici. Al di là degli ambiti specifici verso cui si rivolgono le indagi- ni, la vera novità riguarda il metodo di lavoro adottato: per la prima volta una commissione parlamentare, che ha compiti di indagine sul corretto funzionamento del SSN, ha deciso di av- viare un lavoro di analisi non basandosi semplicemente su se- gnalazioni di anomalie o denunce, ma adottando un metodo di analisi scientifica e avvalendosi della consulenza di specialisti ri- conosciuti della materia. Nel processo di valutazione che è stato avviato, infatti, sono state individuate tre fasi distinte di lavoro. La prima consiste nel selezionare un piccolo numero di indica- tori di efficienza, qualità e appropriatezza, da elaborare a livello di regione e di Asl, capaci di fornire un primo quadro di sintesi del funzionamento del sistema, sia per i servizi di ricovero ospe- daliero che per i servizi di assistenza territoriale. Al termine di questa fase si passa all’analisi approfondita delle dieci Asl italia- Mi fido di te: dalla percezione alla valutazione oggettiva 175 ne che mostreranno, dati alla mano, le maggiori criticità rispetto alla media. L’obiettivo è dunque quello di individuare le aziende sanitarie a livello nazionale “fuori norma”, ossia con i risultati maggiormente critici, rispetto ai parametri fissati. Nei casi in cui saranno accertate le situazioni più complesse e le criticità più difficili da affrontare, saranno organizzati dei so- pralluoghi della Commissione al fine di acquisire in loco tutte le informazioni necessarie per un’analisi dettagliata. Tra gli indicatori della qualità sono stati adottati per esempio: i ricoveri ripetuti per la stessa malattia nell’arco di trenta giorni in qualsiasi struttura ospedaliera; le fratture del femore operate oltre 48 ore dal giorno di ammissione in ospedale; la percentuale di parti cesarei; la mortalità intraospedaliera dei dimessi con DRG a bassa mortalità; la mobilità passiva (indice di fughe). Per quanto riguarda l’apppropriatezza, gli indicatori individuati sono: il tasso di ospedalizzazione standardizzato per età, il peso medio dei rico- veri e il tasso di prestazioni ambulatoriali; la percentuale di pa- zienti classificati con DRG medici e, invece, dimessi dai reparti chirurgici. Infine per quanto riguarda la valutazione dell’efficien- za, l’indicatore che è stato individuato riguarda la degenza media pre-operatoria per interventi chirurgici programmati. Forti di una ricostruzione delle situazioni giudicate più a ri- schio sulla base di dati oggettivi analizzati con metodo scientifi- co, sarà possibile rivolgersi alle amministrazioni regionali re- sponsabili dell’organizzazione e dell’amministrazione della sani- tà, agli assessorati alla salute delle varie realtà territoriali, e chie- dere loro chiarimenti e una conseguente assunzione di respon- sabilità. L’importanza e la novità, non solo metodologica ma an- che culturale, di questo modo di procedere trovano una giustifi- cazione nella ferma volontà di affrontare il lavoro con rigore e distacco, operando scelte il più possibile oggettive che non sia- no dettate da un approccio ideologico che tende a favorire un’amministrazione amica e a danneggiare, o per lo meno ad in- fastidire, quella dove governa lo schieramento della parte avver- saria. Purtroppo spesso in passato è stato proprio questo il cri- terio e il ragionamento adottato dalla politica. 176 Ignazio R. Marino, Alessandra Cattoi Tale impostazione sottende anche un tono costituzionale. Infatti, è noto che l’istituto della Commissione di inchiesta divide da sempre la dottrina sulla sua funzione istituzionale. Secondo alcuni essa è, o dovrebbe essere, uno strumento a garanzia delle minoranze; secondo altri, per le sue modalità di costituzione e funzionamento, la Commissione di inchiesta non può che essere una leva nelle mani della maggio- ranza. La proposta avanzata, e approvata per l’attuale funziona- mento della Commissione, segna anche un punto di innovazio- ne in termini di aderenza allo spirito dell’articolo 82 della Costi- tuzione. Predeterminare le metodiche scientifiche con le quali interpretare il dato di realtà significa, infatti, affrancarsi dalla lo- gica delle appartenenze politiche, che rischia sempre di inquina- re qualsiasi attività di inchiesta, per fare dell’attività d’indagine uno strumento al servizio del Paese, ossia di quel pubblico inte- resse che l’articolo 82 evoca nel suo incipit e che ritengo debba rappresentare la stella polare della Commissione. 4.4. L’importanza della trasparenza e dei dati oggettivi L’introduzione nel nostro paese, a livello nazionale e non solo per iniziativa di singole regioni, di un sistema oggettivo di valu- tazione, risponderebbe a due esigenze: in primo luogo puntare ad una maggiore trasparenza e ad un miglior rapporto di fiducia con i cittadini e con i pazienti e in secondo luogo a mettere a di- sposizione di chi amministra il complesso e costoso mondo della sanità, uno strumento di lavoro utile a rendere efficiente il siste- ma nel suo complesso per garantire, sempre e in ogni territorio, la sostenibilità del SSN e il diritto a cure di standard elevato. Solo attraverso un sistema di controllo e di valutazione cor- retta, affidato a parametri scelti e condivisi, si potrà offrire alle persone una conoscenza trasparente dei risultati. Del resto la scelta del medico o dell’ospedale è un diritto riconosciuto che tuttavia può essere esercitato solo a ragion veduta, cioè quando la scelta possa essere compiuta sulla base di informazioni certe. Mi fido di te: dalla percezione alla valutazione oggettiva 177 Ma voglio aggiungere che una valutazione attendibile dei risul- tati e della qualità dei servizi dovrebbe andare anche nell’inte- resse degli stessi medici che potrebbero meglio analizzare il li- vello di competenza raggiunto, i punti critici, le strade per mi- gliorare. Il nostro paese gode di un importante vantaggio rispet- to, per esempio, agli Stati Uniti dove la competizione è fonda- mentalmente sinonimo di concorrenza di mercato. Il direttore generale di un ospedale americano, o meglio l’amministratore delegato dell’azienda-ospedale, è ben contento degli insuccessi delle strutture concorrenti perché la cattiva reputazione altrui non potrà che allontanare i pazienti che sceglieranno i suoi re- parti, ritenuti più affidabili. Al contrario, importare meccanismi di valutazione trasparenti in un sistema pubblico come quello italiano, può far nascere una sana competizione tra ospedali, Asl e sistemi sanitari regionali. Personalmente sostengo che non vi sia altra strada da percor- rere se non quella della valutazione, della verifica, dell’analisi oggettiva dei risultati e del riconoscimento del merito. Solo così si potranno raggiungere due importantissimi risultati: ritrovare o mantenere la fiducia dei cittadini nei confronti di uno dei beni più preziosi di cui godono, la sanità pubblica, e restituire pas- sione ed entusiasmo anche agli operatori sanitari da troppo tempo scoraggiati da un’amministrazione della sanità che tende ad escludere la meritocrazia per favorire le amicizie, le clientele, la vicinanza a questo o quel partito. ALLEGATO QUESTIONARIO PER LE INTERVISTE SEMI-STRUTTURATE ALLE REGIONI E PROVINCE AUTONOME Domanda introduttiva Che cosa è secondo Lei un “sistema di valutazione della per-0. formance in sanità”? (cosa intende per “valutazione”, cosa intende per “performance”) PARTE A. DESCRIZIONE DEL/I SISTEMA/I ADOTTATO/I 1. Quali sono gli strumenti formali e informali con cui misura- te/valutate la performance dei servizi sanitari? FARE ELENCO 2. Esiste un sistema principale di misurazione e/o valutazione della performance? 3. Degli strumenti formali/strutturati qual è o quali sono i due/ tre strumenti principali perché da lei ritenuti più critici e completi (che permettono una valutazione d’insieme) ai fi ni del governo del sistema sanitario regionale? 4. Facendo riferimento allo strumento principale oppure ai due o tre strumenti più utilizzati, Quali sono le unità valutate/ oggetto di misurazione? (asl,ao,zone, produttori anche privati, centri servizi, singoli professionisti…) 5. Quando tale(i) sistema(i) è(sono) stato(i) introdotto(i)? 6. Chi è il conduttore del/i processo/i di valutazione/misura- zione? (regione, agenzia sanitaria, ecc, dentro o fuori al sistema, quali relazioni con il sistema, la terzietà, ecc.) 180 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai 7. Sulla struttura del sistema principale o dei sistemi più utilizzati: (solo se esiste un sistema principale di misurazione/valuta-a. zione delle/a performance) Qual è lo schema di riferimento?A che modello si ispira(esempio BSC)? Quali sono le dimensioni analizzate ? (cosa si valuta?) b. [ef- ficienza-socio-sanitaria-clima interno-utenza-strategie regio- nali-stato di salute della popolazione…] Come sono stati selezionati gli indicatori?c. Come sono utilizzati questi indicatori? d. (Per misurare? Per monitorare? Per valutare?) Se gli indicatori vengono utilizzati per valutare, quali me-e. todi (esistono standard, obiettivi…) e quali scale sono uti- lizzate? Che attenzione è data al governo della spesa e dell’appro-f. priatezza farmaceutica? Che attenzione è data all’equità? g. (indicatori su gruppi di popolazioni fragili che tengono conto di istruzione/reddito/ bisogno sociosanitario) Vi è una relazione fra sostenibilità economica e risultati? h. (sono integrati? È sviluppata? Ci sono indicatori che guar- dano questo aspetto?) 8. Pensando al processo di gestione del sistema: Cadenze di aggiornamento 9. La comunicazione e pubblicizzazione dei dati del sistema di valutazione Modalità di feedback ai valutati (A chi vengono diffusi i a. risultati?) Quanto è conosciuto il sistema di valutazione dagli opera-b. tori? Se e cosa comunicate ai cittadini e con quali strumenti?c. d. e. 10. Gli strumenti utilizzati e precedentemente descritti sono in- tegrati? (soprattutto se non esiste un sistema unico) Questionario per le interviste semi-strutturate 181 Relativamente al sistema di incentivazione 11. Quale strumento utilizzate per l’assegnazione degli incentivi ai direttori generali? Esiste un collegamento con i sistemi di misurazione precedentemente indicati? Relativamente all’accreditamento 12. Esiste un collegamento fra il sistema di accreditamento ed il o i sistemi di misurazione ? PARTE B. VALUTAZIONE DEL SISTEMA ADOTTATO/STRUMENTI DI GOVERNO 13. Punti di forza e di debolezza degli strumenti attualmente in uso: Punti di forza Punti debolezza PARTE C. RAPPRESENTAZIONE DEL MODELLO IDEALE 14. Un sistema di valutazione della performance ideale dovrebbe: Valutare (chi): Oggetto/oggetti di analisi: 182 Sabina Nuti, Milena Vainieri, Francesco Niccolai Avere cadenza: Essere fatto da: Comunicazione/Diffusione 15. Quindi volendo riassumere quali potrebbero essere le 3 pa- role chiave per descrivere il sistema di valutazione ideale? Le PAROLE CHIAVE di un “buon Sistema di valutazione” 1. 2. 3. 16. Quale collegamento ideale fra sistema di valutazione e siste- ma di accreditamento? 17. È in corso un dibattito sull’opportunità di inserire dei siste- mi di valutazione ai vari livelli: aziendale/regionale/nazio- nale. Secondo lei è opportuna l’adozione di un sistema di valutazione della performance a livello nazionale? Se si quale ruolo dovrebbe avere? Quali le unità di analisi? 18. (Se sì alla precedente) quale relazione fra sistema di valuta- zione della performance a livello regionale e nazionale? BIBLIOGRAFIA Abernethy M.A. - Stoelwinder J.U. 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Inoltre, le curatrici del testo, Sabina Nuti e Milena Vainieri, desi- derano ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla ricerca1: Regione Basilicata Rocco Rosa, Direttore generale dipartimento salute sicurezza solidarietà sociale Raffaele Giordano, Responsabile ufficio risorse finanziarie e investimenti del sistema salute Rosa Tamburino, ufficio risorse finanziarie e investimenti del sistema salute Provincia Autonoma di Bolzano Florian Zerzer, Direttore generale Paolo Spolaore, Direttore ripartizione sanità 1 Si è fatto riferimento al ruolo investito alla data delle interviste e/o del workshop del 30-31 gennaio 2009. 192 Fiducia dei cittadini e valutazione della performance nella sanità italiana Carla Melani, Coordinatrice osservatorio epidemiologico Daniela Qualtieri, Ufficio economia sanitaria e referente della Balanced Scorecard Regione Campania Annarita Greco, Rappresentante Area 20 Anna Iervolino, Responsabile programmazione degli investi- menti Area 19 Rosanna Romano, Responsabile fasce socio sanitaria partico- larmente deboli Area 20 Regione Friuli Venezia Giulia Vladimir Kosic, Assessore alla salute e protezione sociale Giorgio Simon, Responsabile governo clinico Agenzia Regio- nale Sanità Regione Liguria Franco Bonanni, Direttore Agenzia Regionale Sanitaria Francesco Copello, Direttore sanitario azienda ospedaliera universitaria ospedale San Martino Laura Lassalaz, Dirigente settore programmazione economi- co-finanziaria e controllo Marco Russo, Settore programmazione economico-finanzia- ria e controllo Regione Lombardia Luciano Bresciani, Assessore alla sanità Michele Tringali, Referente regionale del progetto HTA – di- rezione Generale Sanità. Regione Marche Carmine Ruta, Dirigente servizio salute Regione Piemonte Vittorio De Micheli, Direttore generale direzione Regionale Sanità Ugo Sturlese, Coordinatore gruppo tecnostrutture assistenza specialistica, ospedaliera e ambulatoriale assessorato sanità Ringraziamenti 193 Franco Bottasso, Responsabile area funzionale sovrazonale Gabriella Viberti, Coordinatrice della struttura distretto e consulente dell’ARES Regione Puglia Nicola Messina, Direttore generale dell’assessorato alla sanità Regione Sardegna Nerina Dirindin, Assessore alla sanità Regione Sicilia Massimo Russo, Assessore regionale per la Sanità Guido Monastra, Ufficio stampa della presidenza della Re- gione Sicilia Giada Li Calzi, Ufficio di gabinetto Paolo Cantaro, Direttore sanitario azienda ospedaliera “Vit- torio Emanuele” di Catania Regione Toscana Enrico Rossi, Assessore al diritto alla salute Mario Romeri, Responsabile coordinamento tecnico commis- sione salute della conferenza regioni e province autonome Aldo Ancona, Responsabile settore federalismo fiscale Loredano Giorni, Responsabile settore farmaceutica Maria Giuseppina Cabras, Responsabile settore assicurazione qualità Carla Donati, Responsabile settore finanza Provincia Autonoma di Trento Remo Andreolli, Assessore alle politiche per la salute Franco Debiasi, Direttore generale APSS Andrea Segatta, Dirigente generale dipartimento politiche sa- nitarie Luciano Pontalti, Dirigente del servizio di organizzazione e qualità delle attività sanitarie Guido Baldessarelli, Responsabile servizio economia e pro- grammazione sanitaria 194 Fiducia dei cittadini e valutazione della performance nella sanità italiana Giulio Panizza, Servizio economia e programmazione sanita- ria Regione Umbria Paolo Di Loreto, Direttore generale direzione generale sanità e servizi sociali Giuliangela Proietti Bocchini, Sezione raccordo per le attività trasversali della direzione Paola Casucci, Dirigente sistema informativo Regione Veneto Giampietro Rupolo, Responsabile della direzione piani pro- grammi socio-sanitari Franco Toniolo, Direttore centro formazione socio-sanitaria Guido Rasi, Direttore generale AIFA Luigi Frati, Rettore Università La Sapienza di Roma Francesco Ripa di Meana, Presidente Fiaso e Direttore Ge- nerale AUSL BO Teresa Petrangolini, Segretario generale Cittadinanza Attiva Francesca Frigo, cittadina-utente Lucia Salutini, Responsabile U.O.assistenza infermieristica territoriale zona pisana Giorgio Casati, consulente presso l’Agenzia Sanitaria Regio- nale – Regione Abruzzo Margherita Giannoni, Dipartimento di economia finanza e statistica Università degli studi di Perugia Infine un ringraziamento particolare alla Fondazione Lilly che ha permesso di realizzare questo progetto e pubblicare il volume.