37 SABINA NUTI E SARA BARSANTI L’INTEGRAZIONE SOCIO SANITARIA: STRUMENTI PER LA PROGRAMMAZIONE E LA VALUTAZIONE DELLE ZONE-DISTRETTO DEL SISTEMA SANITARIO TOSCANO 1. Introduzione Le mutate condizioni demografiche e economiche, il numero crescente e la varietà dei portatori di interessi coinvolti, di gestori e di istituzioni hanno determinato un aumento del grado di complessità dei sistemi socio- sanitari. La gestione di processi di erogazione dei servizi sociosanitari nei sistemi pubblici richiede sempre più l’adozione di logiche di tipo manageriale con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, la qualità e l’appropriatezza dei servizi stessi. Meccanismi cardine della gestione di tali servizi sono la pianificazione, la programmazione e la verifica ex post dei risultati tramite strumenti di valuta- zione. La Regione Toscana in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa hanno intrapreso un percorso complesso con l’obiettivo di progettare e implementare un sistema di governance integrato a supporto della programmazione e la valutazione dei servizi sociosanitari a livello di zona-distretto, di azienda e per il sistema socio- sanitario nel suo complesso, da condividere con tutti i portatori di interesse, ossia i professionisti in primo luogo, ma anche amministratori, manager, personale e cittadini. Obiettivo di questo capitolo è presentare le modalità con cui questo percorso si è realizzato fino ad oggi e i primi risultati raggiunti. Punto di partenza del capitolo è l’analisi degli strumenti a supporto della programmazione che le Società della Salute della Toscana hanno utilizzato negli ultimi anni, con particolare riguardo ai Piani Integrati di Salute. Il capitolo procede poi, con i paragrafi quarto, quinto e sesto, con l’illustrazione di un possibile nuovo 38 sistema di supporto alla programmazione e alla valutazione dei risultati, il linea sia con il sistema di valutazione della performance della sanità toscana adottato dalle aziende, sia con i fabbisogni di governance locali secondo la logica dell’integrazione socio-sanitaria. Infine nell’ultimo para- grafo si presenta, in via sperimentale, la costruzione di uno strumento di governance grazie al quale è possibile, considerando sia l’evoluzione dei fenomeni, sia la loro criticità nel confronto con le altre realtà zonali a livello regionale, evidenziare quelle che sono le priorità di intervento e i bisogni di salute. 2. Il fabbisogno di governance integrata dei sistemi socio sanitari È ormai condiviso che, per migliorare la salute ed il benessere dei cittadini, sia necessario, nei sistemi pubblici universalistici, offrire l’accesso e l’erogazione dei servizi garantendo un approccio socio integrato sanitario. È infatti dimostrato che le determinanti della salute sono fortemente influenzate dai comportamenti adottati e dagli stili di vita e che questi, a loro volta, sono in buona misura dipendenti dal livello socio-culturale [Marmot e Wilkinson 2003]. In termini di sostenibilità del sistema stesso inoltre è assai più proficuo lavorare sugli aspetti sociali e di prevenzione che sulla fase «acuta»della malattia [Starfield, Makinto e Shi 2005]. Malgrado vi siano evidenze scientifiche certe su questo aspetto, le politiche sanitarie adottate dai governi regionali e nazionali ne tengono conto a fatica. Molti piani sanitari nazionali e regionali nella fase introduttiva dichiarano, tra i principi ispiratori dell’azione programmata, di voler perseguire il benessere socio-sanitario della persona, inteso non solo come stato di assenza di patologie ma come realizzazione equilibrata dell’individuo, in un contesto attento a tutti i fattori che possono influire sulla salute, anche di carattere non sanitario. Nonostante tali dichiarazioni, nei fatti e negli obiettivi specifici, sono pochi 39 i sistemi che riescono effettivamente a coniugare la dimensione sociale con quella sanitaria e che sono capaci di orientare sistematicamente l’azione dei soggetti che operano nel sistema verso l’integrazione dei due aspetti per farne un unico, potente riferimento dei comportamenti adottati e delle attività svolte. Questa problematica è particolarmente presente in Italia anche a causa del diverso assetto istituzionale e della distribuzione delle competenze agli enti locali. Benché infatti il bisogno sociale tenda a sovrapporsi spesso al bisogno sanitario, che gli utenti in situazione di necessità in termini sociali siano anche affetti da patologie croniche più o meno critiche e che quindi gli interventi richiesti su entrambi i fronti siano destinati agli stessi utenti, in molti contesti regionali le competenze sono rimaste distinte ai diversi livelli [Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 2005]. Lo sviluppo del sistema di welfare italiano, infatti, ha storicamente privilegiato una corrispondenza diretta tra bisogno – o gruppi di bisogni – e titolarità della funzione pubblica preposta, allo scopo di favorire una divisione di ruolo tra diversi enti assistenziali, nonché una progressiva specializzazione delle risposte. Così mentre agli enti territoriali competono normalmente diversi servizi pubblici locali (tra cui l’assistenza sociale), agli enti sanitari l’assistenza medica, agli enti previdenziali altri servizi ancora. Questo modello basato su una correlazione univoca tra bisogni e funzioni ha comportato nel tempo lo sviluppo di normative ad-hoc, flussi di finanziamento indipendenti, modalità di erogazione dei servizi eterogenee. Nel frattempo però i bisogni socio-sanitari dei cittadini si sono evoluti per effetto di diverse determinanti – invecchiamento, comportamenti e stili di vita, innovazione tecnologica, ecc., – con crescenti sovrapposizioni che rischiano di mettere sempre più in crisi una divisione rigida dei ruoli nelle fasi di programmazione, organiz- zazione e gestione di singoli servizi assistenziali. Molte Regioni, compresa la Toscana, suddividono 40 ancora le competenze su due distinti assessorati1 e, a livello comunale, permane una grande varietà di soluzioni tra chi eroga direttamente i servizi sociali, chi li delega alle aziende sanitarie locali e chi infine affida la funzione a soggetti terzi, consorzi o cooperative. Malgrado il frastagliamento delle soluzioni istituzionali ed organizzative permane il grande fabbisogno a tutti i livelli di una sistema di governance integrato che permetta di valutare le azioni intraprese in termini congiunti. In ambito sanitario è assai comune intraprendere iniziative adottando un approccio «medio», che non considera il punto di partenza e le condizioni socio- economiche degli utenti. Così i piani sanitari si esprimono con obiettivi tendenziali costruiti sulla media della popolazione. In questi termini si prevede per esempio di aumentare il numero di donne primipare che partecipano al corso di preparazione alla nascita o il numero di pazienti affetti da patologie croniche che più efficacemente possono essere curati a casa rispetto al ricovero ospedaliero. Questi obiettivi non sono declinati per tipologia di utenza, ossia differenziati per esempio nel primo caso esposto, in base al livello di scolarizzazione delle madri. Eppure la differenza di risultato è sostanziale. In Toscana ad esempio emerge da un’indagine realizzata alle madri primipare nel 2005 [Nuti e Barsanti 2006] e ripetuta nel 2007, che la Regione complessivamente riesce ad ottenere una percentuale di partecipazione al corso di preparazione alla nascita pari al 70 % delle primipare, ma purtroppo questa percentuale è assai diversa se il dato viene calcolato in base al grado di scolarizzazione (fig. 1). Una mamma con un basso livello di scolarizzazione ha molto probabilmente problemi anche di natura sociale e maggiori difficoltà di accesso ai servizi. In futuro il suo bambino potrebbe avere maggiori rischi in termini di patologie e carenze alimentari con effetti negativi sugli 1 In Toscana, infatti, vi sono due assessorati separati, uno per le politiche sociali e uno per il diritto alla salute, pur avendo un’unica direzione denominata «Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà». 41 outcome di salute, ma anche in termini di costi da sostenere da parte del soggetto pubblico. FIG. 1 Distribuzione delle madri per titolo di studio per la frequenza al corso di preparazione alla nascita, anno 2005 Ma come orientare allora l’azione degli operatori in modo integrato? Come dotarsi di un sistema di governance capace di guidare l’azione in questi termini? La Regione Toscana ha già intuito la necessità di tornare a far convergere i diversi interessi istituzionali, in particolare per quanto riguarda l’assistenza socio-sanitaria, avviando la sperimentazione delle Società della Salute in via di consolidamento definitivo mediante un’ulteriore Legge Regionale, oggi in corso di approvazione. Nel nuovo scenario in divenire per gli Enti locali diventa dunque fondamentale poter interpretare le evoluzioni in corso, in particolare quelle concernenti il Servizio Sanitario Regionale, allo scopo di individuare sinergie istituzionali, nuove modalità di integrazione socio-sanitaria, utili a soddisfare la domanda dei cittadini garantendo al contempo un uso ottimale delle risorse pubbliche. Come in altri contesti regionali, la sfida per il futuro risiede infatti nello sviluppo di un sistema di governance 42 inter-istituzionale, in grado di far dialogare gli Enti locali, gli Enti sanitari ed assistenziali, terzo settore compreso. Con tale approccio il Piano Sanitario Regionale 2008-2010, approvato nel mese di luglio 2008, identifica la «sanità di iniziativa» quale strategia di risposta ai principali bisogni a valenza territoriale. I cardini di questa strategia sono: – la cure delle malattie croniche dal punto di vista dei profili di rischio dei cittadini, dei bisogni socio-sanitari ambulatoriali, domiciliari e residenziali, nonché dell’appro-priatezza dei consumi; – la risposta al bisogno sanitario urgente e continuità assistenziale territoriale; – la tutela delle categorie svantaggiate, persone fragili, non autosufficienti, a bassa scolarizzazione; – la promozione della salute, in termini sia di abitudini alimentari, che di stili di vita ed attività fisica. – Per «sanità d’iniziativa», quindi, si intende un modello di sanità che non attende che il cittadino arrivi ai servizi, ma capace di orientare l’attività verso chi «meno sa e meno può» e che per questo si trova a rischio continuo di caduta assistenziale e persino di non espressione del bisogno. – In questo senso è proposta l’adozione di modelli d’intervento che superino il rischio di una distribuzione di «parti uguali tra disuguali» a favore di un approccio proattivo capace di fornire servizi diversi in base al bisogno. Nel caso precedentemente accennato si tratta di organizzare interventi specifici: le donne con bassa scolarizzazione che non partecipano al corso vanno cercate al loro domicilio con un servizio personalizzato. L’utenza in cui il bisogno sanitario si sovrappone al bisogno sociale rappresenta il primo «target» del servizio pubblico, quello che, se non soddisfatto o addirittura evitato e omesso dall’agenda di lavoro, denuncia il fallimento della missione della funzione pubblica del servizio stesso. Questo tipo di approccio integrato per l’erogazione di servizi sociosanitari capaci di garantire una risposta adeguata, necessita di un sistema di governance multi- 43 dimensionale e coerente [Bernhart, Gunsch, Promberger e Tragust 2006], che sia in primo luogo strumento di comunicazione e linguaggio comune dei soggetti coinvolti nel governo e nella gestione dei servizi socio sanitari. Questo sistema di governance, oltre all’integrazione della componente sociale con quella sanitaria, deve garantire altri due aspetti essenziali: − il collegamento sistematico tra programmazione e valutazione dei risultati. La pubblica amministrazione in Italia, soprattutto nel contesto dei servizi di pubblica utilità, è particolarmente ricca di esempi di pianificazione e programmazione delle attività, ma assai carente in termini di verifica dei risultati conseguiti. L’orientamento alla programmazione è talmente forte che in molti contesti è frequente ripartire con un nuovo ciclo di programmazione delle azioni senza aver considerato alcun dato di verifica dell’andamento del ciclo precedente. L’enfasi infatti si focalizza molto di più sul processo politico di condivisione delle azioni programmate che sul giudizio dell’efficacia delle scelte adottate in passato e sulle relative responsabilità. − La coerenza tra i diversi livelli di programmazione e di valutazione dei risultati tra i soggetti del sistema. Regione, Aziende, Comuni e in Toscana Società della Salute devono ritrovarsi negli specifici ambiti di responsabilità in un sistema di governance che in parte è comune ed in parte si articola in base alle specificità della realtà locale. Considerando il Piano Sanitario regionale le priorità strategiche di azione devono ritrovarsi anche a livello locale, pur con le dovute specificità. 3. La prospettiva della programmazione delle Zone- Distretto I distretti socio-sanitari da sempre rappresentano all’interno del sistema sanitario italiano, il livello più basso in cui collocare l’integrazione di base tra offerta sociale e offerta sanitaria. Secondo la legge Regionale 40 in Toscana 44 tra le responsabilità che competono alle zone distretto si elencano: − la valutazione dei bisogni sanitari e sociali della comunità e la definizione delle caratteristiche qualitative e quantitative dei servizi necessari a soddisfare i bisogni assistenziali della popolazione di riferimento; − la garanzia dell’integrazione operativa delle attività sanitarie e sociali svolte a livello territoriale dall’azienda sanitaria e dai comuni, nonché la loro interrelazione con le politiche di governo del territorio. − Nonostante tali premesse, l’integrazione appare ancora realizzata con difficoltà. − Il modello proposto dalla Regione Toscana delle Società della Salute (SdS) costituisce in questo contesto un’innovazione organizzativa e gestionale. − Le Società della Salute possono definirsi organismi misti che assumono la veste giuridica di «consorzi pubblici», che vedono coinvolti principalmente ASL ed Enti locali nelle funzioni di: − controllo e orientamento della domanda di salute a livello territoriale; − programmazione e - a regime - anche gestione dell’insieme dei servizi sanitari,socio-sanitari e socio- assistenziali nell’ambito territoriale di riferimento2; − integrazione in rete dei servizi, tra sanitario e sociale, tra sanitario e sanitario - ospedale-territorio, tra socio-sanitario e funzioni sociali pubbliche -istruzione, ambiente, sviluppo economico -; − committenza, negoziando e finanziando volumi e mix di attività. − L’integrazione rappresenta la prima sfida che le SdS si trovano ad affrontare. Se il principio fondante la 2 Occorre fare una distinzione tra programmazione e pianificazione sociale. Il termine pianificazione designa l’intero processo concettuale ed operativo che parte dall’individuazione del problema, determina gli obiettivi e controlla i risultati. La programmazione, invece, è la fase del piano che consiste nel tradurre in programmi specifici, dopo la loro formulazione, i principi generali e le linee politiche generali [Falbo 2002]. 45 logica dell’integrazione è il concetto di salute globale, intesa non solo come assenza di malattia ma come benessere complessivo, per le SdS diventano rilevanti le politiche integrate socio-sanitarie ma anche quelle relative all’istruzione, alla tutela dell’ambiente, al traffico e viabilità, all’agricoltura. Rientra per esempio, tra le politiche perseguibili, la scelta di dotare le mense scolastiche pubbliche di soli prodotti da agricoltura biologica al fine di favorire una corretta alimentazione, e più in generale possibili interventi sugli stili di vita dei bambini. Anche la decisione di dotare un incrocio trafficato di una rotatoria piuttosto di un semaforo, al fine di diminuire la concentrazione nell’aria di sostanze inquinanti e di incidenti stradali è una scelta che le SdS sono chiamate ad assumere. La pianificazione socio-sanitaria, infatti, non si può fermare a programmi ristretti relativi solo ai contesti sociali, ma occorre guardare oltre qualsiasi aspetto che abbia ripercussioni significative di carattere sociale anche relativi alla pianificazione urbanistica [Falbo 2002]. Conseguente a tale approccio integrato la sfida per le SdS è di prendersi in carico il governo della domanda e delle sue determinanti. Le SdS, infatti, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, delle parti sociali e del terzo settore, devono essere in grado di studiare ed identificare i bisogni della popolazione di riferimento e successivamente orientare la programmazione dell’offerta socio-sanitaria in maniera coerente ed equa. In particolare i comuni non assumono solo la funzione di programmazione e controllo, ma compartecipano ad un governo comune del territorio finalizzato al miglioramento della salute, grazie appunto all’integrazione. La SdS è progettata quindi sul principio della centralità del cittadino e su un approccio alla domanda di salute multidimensionale e, di conseguenza, multidisciplinare. Lo strumento cardine dell’intero processo di pianificazione integrata è costituito dal Piano Integrato di Salute (PIS): esso rappresenta il fulcro centrale delle politiche sociali e sanitarie e delle loro connessioni con 46 quelle relative agli altri settori, in particolar modo con il settore ambiente, il settore dell’istruzione e gli altri settori che hanno una influenza sulla salute. Deve essere adottato da tutte le SdS ed in alcuni casi è stato adottato anche da zone-distretto in cui non si erano costituite SdS. A regime il PIS sostituirà da un lato il piano operativo di zona ed il piano sociale di zona, dall’altro la parte sociosanitaria del piano attuativo locale del distretto. Già il Piano Sanitario Regionale 2002-2004 propone per la stesura del PIS il coinvolgimento di tutti gli attori che possono influire sul sistema per migliorare la salute dei cittadini: sanità, enti locali, componenti della società civile, gli stessi cittadini. Con il Piano Integrato di Salute le comunità locali governano la salute collettiva e le sue determinanti anche non sanitarie e interagiscono col sistema dei servizi, avendo cura che il complesso dei servizi sanitari e socio- sanitari interagisca con quello dei servizi socio-assistenziali. È attraverso il PIS che devono essere elaborati quei programmi «globali» di miglioramento della salute. La realizzazione del PIS implica il compimento delle fasi tipiche costituenti il processo di program- mazione, ovvero: − la definizione degli obiettivi da perseguire, tramite la conoscenza imprescindibile della realtà del territorio, delle risorse che offre e dei bisogni che occorre soddisfare; − la costruzione dei progetti, tramite l’integrazione delle competenze, delle risorse e delle valutazioni; − l’attuazione degli interventi previsti dalle azioni progettate; − la valutazione dei risultati, tramite strumenti specifici. − Secondo le linee guida della Regione Toscana [Delibera N .682 del 12-07-2004], il processo di costru- zione dei PIS prevede i seguenti step: − Individuazione dei problemi, bisogni, opportunità; − Scelta delle priorità; − Definizione delle azioni; − Stesura dei progetti. Il PIS risulta composto da due diverse parti: il Profilo 47 di Salute e l’Immagine di Salute. Il Profilo di Salute ha lo scopo principale di predisporre una fotografia della salute, nei suoi termini più ampi, della popolazione di riferimento. Esso raccoglie e ordina i dati demografici, sanitari, sociali, ambientali disponibili a livello di zona ed è propedeutico all’Immagine di Salute; rappresenta quindi un documento tecnico ed un archivio integrato di informazioni e dati. L’ Immagine di Salute, invece, attraverso il Profilo di Salute, ha lo scopo di far emergere quelle che sono le principali problematiche relative alla salute attraverso una lettura critica del Profilo stesso, e delineare le azione prioritarie da mettere in campo per il superamento delle criticità ed il miglioramento della salute della popolazione. Essa quindi rappresenta un quadro sintetico e connotato dei problemi e delle opportunità che caratterizzano le condizioni sociali, sanitarie ed ambientali del territorio e della popolazione e che la comunità riconosce come pertinenti al proprio stato di salute e si connota come lo strumento cardine per la scelta delle priorità in base a criteri di selezione. 4. L’analisi dei Piani Integrati di Salute Al fine di analizzare come le diverse SdS nella fase di sperimentazione hanno stilato i propri PIS, la Regione Toscana ha affidato al Laboratorio MeS il compito di analizzare i PIS che entro luglio 2007 erano stati approvati dalla Regione con l’obiettivo di valutare il loro grado di omogeneità e la possibilità di analisi di tipo comparativo3 [Relazione Sociale Regione Toscana 2007]. 3Tale ricerca è stata condotta in collaborazione con la Fondazione Zancan. Responsabile scientifico del progetto prof. Emanuele Rossi, coordinatore Massimo Campedelli. I risultati completi del progetto sono in fase di pubblicazione. Per l’elaborazione di questi primi risultati, a cui hanno partecipato le autrici di questo capitolo, si ringrazia inoltre la dott.ssa Carmen Calabrese per l’attento lavoro svolto di raccolta dati e di analisi. 48 In generale i PIS sono risultati assai disomogenei nelle struttura: alcuni, infatti, si sono concentrati sulla sola parte sociale, altri invece su quella sanitaria, altri ancora sono risultati un elenco delle azioni e progetti che l’Azienda e la zona-distretto avrebbero messo in atto nell’anno di riferimento, pochi infine hanno cercato di integrare le diverse parti e funzioni. L’analisi si è focalizzata in particolar modo sui Profili di Salute: se essi devono infatti evidenziare lo stato di salute della popolazione, dovranno contenere informazioni non solo di tipo qualitativo, ma anche e soprattutto di tipo quantitativo al fine di poter permettere una lettura oggettiva della salute della popolazione e possibilmente comparabile. Lo studio, quindi, si è concentrato sulla lettura degli indicatori utilizzati nei Profili di Salute delle diverse SdS. Sono stati analizzati in totale 17 Profili di Salute pervenuti in Regione Toscana entro luglio 2007. In particolare la tabella seguente mostra i dettagli dei Profili di salute oggetto della ricerca secondo la durata - dove specificato del Profilo di salute, altrimenti dell’intero PIS - e le SdS di riferimento. In particolare, l’analisi dei diversi Profili di Salute si è articolata i tre diverse fasi: − elenco per ogni Profilo di Salute gli indicatori utilizzati; − analisi del livello di uniformità nell’utilizzo degli indicatori stessi attraverso la verifica di quanti indicatori erano stati riportati nei diversi Profili di Salute; − analisi di eventuali scostamenti tra le SdS nell’utilizzo degli stessi anche all’interno di aree tematiche simili. In generale il numero di indicatori utilizzati varia da un minimo di 6 ad un massimo di 240 indicatori complessivi. Già da questa prima considerazione risulta evidente che le SdS hanno percepito in maniera assai differente il ruolo dei Profili di Salute e più in generale dei PIS. Gli aspetti ed i temi trattati dai diversi Profili di Salute si possono distinguere in due parti: la prima parte riguarda la salute della popolazione e le sue determinanti; la seconda parte, invece, riguarda la salute e l’ offerta di 49 servizi socio-sanitari per alcuni gruppi di popolazione, in genere quelli elencati dal nomenclatore sociale. Zona distretto/Società della Salute Anno Profilo di Salute/Piano Integrato di Salute Arezzo Profilo 2007 Casentino PIS 2005-2007 Alta Val di Cecina PIS 2006-2008 Colline Metallifere PIS 2006-2008 Empoli Profilo 2007 Fiorentina PIS 2005-2007 Firenze N-O PIS 2005-2007 Firenze S-E PIS 2005 Livornese Profilo aggiornamento 2007 Mugello PIS 2005-2007 Pisana PIS 2005 Pratese4 Profilo 2005 Val Di Cornia Profilo aggiornamento 2005 Valdarno Inferiore Profilo 2007 Valdera PIS 2006-2007 Valdichiana Senese PIS 2006-2008 Valdinievole PIS 2007-2009 TAB. 1. I Profili di Salute analizzati Gli aspetti analizzati possono quindi essere così elencati: − lo stato di salute della popolazione; − il quadro ambientale della zona di riferimento (comprese le area di prestigio naturalistico): − gli stili di vita; − il quadro socio-economico; 4 La zona distretto Pratese pur non essendo costituita in SdS, ha redatto il PIS. 50 − il quadro demografico; − la prevenzione; − le associazioni di volontariato; − la salute e l’offerta di servizi per:  anziani;  minori e famiglie;  immigrati;  disabilità;  salute mentale;  malattie professionale/incidenti. I set di indicatori che sono stati utilizzati per la lettura dello stato di salute della popolazione sono risultati assai disomogenei: circa l’87% degli indicatori totali, infatti, sono stati utilizzati in un solo Profilo di Salute. Di circa 1197 indicatori totali riportati, solo 3 sono risultati essere presenti in almeno 12 profili di salute. FIG. 2. La condivisione degli indicatori nei Profili di Salute, 2007 Ovviamente il maggior numero di indicatori utilizzati riguarda lo stato di salute della popolazione, seguito dal quadro ambientale, dagli stili di vita e dal quadro socio- economico. 170 111 23 15 3 875 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1 2 3-5 5-8 9-12 oltre 12 frequenza di utilizzo dello stesso indicatore nei Profili di Salute n . in di ca to ri 51 FIG. 3. Distribuzione degli indicatori per aspetti analizzati nei Profili di Salute, 2007 Tale grado di disomogeneità nella scelta degli indicatori non può essere giustificata solo dalle specificità locali dei diversi territori. Una zona con una popolazione anziana rispetto ad una con una popolazione più giovane utilizza indicatori parzialmente differenti per delineare il Profilo di Salute. In realtà molti degli indicatori utilizzati sono simili, anche se calcolati con dettagli diversi: ad esempio l’indicatore relativo alla percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza è stato calcolato per alcune zone solo per le immigrate, per altre sul totale della popolazione femminile, per altre ancora sul totale dei parti. Dall’analisi svolta si evince quindi che le linee guida emanate dalla Regione per l’individuazione dei contenuti dei PIS non sono state sufficienti a garantire un adeguato grado di omogeneizzazione tra gli stessi: ciò non ha consentito una lettura critica degli stessi tramite una loro valutazione a confronto, capace di evidenziare eventuali criticità e best practice. 308 131 127 122 89 80 74 72 50 49 47 27 21 0 50 100 150 200 250 300 350 Sta to di Sa lut e Qua dro am bie nta le Sti li d i v ita Qua dro so cio - ec on om ico Di sa bil ità e s alu te m en tal e Qua dro dem og ra fic o An zia ni Ma lat tie pro fes sio na li / inc ide nti Ist ru zio ne Pre ve nz ion e Im m igr ati Mi no ri As so cia zio ni vo lon tar iat o aspetti esaminati n . in di ca to ri 52 5. I fabbisogni di convergenza e specificità: gli indicatori proposti per i Profili di Salute dei PIS Quale strumento di governance integrata il PIS dovrebbe essere in grado di evidenziare agli operatori e ai professionisti sanitari le priorità di salute della propria popolazione per orientare la programmazione. Solo seguendo tale iter, l’offerta può essere la risposta alla domanda, diretta o indiretta, di servizi, senza generare inappropriatezza. Se la presa in carico dei problemi socio-sanitari deve partire dall’analisi dei bisogni della persona e della famiglia e non dal sistema di offerta [Vecchiato T. 2000], diventa strategico, sia per i servizi sociali che per quelli sanitari, l’adozione di strumenti di analisi ed interpretazione dei bisogni espressi e inespressi della popolazione che supportino il processo di pianificazione e successivamente di valutazione dei risultati. Per riconoscere i bisogni prioritari è fondamentale che ogni zona possa contare su un set di indicatori forniti dalla Regione stessa in cui i principali elementi attraverso cui leggere la salute dei cittadini e i bisogni sottesi siano presentati, in prospettiva storica, in benchmarking con le altre zone. Nella fase di sperimentazione delle SdS infatti l’eterogeneità degli indicatori utilizzati nella predisposizione dei Profili di Salute analizzati ha impedito di far emergere gli ambiti di criticità specifici di ogni zona. Questi infatti si riconoscono solo quando, negli indicatori che misurano il fenomeno a cui si riferiscono, si registra un trend in peggioramento e una situazione differenziale rispetto alle altre zone. Questi due fattori congiuntamente, trend e confronto, sono capaci di segnalare la criticità del fenomeno e la necessità di ipotizzare azioni di miglio- ramento da inserire nella programmazione. Se a questi criteri di selezione delle criticità non viene fatto riferi- mento, il rischio è la autoreferenzialità. La scelta delle priorità di intervento da inserire nella programmazione allora non si basa sulle evidenze, ossia sui problemi che 53 risultano di maggiore rilevanza perché più severi rispetto alle altre zone regionali e anche in trend negativo, bensì sulla sensibilità personale dei decisori. La richiesta di potersi dotare di strumenti più trasparenti ed oggettivi da parte delle SdS ha fatto nascere l’esigenza di poter contare su un set di indicatori comuni per tutte le zone toscane, forniti dalla Regione (Labo- ratorio Mes e Agenzia Regionale Sanità Toscana) per supportare i processi di programmazione e valutazione dei risultati. Il set di indicatori così individuato dovrà far parte dei Profili di Salute predisposti dalle zone e degli strumenti di valutazione. Ogni SdS inoltre, in base alle specificità del suo territorio, potrà ampliare il set di indicatori con propri parametri significativi per monitorare problematiche locali. Tra gli indicatori forniti alle zone dalla Regione non potranno chiaramente mancare quelli che sono già da qualche anno adottati per misurare la performance delle aziende sanitarie per quanto concerne i risultati conseguiti sul territorio [Report 2006, 20075]. Con queste premesse il gruppo di ricerca del Laboratorio MeS, in collaborazione con il settore delle Politiche Sociali della Regione Toscana, l’Osservatorio Sociale Regionale e l’Agenzia Sanitaria Regionale, ha iniziato dal dicembre 2007 una stretta collaborazione al fine di individuare degli indicatori di sintesi di supporto alla predisposizione dei PIS. Varie sono state le criticità incontrate in tale ricerca nell’individuazione degli indicatori riguardanti la parte sociale. Innanzitutto per i servizi sociali manca ancora una precisa definizione e classificazione delle «patologie» e delle prestazioni ad esse collegate: se infatti sul versante sanitario il bisogno è certamente espresso dalla presenza di una certa patologia o malattia, curabile in maniera 5 Il sistema di valutazione della performance delle Aziende Sanitarie toscane è anche consultabile su internet al seguente indirizzo: www.valutazionesanitatoscana.sssup.it . 54 sostanzialmente standardizzata – ad esempio le linee guida – sul versante sociale si fa riferimento ad una situazione di fragilità che spesso non è facilmente connotabile formal- mente e gli interventi che ne seguono sono poco standar- dizzabili e necessitano di una pluralità di soggetti assistenziali, tra cui la famiglia stessa ad esempio. Il sistema di welfare riconosce a tutta la popolazione la garanzia di alcuni diritti essenziali: i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ed i Livelli Essenziali per le Prestazioni Sociali (LIVEAS) rappresentano la specifica traduzione, per i rispettivi ambiti, delle garanzie del cittadino, ovvero dei diritti sociali da questi esigibili. Se sul versante sanitario tali diritti sono esplicitamente definiti attraverso i LEA, su quello sociale, invece, i LIVEAS sono ancora in fase di determinazione e di definizione da parte del Governo [Casagrande e Marceca 2006]. Una doverosa articolazione e definizione dei LIVEAS risulta però di particolare importanza nell‘individuazione di possibili indicatori e/o standard sociali [Santolamazza e Bisio 2003]. Inoltre le situazioni di fragilità spesso sono connotate sia da un bisogno sanitario, ad esempio la presenza di una malattia cronica, sia da un bisogno sociale, ad esempio la non autosufficienza. Un’altra criticità è rappresentata dalla mancanza di flussi informativi sociali, anche a livello nazionale, e di dati da cui poter attingere per estrarre le informazioni, criticità che la Regione Toscana sta affrontando anche grazie alla realizzazione di un Osservatorio Regionale Sociale che possa mettere in rete i diversi Osservatori Sociali Provinciali. Le informazioni ed i dati relativi non mancano, ma è necessaria una omogeneizzazione e, in alcuni casi, standardizzazione dei dati in modo da poter confrontare le diverse informazioni. La disponibilità, infatti, continua e sistemica di informazioni affidabili rappresenta un elemento strategico per poter effettuare la programma- zione, la gestione e infine la valutazione dei servizi sociosanitari. Il set di indicatori comuni per tutte le zone forniti della Regione Toscana sono classificabili nelle seguenti sezioni: 55 − profilo demografico, che comprende indicatori relativi alla composizione della popolazione, quali indici di vecchiaia e dipendenza ad esempio, e indicatori di tipo sociale ed economico; − determinanti di salute, che comprende indicatori generali che hanno una influenza sulla salute secondo la visione dei determinanti sociali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità [OMS 2008]; in particolare tale area è divisa in 6 sotto sezioni, rappresentanti ciascuna una classe di determinanti:  ambiente fisico ed inquinamento;  ambiente socio-economico;  stili di vita;  condizioni abitative;  condizione lavorativa;  famiglie e reti sociali; − stato di salute della popolazione, che comprende indicatori generali sullo stato di salute della popolazione. È diviso in sei sotto sezioni:  mortalità;  ospedalizzazione;  focus su malattie croniche;  morbilità: malattie infettive e psichiche, trauma- tismi, invalidità;  equità; − governo della domanda e qualità dell'offerta sanitaria e sociale, che comprende indicatori generali sul governo della domanda e sulla qualità dell'offerta dei servizi sociali e sanitari: esempi sono la prevenzione, riabilitazione, servizi educativi e domiciliari; − il punto di vista dell'utente, che comprende indicatori generali sulla soddisfazione degli utenti rispetto ai servizi offerti dal sistema. Tutte le aree sono rappresentate attraverso indicatori calcolati avendo come riferimento l’intera popolazione; particolari gruppi di utenza, quali popolazione totale (multiutenza), anziani, famiglie e minori, immigrati, disabilità, povertà e disagio adulti, dipendenze, salute mentale, saranno calcolati indicatori più specifici con 56 riguardo al profilo demografico, allo stato di salute e al governo della domanda e qualità dell’offerta. 3. La valutazione dei risultati: il sistema adottato dalla sanità toscana e gli ambiti rilevanti per le zone distretto Il sistema di valutazione delle zone-distretto del sistema sanitario della Regione Toscana segue gli stessi criteri e la stessa metodologia del sistema di valutazione della performance delle aziende sanitarie, adottato in tutto il sistema sanitario toscano a partire dal 2005 [Nuti 2007]. Nel 2007, infatti, la Direzione Regionale delle Politiche Sociali e di Solidarietà ha richiesto di estendere la valutazione dei risultati, sino ad allora calcolati per singola azienda, a livello di zona, includendo quindi nelle logiche della valutazione anche l’area relativa ai servizi sociali. La figura seguente mostra in breve la storia e l’evoluzione del sistema di valutazione della performance della dei servizi socio-sanitari toscani. FIG. 4. La storia del sistema di valutazione della sanità toscana Così come per la valutazione della performance delle Aziende Sanitarie, caratteristica fondante del sistema valutazione è la multidimensionalità: il sistema socio- sanitario, infatti, rappresenta un contesto complesso che può e deve essere monitorato e misurato solo attraverso indicatori di sintesi capaci di evidenziare le numerose sfaccettature del sistema stesso. Devono infatti essere oggetto di misurazione non solo le performance cliniche ed economiche, ma anche quelle organizzative, di comuni- 2002 Mandato alla Scuola Superiore Sant’Anna 2003 2004 2005 2006 2007 Studio di pre- fattibilità: come/cosa misurare Sperimentazione su 4 aziende pilota: AUSL 3, 5, 8 e AOUP Implementazione su tutte le AUSL e sperimentazione nelle AOU Implementazione su tutte le Aziende toscane Pubblicazione Report 2006. Portale web riservato agli operatori. Valutazione a livello di zona-distretto Avvio percorso di condivisione con Direttori di D.A.I. delle AOU e sperimentazione 2008 Pubblicazione Report 2007 e portale web consultabile dal cittadino 57 cazione, di soddisfazione degli utenti rispetto ai servizi ed attività e di equità di accesso ed utilizzo dei servizi. Solo la valutazione dell’insieme di tali aspetti può fornire una lettura sufficientemente ampia del sistema e delle sue performance, capace di evidenziare al management sanitario le possibili leve su cui agire per il miglioramento dei singoli servizi offerti e del sistema nel suo complesso. Il sistema adottato per misurare la performance delle aziende sanitarie toscane conta oggi su 130 indicatori di valutazione raggruppati in 50 indicatori di sintesi classi- ficati in sei dimensioni di analisi capaci di evidenziare gli aspetti fondamentali della performance in un sistema complesso quale quello socio-sanitario. Per le zone- distretto le dimensioni di valutazione coincidono in buona parte con quelle aziendali e sono: A. La valutazione della salute della popolazione e caratteristiche demografiche e socio-economiche. E’ utile chiarire fin da subito che le caratteristiche di una popolazione non indicano le performance né di una azienda né di una zona distretto. Tali caratteristiche sono però di supporto a tutto il processo di programmazione che il territorio deve mettere in atto per rispondere alle esigenze della popolazione a cui esso si rivolge. Una zona, infatti, con un’alta percentuale di anziani, un basso livello di scolarizzazione e un’alta percentuale di famiglie povere dovrà essere i grado di supportare una serie di servizi in materia di anziani, adulti a rischio di povertà, ecc…; tali servizi, invece, saranno implementati in modo diverso in una zona dove, invece, la popolazione è mediamente più giovane, ricca ed istruita. Gli indicatori di questa dimensione rappresentano quindi dei punti di partenza ed arrivo del sistema di valutazione. Gli indicatori di tale area di valutazione analizzano principalmente lo stato di salute della popolazione, attraverso alcuni tassi di mortalità, le caratteristiche demografiche della popolazione, come l’indice di dipendenza e di natalità, le caratteristiche socio- economiche della popolazione, come il livello di istruzione e di povertà. B. Valutazione delle strategie regionali: le aziende 58 sanitarie, operando in logica di squadra e non solo come strutture autonome, devono mettere in atto gli orientamenti regionali e le delibere previste a livello regionale. Gli obiettivi e le strategie regionali, infatti, previsti nel Piano Sanitario Regionale, nel Piano Integrato Sociale Regionale, o in entrambi se si fa riferimento ai servizi integrati, devono poter essere monitorati ad ogni livello, sia di azienda, che di zona-distretto. Se infatti un obiettivo, come ad esempio la copertura vaccinale, è raggiunto a livello medio aziendale, non è detto che lo stesso obiettivo sia raggiunto da ogni zona facente parte dell’azienda stessa. È importante quindi che tali obiettivi ed indicatori siano declinati fino al livello zonale, al fine di evidenziare le criticità e gli spazi di miglioramento. Tale area, una volta messo a regime il sistema, potrà inoltre comprendere il monitoraggio e la valutazione delle strategie specifiche di zona-distretto e/o di Società della Salute richieste dalla Regione. C. Valutazione socio-sanitaria: in questa dimensione sono compresi i risultati di qualità, di appropriatezza, di efficienza e di capacità di governo della domanda e di risposta del sistema socio-sanitario in particolar modo per le attività di competenza del territorio, come la prevenzione, la medicina generale, l’attività specialistica e diagnostica, l’attività dei consultori e dei distretti e le attività legate ai servizi sociali. D. Valutazione esterna: in questa dimensione si considera il punto di vista della popolazione e degli utenti stessi dei servizi di zona-distretto e delle attività ad essa correlate attraverso la valutazione della soddisfazione e di esperienza. E. Valutazione interna: in questa dimensione viene considerato il livello di soddisfazione del personale delle aziende sanitarie afferente alle attività e ai servizi erogati esclusivamente dalle zone. Ormai molti studi evidenziano la rilevante correlazione tra il livello di soddisfazione dei dipendenti, il clima organizzativo aziendale e la soddisfazione degli utenti dei servizi erogati. Puntare sul miglioramento dei risultati, quindi, necessita di una 59 rilevante focalizzazione sui sistemi e i meccanismi gestionali atti a sostenere il coinvolgimento e la responsabilizzazione degli operatori negli obiettivi di miglioramento dei servizi erogati. In questa dimensione viene compreso anche il tasso di assenza che rappresenta un indicatore significativo dello stato di «salute organizzativa». F. Valutazione economico-finanziaria e di efficienza operativa: in tale area di valutazione se per le aziende si verifica la capacità di perseguire le tre condizioni di equilibrio della dinamica economico finanziaria, ossia l’equilibrio reddituale, l’equilibrio monetario, finanziario e patrimoniale, per le zone si misura la spesa sociale e quella sanitaria territoriale. In questa dimensione sono inoltre oggetto di osservazione indicatori di efficienza operativa che possano evidenziare la produttività delle risorse e l’utilizzo di strumenti gestionali orientati all’ottimizzazione e razionalizzazione dell’uso delle risorse disponibili. Sono quindi oggetto di valutazione il funzionamento dei servizi interni − controllo di gestione, approvvigionamenti, sistema informativo − e la capacità di utilizzo da parte dell’azienda degli strumenti fondamentali di management − meccanismi di programmazione e controllo, formazione, comuni-cazione interna. Così come per la valutazione della performance aziendale, affinché la valutazione della performance delle zone-distretto fosse rappresentata in maniera efficace, semplice e chiara è stato utilizzato lo schema del «bersaglio», composto da cinque diverse fasce, una per ogni livello di performance di valutazione, e suddiviso in sei spicchi rappresentanti ciascuno una delle sei dimensioni. Ogni indicatore misurato è rappresentato sul bersaglio con un simbolo (un pallino). L’azienda o la zona-distretto capace di centrare gli obiettivi e di ottenere una buona performance nelle diverse dimensioni avrà i propri risultati riportati vicino al centro del bersaglio, mentre i risultati negativi compariranno nelle fasce più lontane dal centro. Le fasce in cui è stata espressa la valutazione sono cinque ed a ciascuna è associato un colore e un punteggio 60 a seconda del tipo di performance ottenuto: - fascia verde: la fascia più centrale al bersaglio, corrispondente ad una performance ottima, il cui punteggio sintetico è compreso tra il 4 e il 5; − fascia verde chiaro: indica una performance buona e la valutazione sintetica è compresa tra il 3 e il 4; − fascia gialla: indica una performance non p negativa, ma presenta ampi spazi di miglioramento, la valutazione è tra il 2 e il 3; − fascia arancione: la performance è scarsa e deve essere migliorata, la valutazione è tra l’1 e il 2; − fascia rossa: la performance è assai scarsa e la valutazione è compresa tra 1 e 0. FIG. 6. Le fasce di valutazione Per costruire le scale di valutazione con cui sono stati misurati i diversi indicatori sono stati adottati i seguenti criteri di riferimento: − se esistente, è stato considerato uno standard internazionale riconosciuto − ad esempio: il tasso di cesarei massimo auspicato dall’OMS ; − in caso di assenza di uno standard internazionale di riferimento è stato considerato uno standard regionale o un obiettivo definito con delibera regionale; − in caso di assenza di uno standard regionale di riferimento è stata considerata la media regionale corretta con eventuali fattori di risk adjustment per rendere VERDE Performance OTTIMA (PUNTO DI FORZA) VERDINO Performance BUONA GIALLO Performance MEDIA ARANCIO Performance SCARSA ROSSO Performance MOLTO SCARSA (PUNTO DI DEBOLEZZA) 4 - 5 3 - 4 2 - 3 1 - 2 0 - 1 VALUTAZIONE COLORE FASCIA PERFORMANCE 61 possibile il confronto tra le aziende - in genere sono stati considerati il genere e l’età della popolazione di riferimento. FIG. 6. Il bersaglio e le dimensioni di valutazione per la zona-distretto di Empoli Ogni zona-distretto, quindi, vede rappresentata sinteticamente la propria performance nel proprio bersaglio, in cui vengono riportati i valori di sintesi degli indicatori selezionati. È possibile quindi, in maniera veloce, capire quali siano per l’anno di riferimento le performance positive della zona-distretto, rappresentate dagli indicatori riportati nelle fasce di valutazione verdi, ed i risultati, invece, con performance scarse, riportati nelle fasce di valutazione arancione o rossa. 62 4. Gli indicatori del sistema di valutazione Gli indicatori presenti nel sistema di valutazione delle zone-distretto hanno una struttura ad albero, ovvero sono composti da un indicatore principale che rappresenta la sintesi di alcuni sottoindicatori: a titolo di esempio la valutazione della soddisfazione della popolazione relativa alla medicina di base è data dalla media della valutazione di vari items su cui è stato richiesto un giudizio all’utenza, quali l’organizzazione e i tempi del servizio, la capacità di comunicazione del medico al paziente, la gentilezza e la disponibilità nella relazione, la competenza professionale dimostrata, la capacità di presa in carico e di indirizzo nei percorsi assistenziali, la disponibilità alle visite domiciliari [Nuti 2008]. FIG. 7. La struttura degli indicatori di valutazione: un esempio sulla soddisfazione dei pazienti Per il 2007 gli indicatori presenti nel bersaglio sono in totale 58, raggruppati in 26 indicatori di sintesi. Il loro numero complessivo può variare perché ogni anno la Regione può modificare gli obiettivi stessi e i relativi risultati da monitorare in base alle priorità strategiche dell’anno. Nella reportistica sono inseriti anche alcuni Valutazione della Medicina di base SODDISFAZIONE COMPLESSIVA MMG FONTE: Indagine telefonica alla popolazione –Giugno 2004 Organizzazione e tempi di accesso Gentilezza e disponibilità Capacità di indirizzo nei percorsi assistenziali Visite domiciliari Comunicazione sanitaria Competenza professionale Valutare il grado di soddisfazione della popolazione sull’operato della medicina di base 63 indicatori senza valutazione per facilitare la comprensione delle determinanti del risultato conseguito. I risultati inoltre possono avere una differente tempistica di misurazione e valutazione in base alla rilevanza e alla possibilità effettiva di modificare i processi in tempi brevi, incidendo sui risultati ottenuti; ad esempio i tempi di attesa nella valutazione aziendale sono misurati mensil- mente, mentre la soddisfazione dei cittadini per i servizi della medicina di base è misurata ogni due anni. Le dimensioni del sistema di valutazione compren- dono indicatori alimentati con dati provenienti dal sistema informativo regionale, dai bilanci aziendali e da indagini sistematiche con rappresentatività statistica, realizzate direttamente dal Laboratorio Management e Sanità, come mostrato nella seguente figura. FIG. 8. Dimensioni e Fonti Rispetto alla valutazione aziendale, che comprende indicatori che analizzano le diverse componenti, con i rispettivi obiettivi, di una azienda sanitaria, dal presidio ospedaliero, al territorio, ai servizi amministrativi, ecc, gli indicatori dei bersagli delle zone-distretto devono concentrarsi da una parte sulle sole performance del INDICATORI DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE ( A ) CAPACITA' PERSEGUIMENTO ORIENTAMENTI REGIONALI ( B ) VALUTAZIONE SOCIO-SANITARIA ( C ) VALUTAZIONE ESTERNA ( D ) VALUTAZIONE EFFICIENZA OPERATIVA E DINAMICA ECONOMICO-FINANZIARIA ( F ) VALUTAZIONE INTERNA ( E ) - Flussi ministeriali e regionali - Indagini MeS sugli utenti - Flussi aziendali ARS Toscana Flussi ministeriali e regionali Indagini CATI svolte dal MeS: - sulla popolazione e utenti ADI - sugli utenti ricoverati - sulle partorienti - sugli utenti del PS - Indagine CAWI di clima organizzativo svolte dal MeS - Flussi aziendali - Flussi ministeriali e regionali - Bilanci aziendali DIMENSIONI FONTI Campione da 300 a 600 utenti ad azienda Campione da 400 a 1300 dipendenti (dal 2008 intera popolazione) Censimenti ISTAT Indagini IRPETE CARATTERISTICHE SOCIO-DEMOGRAFICHE 64 territorio, dall’altra allargarsi alle performance dei servizi sociali, nonché cercare di catturare i risultati e gli output di tutti quei servizi che dovrebbero essere integrati. In questo senso, la letteratura e l’esperienza internazionale, infatti, sono ricchi di esempi di valutazione dei servizi sociali: ad esempio i servizi sociali inglesi sono valutati di anno in anno attraverso un sistema di valutazione assai simile a quello utilizzato dalla Regione Toscana per le aziende sanitarie [CSCI 2005]. Calcolare alcuni tipi di indicatori a livello di zona, come ad esempio la mortalità infantile, inoltre, pone dei problemi a livello di rappresentatività statistica: trattandosi, infatti, di pochi casi, differenze minime nel tempo aumentano la variabilità dell’indicatore, sovra- stimando o sottostimando il reale trend temporale e la reale significatività del dato, soprattutto da un punto di vista epidemiologico. È utile in alcuni casi, comunque, avere anche solo i dati in numeri assoluti: alcuni episodi o attività, come la morte di un neonato o una persona bisognosa non presa in carico dai servizi, sono eventi sentinella e devono essere oggetto di audit specifico e di valutazione da parte della dirigenza aziendale e regionale. Secondo il criterio dell’evitabilità, infatti, la presenza di un solo caso non gestito efficacemente impone un processo di verifica del sistema che ha permesso che ciò accadesse: ad esempio un alto numero di pazienti ricoverati inappro- priatamente seguiti dallo stesso medico di famiglia non rappresenta in maniera esaustiva il lavoro di tale medico, ma il fenomeno merita un approfondimento. In termini gestionali, infatti, l’utilizzo di questo tipo di dati permette di rendicontare prima di tutto l’accaduto, di responsa- bilizzare gli operatori sanitari e i professionisti e di migliorare l’organizzazione e l’efficienza dei processi inter- ni. La parte sociale conta ancora su pochi indicatori di riferimento. Il lavoro deve essere ampliato: nei prossimi mesi il Laboratorio MeS insieme all’Osservatorio Regio- nale Sociale, in accordo con i responsabili di zona, provve- derà alla elaborazione di una serie di indicatori da inserire 65 nella valutazione. 66 FIG. 9. Gli indicatori del bersaglio di zona-distretto per il 2007 Tali indicatori, in queste prime fasi sperimentazione, potranno essere indicatori semplici, atti a verificare la presenza o meno di un servizio, come ad esempio l’attivazione nella zona del Punto Unico di Accesso, o la verifica di obiettivi specifici previsti nel Piano Integrato Sociale Regionale. In particolare tali indicatori potranno 67 essere raggruppati oltre che nelle diverse dimen-sioni della valutazione, anche per tipologia di utenza, ovvero anziani, immigrati, non autosufficienti, disabili, povertà e disagio adulti, salute mentale, in linea con il nomenclatore sociale. 5. Strumenti a supporto della governance delle zone distretto Rispetto all’esigenza di legare sempre più i progetti e le azioni alle priorità reali del bisogno sociale e sanitario di una zona lo strumento del Bersaglio di zona è sufficiente ed esaustivo? E’ capace di evidenziare non solo la fotografia dello stato dell’arte dei servizi con i suoi punti di forza e debolezza ma anche quali siano le priorità socio- sanitarie rilevanti per quel dato territorio? Negli ultimi anni appaiono sempre più necessari strumenti atti a rilevare quelle che sono le problematiche di una comunità, selezionare le priorità di intervento e successivamente sviluppare e implementare attività e servizi che rispondano alle esigenze messe in luce. È il caso ad esempio degli «Heatlh profile» o «Profili di salute» che spesso sono redatti dai livelli locali dei sistemi sanitari e che costituiscono le basi per una «sana» programmazione socio-sanitaria in Gran Bretagna [National health System 2008] oppure in Ontario, Canada [Ontario Ministry of health and long term care 2008]. La fotografia della performance di una zona deve trasformarsi in un’immagine dinamica, capace di evidenziare le priorità di intervento. A tal fine dal gruppo di ricerca sono stati individuati due criteri base mediante cui dover leggere i dati a disposizione per poter costruire una scala di priorità di intervento sono: − il trend temporale, ossia il confronto del dato su base temporale al fine di osservare se il fenomeno in questione sta aumentando o diminuendo; − il confronto in benchmarking con la media regionale, per riuscire a paragonare la performance di ogni zona con la performance media regionale. Un dato epidemiologico o gestionale che continua a 68 peggiorare per una certa zona negli anni è, infatti, sintomo di una criticità evidente. Se poi lo stesso dato si trova in una situazione peggiore anche nel confronto con le altre zone della regione, tale aspetto rappresenta sicuramente una priorità che necessita di intervento. Al fine di facilitare la lettura dei dati a disposizione, è stata proposta una matrice capace di far emergere le criticità. In tale prospetto nell’asse orizzontale è riportato il confronto rispetto alla media regionale, mentre su quello verticale il trend temporale. Ne discendono quindi quattro quadranti in cui gli indicatori sono posizionati a seconda che il dato sia sopra o sotto la media regionale e a seconda che sia in miglioramento o peggioramento rispetto al periodo temporale precedente. Il posizionamento degli indicatori si basa, sia in verticale che in orizzontale, sulla variazione percentuale dei dati, in modo che, anche indicatori con unità di misura diversa, siano inseriti nella stessa matrice. La lettura dei dati permette quindi sia di cogliere le specificità della zona in termini di peggioramento o miglioramento temporale, sia il confronto con le altre zone, attraverso il posizionamento rispetto alla media regionale. I quattro quadranti cosi individuati segnalano quattro aree di azione distinte: − area di successo da mantenere: i risultati in questione hanno un trend temporale in miglioramento e sono posizionati positivamente rispetto alla media regionale; la presenza del dato in questo quadrante indica alla zona-distretto una strategia di mantenimento e consolidamento del risultato; la zona-distretto deve cercare di mantenere tale situazione; − area di miglioramento da consolidare: i dati hanno un buon trend temporale, ma sono sotto la media regionale; la zona-distretto deve sostenere il miglioramento tramite azioni specifiche, in maniera tale da sviluppare sinergie positive anche dal punto di vista gestionale su tali aspetti; − area di attenzione: i risultati, pur essendo sopra la media regionale, hanno un trend temporale in 69 peggioramento; le azioni svolte probabilmente non sono adeguate c’è bisogno di un’attenzione particolare da parte dei professionisti e gestori nel capire le cause di tale peggioramento al fine di individuare le leve su cui agire per il miglioramento; − area di intervento prioritario: i dati hanno un trend temporale in peggioramento e sono al di sotto della media regionale; si tratta di aree che probabilmente necessitano di un maggior controllo da parte del management e rappresentano le priorità su cui agire immediatamente. − La seguente figura mostra i quattro quadranti individuati. FIG. 10. La matrice e le quattro aree Il gruppo di ricerca ha selezionato una serie di indicatori, disponibili a livello di zona-distretto, su cui sperimentare la matrice. Gli indicatori selezionati sono: − Tasso di ospedalizzazione per bronco- pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) >= 65 anni; − Tasso di ospedalizzazione per scompenso>= 65 anni; − Tasso di ospedalizzazione per diabete>= 17 anni; TREND - + BE N C H M A R K IN G - + PROFILO DI SALUTE Area di priorità di intervento Area in cui insistere nel miglioramento Area di attenzione Area di successo da mantenere 70 − Tasso di ospedalizzazione polmonite >= 60 anni; − Percentuale di ricoveri >30 gg. Tali indicatori sono presenti nel bersaglio di valutazione delle zone-distretto. A titolo di esempio si riporta la matrice delle priorità di due zone al fine di evidenziare i diversi tipi di posizionamento dei dati e le diverse interpretazioni che ne derivano. FIG. 11. La matrice delle aree di azione per la zona di Empoli In questo esempio gli indicatori appaiono concentrati nel centro della matrice: non si segnalano quindi particolari peggioramenti sul trend temporale e i valori sembrano posizionarsi sulla media regionale. Tale esempio non è certo esaustivo: maggiori informazioni si hanno, infatti, aggiungendo dati relativi agli aspetti demografici e alla qualità dell’offerta dei servizi. Il gruppo di ricerca ha quindi elaborato un breve percorso di sperimentazione di tale strumento al fine di renderlo efficace e tradurlo facilmente in termini gestionali per gli operatori socio-sanitari: la prima fase, fin qui descritta, ha previsto la scelta dei criteri e dei principi su cui basare lo strumento ed una prima sperimentazione con un set minimo di indicatori; la seconda fase riguarderà la sperimentazione di tale strumento a livello di azienda e di -1,0 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 -1,0 -0,8 -0,6 -0,4 -0,2 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 TREND Tasso di ricovero per patologie psichiatriche per residenti Tasso di ricovero per polmonite per popolazione residente >= 60 anni Tasso di ricovero per BPCO per popolazione residente >= 65 anni Tasso di ricovero per scompenso per popolazione residente >= 65 anni Tasso di ricovero per diabete globale per popolazione residente > 17 anni Percentuale dei ricoveri maggiori di 30 giorni per popolazione residente 71 zona-distretto/SdS con l’inserimento di un maggior numero di indicatori. 6. Conclusioni Le caratteristiche di universalità ed equità proprie dei sistemi socio-sanitari pubblici vengono spesso meno se non si tiene sufficientemente in considerazione la valutazione dei bisogni sociosanitari degli utenti nel loro complesso. I sistemi sanitari, infatti, hanno in buona misura fallito nella riduzione del divario di salute tra ricchi e poveri, o tra più istruiti o meno istruiti [OMS 2000]. I nuovi scenari demografici e la scarsità di risorse impongono da una parte di disporre di sistemi sanitari in grado di garantire la massima integrazione tra i servizi, specialmente per le categorie più fragili della popolazione, e di proteggere indistintamente i cittadini contro i rischi economico-sociali legati alla malattia, e dall’altra di disporre di strumenti atti a favorire l’integrazione stessa dei servizi attraverso una efficace analisi dei bisogni, una successiva programmazione strategica e una valutazione dei risultati e dell’appro-priatezza dell’offerta. Attraverso, infatti, l’adozione di indicatori e misure comuni tra le diverse realtà e i criteri di analisi comparativa secondo logiche di benchmarking, i soggetti pubblici si responsabilizzano in modo oggettivo e trasparente sul miglioramento continuo della qualità ed appropriatezza dei servizi, di una maggiore accessibilità all’assistenza e a fronte della sostenibilità finanziaria. L’esperienza Toscana di integrazione dei servizi sociosanitari appare ricca di esempi significativi e ancora in forte evoluzione. In questo capitolo si è inteso illustrare il lavoro, ancora in fase di svolgimento, teso alla costruzione di strumenti comuni a tutte le realtà di zona- distretto capaci di dare un supporto alla programmazione e alla valutazione in linea con gli strumenti già adottati a livello regionale per il governo della componente sanitaria del sistema. 72 Il cammino non è concluso e la complessità dell’inte- grazione sociosanitaria negli strumenti di programmazione e valutazione dei risultati è tale da imporre ancora un’ampia fase di sperimentazione e condivisione. Certo in Toscana non manca la volontà. La strada della trasparenza e della misurabilità dei risultati delle azioni intraprese dal soggetto pubblico è in molti contesti ormai un dato acquisito e apprezzato dai cittadini e questo spinge il sistema socio sanitario a proseguire questo cammino difficile ma virtuoso. L’adozione di parametri numerici per misurare sia gli obiettivi sia i risultati raggiunti nei diversi ambiti, rappresenta un salto di qualità fondamentale nell’agire del soggetto pubblico. Questa sfida appare ancora più irrinunciabile se i beneficiari di un più corretto e efficace processo di allocazione delle risorse, programmazione e realizzazione dei servizi sociosanitari basato appunto su «priorità misurate» sono le categorie sociali più svantaggiate. Bibliografia Bernhart, J., Gunsch, R., Promberger, K. e Tragust, K. (a cura di) [2006], Innovazione nel management sociale. Tendenze di sviluppo, approcci ed esperienze, Milano, Franco Angeli. Casagrande, S. e Marceca, M. [2006], Integrazione socio- sanitaria in Parole chiave, CARE giugno/2006. Commission for Social Care Inspection, National Statistics [2005], Social Services performance assessment frame- work indicators 2004-2005, Londra. Falbo, E. [2002], Servizi sociali oggi. 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