La sfida dei servizi in sanità tra personalizzazione e standardizzazione dei processi S. Nutì e C". Panern In molti contesti la standardizzazione dei processi e la personalizzazione dei servizi sono strategie considerate in buona misura antitctiche nella ricerca del vantaggio competitivo: la prima volta a conseguire economie di scala e di esperienza al fine di aumentare l'efficienza produttiva e ridurre i costi, la seconda finalizzata a ottenere una differenziazione rispetto alla concorrenza basata su servìzi "taylor made" per rispondere alle esigenze individuali del cliente a cui si rivolgono. Nell'ambito dei servizi sanitari il successo dipende dalla capacità di integrare queste due strategie. Non vi e servizio sanitario che riesca ad essere efficace se non è tagliato sui bisogni del singolo paziente. Al tempo stesso la qualità dei servizi dipende dalla capacità dei professionisti e delle organizzazioni sanitarie di offrire percorsi assistenziali in linea con le evidenze scientifiche internazionali, standardizzando quindi i processi in base ai protocolli cimici definiti dalle società scientifiche. L'offerta del servizio dovrà quindi essere personalizzata, per far si che il paziente diventi protagonista del proprio percorso di cura, ma dovrà anche garantire che la migliore assistenza (appropriatezza cllnica) sia fornita all'interno del setting più adeguato, per il migliore utilizzo delle risorse disponibili (appropriatezza organizzativa). 8.1 La sfida dei servizi sanitari tra qualità e sostenibilità finanziaria Le strategie adottate dalle aziende nel contesto privatistico del settore manifatturiero, ma anche nei servizi, possono essere suddivise in due tipologie1. Le imprese (Porter 1985) possono puntare o sulla leadership di costo, attraverso strategie che mirano a conseguire economie di scala e di esperienza al fine di essere vincenti sul mercato in termini di efficienza {il miglior prodotto al minor prezzo), oppure puntare sulla differenziazione, cercando di offrire un prodotto capace di rispondere alle esigenze le aziende cercano di garantirsi un vantaggio competitivo e resistere sul mercato. Queste due strategie alternative si riscontrano anche nel contesto sanitario? Per le aziende sanitarie i termini della questione sono gli stessi? F, sono gli stessi anche per i sistemi sanitari, che includono più aziende con ruoli diversi, in alcuni casi a rete (Miolo Vitali, Nuli 2003), in altri addirittura in competizione tra loro? Il contesto sanitario in realtà è uno dei pochi ambiti, insieme all'istruzione, in cui il successo di- pende dalla capacità di integrare queste due strategie, normalmente alternative negli altri settori2. Non vi è servizio sanitario che riesca a essere valido se non è tagliato su misura sui bisogni del singolo paziente. L'offerta diffìcilmente può essere standar- dizzata, perché ogni utente ha le sue caratteristiche, le sue specilìcità, ma al tempo stesso deve basarsi su standard, per garantire la qualità delle prestazioni erogate3. In altri settori spesso, per aumentare la qualità dei prodotti, è necessario incrementare le risorse impiegate nei processi di trasformazione o nei fattori produttivi impiegati4. In sanità, proprio per la presenza di questa necessaria combinazione di strategie, non sempre questo avviene. È noto lo studio compiuto da Jarman (2006) sui dati di Medicare del 2000 che analizza migliaia e migliaia di ricoveri ospedalieri, confrontando i costi con i risul- tati di qualità espressi in termini di mortalità delle strutture ospedaliere americane (Fig. 8.1). Questo confronto tra la mortalità e il costo, dopo un adeguato processo di risk adjwìtment, mette in luce che non esiste una evidente correlazione tra outcome e costo sostenuto. Questa stessa analisi è stata realizzata in Olanda riportando dati analoghi. In tale realtà è stato addirittura calcolato che il 25% della spesa sanitaria nazionale è dovuta alla "non qualità" cioè a ricoveri ripetuti e rericoveri per complicanze, a degenze più lunghe per le piaghe da decubito, a ospedalizzazionc non appropriata per patologie croniche che dovrebbero essere curate in altri setting assistenziali, e così via (Berg et al. 2005). Questo evidenzia che in sanità il miglioramento della qualità permette spesso addirittura di ottenere un contenimento dei costi. Questa ipotesi è confermata dai dati del 2007, 2008 e 2009 della Regione Toscana, dove, grazie alle evidenze emerse dall'adozione del sistema di valutazione della performance (Nuli 200K), in cui sono monitorati 130 indicatori di performance, si evince che le ASL con i migliori 2 Anzi, viene rilevato (Anderson et al. 1997) che la cuslom i /za/ione e la stendardi //a/ione sono due aspetii, spesso in conflitto, della qualità. ' t questa la principale differenza rispetto ad altri settori e servi/i, in cui la riilefìni/ione del processo del servi/io, in maniera standardizzata, è ritenuta un elemento essenziale, ma solo per incrementare la produttività (Lovelock. Wirtz 2007). 4 Negli studi di matrice economica, infatti, si ritiene che la relazione tra incremento della soddisfa/ione del cliente e produttività sia negativa: aumentare la soddisfazione comporta infatti un incremento delle caratteristiche del prodotto scambiato e quindi dei costi (Grilichcs 1471 ; Lancaster 1979). Non manca però chi osserva (per esempio, Fornell.Wernerfelt 198X) che, incrementando la qualità e quindi la soddisfa/ione dei clienti, si riducono i costi di gestione associati ai resi; o chi (Rcichheld. Sasser 1990) sottolinea I,i maggior fedeltà equindi la riduzione dei costi conseguenti alle transazioni future ed al passaparola positivo. .4, . **. i . • Vy.*.*'.. *,* :": . ' . $0 $2.000 J4.000 J6.0QO $8,000 $10,000 $12.000 $1J.OOO $16.000 $18,000 $20.000 Rimborsi di Meditare standard izza ti con metodo diretto per «ti e diagnosi, anno 2000 Figura 8.1 Risultati dello studio americano sulla relazione fra rimborso e mortalità (Jarnian 2006) risultati di qualità ed efficacia sono anche le più virtuose in termini di sostenibilità economica (Fig. 8.2). Con queste premesse si declina la sfida dei servizi sanitari che trova la sua esplici- ta/ione nel concetto di appropriatezza clinica e organizzativa (Nuli, Vainieri 200°). Con il termine appropriatezza si intende la capacità di garantire all'utente un scrvi/io tagliato su misura che tenga conto del suo bisogno, "niente di più, ma neanche niente di meno" di quanto necessario per ottenere il miglior risultalo in termini di salute. Un servizio è appropriato nel momento stesso in cui viene offerto tutto ciò che le eviden/e scientifiche indicano come necessario per ottenere il miglior risultati) di outcome, ma anche niente di più. perché l'eccesso può essere addirittura nocivo per la sua salute: quindi la migliore cura che è possibile offrire a! paziente (appropriate/- za clinica), con il setting più adeguato per garantire il miglior utilizzo delle risorse disponibili (appropriatezza organizzativa) (Hunter 1997; Brennan et al. 1991 ). L'offerta del servizio dovrà quindi essere personalizzata soprattutto in termini di comunicazione operatore sanitario - utente per far si che il paziente diventi prota- gonista del proprio percorso di cura, fattore determinante per la massimizzazione degli outcome di salute. Il paziente consapevole e coinvolto nel proprio percorso eli cura, che percepisce di essere preso in carico dal personale sanitario, è in grado di 50% 1.450 1.500 1.550 1600 1.650 Costo prò-capite pesato 1-700 1.750 1 800 Figura 8.2 Relazione tra costo prò-capite e percentuale dì buone performance sul totale dei risultali del sistema di vantazione della performance toscano seguire meglio le prescrizioni farmaceutiche e cliniche e ha una maggiore probabilità di recupero di uno stato di salute migliore (Stewart 1989; Guldvog 1999). Al tempo stesso i percorsi assistenziali proposti dovranno seguire i protocolli clinici e quindi essere "standardizzati" al fine di ottenere il massimo risultato in termini di salute del paziente, in linea con le evidenze scientifiche internazionali. I paragrafi successivi sviluppano l'argomentazione nel modo seguente. Partendo dalla definizione dell'offerta che deve necessariamente fondarsi sui bisogni dell'u- tente, il Paragrafo 8.2 illustra le caratteristiche ed il ruolo che esso svolge all'interno dei servizi sanitari. Viene quindi discusso (Par. 8.3) in quale misura la variabilità, attualmente presente nei volumi e nei mix delle prestazioni, risponda effettivamente a bisogni differenziati degli utenti e quali siano le problematiche da superare e le mo- dalità gestionali da utilizzare (Par. 8.4), ricorrendo anche ad un esempio, tratto dal percorso oncologico toscano, di combinazione delle due strategie sopra evidenziate (Par. 8.5). 8.2 Caratteristiche dei servizi sanitari e ruolo dell'utente L'Organizzazione Mondiale della Sanità, che definisce i servizi sanitari come "tutti i servizi riguardanti la diagnosi ed il trattamento della malattia, o la promozione, il mantenimento e il ripristino della salute", nel 2000 ha sfidato i sistemi sanitari ad assicurare ai pazienti la responsiveness, ossia anche l'assistenza non strettamente sanitaria (rispetto per la persona, riservatezza, scelta del fornitore di servizi). Questa sfida appare complessa, considerando le peculiarità che caratterizzano il settore dei servizi sanitari, con riferimento a domanda, offerta e servizio scambiato dei servizi sanitari, viene osservato che te maggiori criticità riguardano soprattutto gli aspetti informativi. Infatti, come per tutti i servizi, il paziente non può conosce- re preventivamente la qualità delle prestazioni sanitarie5, in quanto immateriali e simultaneamente prodotte e consumate. Arrow (1963) evidenzia come il problema informativo rappresemi una caratteristica fondamentale nel mercato sanitario, osser- vando che "l'incertezza riguardo la qualità del prodotto è forse più intensa in questo caso" che in qualsiasi altro. Il problema informativo coinvolge diversi aspetti del processo di scelta del pa- ziente. In primo luogo nella fase di definizione del proprio bisogno in quanto spesso può non essere in grado di riconoscere la presenza di sintomi e di patologie e quindi di decisione circa l'opportunità di consultare il medico. Oppure il problema informa- tivo può emergere nel momento della scella della struttura sanitaria e dei trattamenti a cui soitoporsi, una volta divenuto consapevole del proprio stato di malattia; ed infine a livello di decisione se uniformarsi o meno al comportamento consigliato. La malattia, soprattutto se seria, è inoltre un episodio eccezionale della vita umana, in cui può anche essere in gioco la vita dell'individuo: è difficile quindi che il consu- matore possa assumere decisioni razionali. Viene inoltre osservato che, mentre nella maggior parte dei processi di consumo, vi è la possibilità di apprendere dalla propria esperienza o da quella altrui (Arrow 1963), in questo caso può non essere possibi- le, per cui. all'incertezza sull'esito, si unisce anche quella dovuta alla mancanza di esperienza pregressa. L'incertezza che contraddistingue i servizi sanitari sìa sul versante del medico che del paziente è però estremamente differente per i due soggetti coinvolti nella tran- sazione (Arrow 1963), dando luogo ad asimmetria informativa (Miolo Vitali. Nuli 2004; Dirindin, Vincis 1999). Poiché la conoscenza scientifica è complessa, le infor- mazioni possedute dal medico sono infatti di gran lunga superiori rispetto a quelle del pa/iente ed ambedue le parti ne sono consapevoli. Questa particolare situazio- ne condiziona la relazione medico-paziente, determinando spesso un forte senso di dipenden/a di quest'ultimo (Miolo Vitali, Nuli 2004). dovuto anche al fatto che i servi/i sanitari sono spesso erogali a persone in condizione di disagio. L'asimmetria informativa sposta infatti il rapporto sulla componente fiduciaria, che aumenta al decrescere della componente valutativa, sostituendosi all'informazione. Il mercato dei servizi sanitari si caratterizza quindi per la presenza di attori che prendono le decisioni sulla base di informazioni parziali, incerte ed asimmetrichc (Dirindin, Vi- neis 1999). asimmetria che, salvo interventi correttivi, si può ritenere sia destinata a crescere con il progredire, tecnologico e scientifico, della medicina (Brenna 1999). Le difficoltà che riscontra l'utente dei servizi sanitari sono acuite dalle caratteri- stiche tipiche dell'offerta dei servizi sanitari e dalle specificità del bene oggetto di scambio. Con riferimento all'offerta, è stato infatti osservato che mentre un mercato, per essere concorrenziale, richiede la presenza di molli produttori, il settore sanitario 5 In pellicolare v iene rilevalo che i servizi sanitari sono assimilabili agli experìenivgootia (Nclson 197(1). ossia beni la cui qualità effettiva può essere conosciula mediante il consumo o, spesso, (Parhy, Karni 1973), impossibili da giudicare anche dopo un uso prolungalo. fessionali, volte a garantire la qualità ( Brenna 1999), sia per il costo aeii educazione, spesso ad accesso limitato (Arrow 1%3; Dirindin, Vineis 1999). L'insufficiente con- correnza è dovuta anche alla presenza di economie di scala: nel settore sanitario esiste infatti la necessità di dotarsi di infrastnitture e strumenti caratterizzati da indivisibi- lità significative e quindi rendimenti di scala crescenti, anche se questi si realizzano solo fino ad un certo livello (Drindin, Vineis 1999). A queste caratteristiche dell'offerta si accompagnano, come accennato, alcune specificità relative al bene oggetto di scambio, ossia: a) 11 bene scambiato è un servizio e, come tale, contraddistinto dalle ben note ca- ratteristiche (Shostack 1977; Gronroos 1982; Parasuraman et al. 1985; Stan- ton, Varaldo 1986; Cozzi, Ferrerò 1996; Lovclock. Wirtz 2007) dì intangibilità, inseparabilità, deperibilità ed eterogeneità (vedi Cap. 6). b) Le prestazioni sanitarie, in particolare, sono estremamente eterogenee; anzi, poi- ché la loro domanda e derivata, in quanto non sono richieste di per sé, ma perché ritenute ut i l i ad ottenere effetti positivi sulla salute (Brenna 1999), è necessa- rio che siano personalizzate per essere efficaci (Dirindin, Vineis 1999). Ogni individuo, infatti, può avere esigenze diverse a seconda della patologia e delle complicanze che insorgono. e) Vi è la presenza di esternalità, ossìa di effetti su soggetti lem, in termini di costi o benefici, derivanti dalla produzione o dal consumo di un bene, senza contropartite in termini monetari. I servizi sanitari generano numerose estcrnalità. soprattutto positive (ossia producono aumenti di utilità marginale anche per soggetti diversi dal consumatore del servizio, come nel caso delle vaccinazioni'1 )(Culyer 1971 ). ma anche negative (quali, ad esempio, infezioni ospedaliere o inquinamento acustico nei quartieri limitrofi alle strutture di Pronto Soccorso). I l sistema dei prezzi in questi casi non e in grado di addebitare o accreditare agli autori i costi ed i benefici esterni che producono. Spesso si ricorre perciò all ' intervento pubblico, che si propone di favorire la produzione di esternalità positive (sussidiando le attività che le generano) e di scoraggiare quelle negative (regolamentandole) (Dirindin, Vineis r999). La presenza di esternalità, l'esistenza di posizioni monopolistiche costituiscono, insieme alle caratteristiche relative alla domanda precedentemente descritte (l'im- perfetta conoscenza), un motivo di fallimento del mercato, ed incidono pertanto sulle modalità con cui organizzare l'offerta del servizio stesso, giustificando l'interven- to pubblico7. Tale intervento è peraltro motivato non solo da ragioni di efficienza, connesse ai possibili fallimenti del mercato, ma anche da considerazioni relative '' Altre esternatila positive sono: la diffusione delle conoscen/e scientifiche m campo medico, la scoperta di una nuova tecnica diagnostica, l'individuazione di un fattore di rischio. Mentre il suggello che svolge l'attivila di ricerca o forma/ione sostiene i costi connessi alla realizzatone dei progetti, la società si avumlaggia dei benefici esterni. 7 Va osservato che i servi/i sanitari non sono beni pubblici (ossia non rivali e non escludigli), ma beni di merito, ossia degni di particolare tutela perche mentori sotto il profilo sociale I Dirindin. Vinci-, 1WM: Brenna 1999). l'accesso alle prestazioni sanitarie dei più fragili, come i non abbienti o le persone con un grado di istruzione non elevato. Occorre la motivazione perché si attivino la percezione e l'azione ( Rosenstock 1966): le persone che, quindi, non sono particolar- mente attente alla loro salute probabilmente non percepiranno alcuna informazione che impatti su di essa e, qualora la percepissero, non riuscirebbero ad apprenderla, accettarla o utilizzarla. In effetti numerosi studi sui servizi sanitari hanno rilevato nel tempo l'esistenza di rilevanti disuguaglianze sociali. A livello di mortalità, se il legame tra reddito e salute è controverso (Dirindin, Vineis 1999; Nuli. Barsanti 2010), evidenziando solo inizialmente una relazione negativa", quello tra istruzione e mortalità è invece ampia- mente confermato: già negli anni setanta ( Valkonen 1992) era stato evidenziato che la mortalità diminuisce per ogni anno di istruzione in più. Questo risultato è facilmente comprensibile considerando che un livello di istruzione elevato favorisce un'atten- zione superiore ai fattori di rischio ed ai sintomi e, nel caso si verifichi una malattia, una maggiore facilità di accesso alle diverse alternative di cura: complessivamente, quindi, ne deriva un più elevalo livello di salute. L'istruzione incide anche sulle condizioni dì salute dei cittadini, come confermato dall'indagine multiscopo 1STAT (2007) che sottolìnea la presenza di forti disugua- glianze sociali, utilizzando come indicatore il titolo di studio. Sono sempre le persone con un basso titolo di studio a presentare peggiori condizioni di salute, sia in termini di salute percepita, che di cronicità4. Per quanto concerne l'utilizzazione dei servizi, già Rosenstock (1966) eviden- ziava come si possano compiere alcune generalizzazioni circa l'associazione tra ca- ratteristiche personali ed uso dei servizi di prevenzione e diagnostica: essi risultano utilizzati soprattutto da persone giovani o di mezza età, relativamente più istruite e con un più elevato livello dì reddito. Tali risultati sono confermati anche da ricerche più recenti, relative a servizi "formativi" (quale la frequenza al corso di prepara- zione alla nascita) e all'ospedalizzazione vera e propria. Da un'indagine effettuata in Toscana nel 2005 e ripetuta nel 2007 (Nuli, Barsanti 2006; Nuti et al. 2009) su un campione di donne che avevano partorito nei mesi precedenti, emerge infatti che il corso di preparazione alla nascita, ritenuto uno strumento utile ad accrescere le conoscenze della madre, sia frequentato dal 60% delle donne primipare, ma che tra queste siano presenti quasi esclusivamente laureate (70%), con la totale assenza di chi è in possesso della licenza elementare o non ha alcun titolo di studio, ossia di chi è più fragile1". Sempre in Toscana, il tasso di ospedalizzazione per titolo di stu- dio standardizzato per età (Barsanti 2010a; Barsanti 2010b), il ricovero in modalità K Più in particolare, la rela/ione risulla essere negativa nei Paesi sodosviluppali, per cui al crescere del reddito diminuisce in maniera rilevante la mortalità, mentre in quelli sviluppali la speranza di vila aumenla, più che all'aumentare della ricche//a, al ridursi delle ineguaglianze nella collettività. 4 L'indagine ISTAT evidenzia che coloro che hanno al massimo la licenza elementare e dichiarano di slare male o essere alTetti da cronicità sono infatti fino a tre volte più numerosi rispello ai laureati e diplomati. 111 Una donna partoriente con un basso livello di scolarizzazione è infatli maggiormente soggette a problemi di natura sociale ed a difficoltà nell'accesso ai servizi, comportando quindi maggiori probabilità per il proprio bambino di incorrere in rischi di salute e carenze alimentari. croniche (scompenso, diabete, BPCO, polmonite) sono più frequenti nelle fasce di popolazione meno istruite, seppure con grande varietà tra le Aziende Sanitarie. Si può infine osservare che anche gli studi sulla soddisfazione derivante dall'uso dei servizi sanitari (un aspetto rilevante, poiché i pazienti soddisfatti sono più inclini ad osservare le prescrizioni (Guldvog 1999) e ad assumere un ruolo attivo nel proprio processo di cura (Donabedian 1988)) hanno evidenziato la rilevanza del livello d'i- struzione, ma con una relazione inversa: sono infatti i più colti a presentare i maggiori livelli di insoddisfazione (Hall, Dornan 1990). Tali risultati sono confermati anche da srudi più recenti (Panerò et al. 2010), relativi al servizio di medicina generale: un alto livello di istruzione presenta una relazione negativa rispetto alla soddisfazio- ne per il servizio (coerentemente con le maggiori aspettative di questa tipologia di paziente). Questo studio evidenzia anche la difficoltà in cui si trova il paziente nel valutare il servizio, testimoniata dalla rilevanza che assumono, oltre alla relazione medico-paziente (Murante et al. 2010), alcuni aspetti organizzativi, quali l'uso da parte del medico della scheda sanitaria e, in senso negativo, i tempi di attesa o la mancata continuità assistenziale in caso di necessità di visita specialistica, elementi su cui il paziente può meglio esprimere il proprio giudizio, in quanto più facilmente presidiagli (Miolo Vitali, Nuti 2004). Si può perciò concludere che. considerando le specificità dei servizi sanitari ed il ruolo dell'utente, l'offerta di servizi sanitari deve rispondere a due tipi di responsabi- lità (Nuti 2008; Nuti, Vainieri 2009): quella organizzativa, riguardante l'impiego di risorse scarse in un settore in cui il mercato può non essere in grado di fornire risposte adeguate, e quella clinìca, riguardante l'efficacia dei trattamenti, tenendo conio della condizione di asimmetria informativa che caratterizza il rapporto medico-paziente (Nuti, Barsanti 2006; Mengoni et al. 2010). 8.3 Caratteristiche dell'offerta e variabilità delle prestazioni Se nel paragrafo precedente è stato sottolineato quanto sia rilevante considerare il ruolo del paziente nella definizione di un'adeguata offerta dei servizi sanitari, è ora opportuno approfondire quanto la variabilità presente oggi nei volumi e mix delle prestazioni erogate risponda effettivamente a bisogni differenziati degli utenti. Ana- lizzando i dati disponibili a livello nazionale (Ministero della Salute 2010) si evince la presenza di una variabilità rilevantissima tra i risultati conseguiti dai diversi sistemi sanitari regionali e tra i soggetti erogatori all'interno di ciascuna Regione. Si prenda a titolo di esempio il confronto tra le Regioni relativo alla capacità dei soggetti eroga- tori di intervenire chirurgicamente entro due giorni a favore di pazienti con frattura di femore. Le evidenze scientifiche internazionali infatti sottolineano la necessità di intervenire tempestivamente al fine di facilitare la fase successiva di recupero ma anche per ridurre il rischio di mortalità. Nel 2008 (Nuti 2010) la situazione e apparsa — Medi* interregionale 35,896 I Figura 8.3 Percentuale di fratture del femore operate entro 2 giorni nelle Regioni italiane essere assai variegata nel panorama nazionale, minando il principio dell'equità di accesso che dovrebbe essere il cardine fondamentale del nostro sistema sanitario. Il problema della variabilità non appare essere solo una criticità nel confronto Nord- Sud (Fig. 8.3). In realtà la variabilità si registra anche all'interno delle Regioni besl practicc (Fig. 8.4). È plausibile ed accettabile una variabilità cosi rilevante nel nostro Paese? Se il concetto chiave della qualità in sanità è "appropriatezza". ossia garantire al paziente niente di più ma neanche niente di meno di ciò che è necessario per rispondere con efficacia al suo specifico bisogno, il tema della variabilità può essere non il risultato di un processo spinto di personal izzazione del servizio ma indice di vuoto di offerta H11 % tratture femore operate in 2 giorni iìiiiiiììiiìììiì , I i ii f/f//////// *f*/f *///'// J / / Figura8.4 Percentuale di fratture del femore operate entro 2 giorni nella Regione Veneto Assai spesso questo accade perché, tra i professionisti sanitari, manca la necessaria condivisione dei protocolli clinici da adottare e la capacità di lavorare in squadra, con un approccio che superi l'offerta della singola prestazione a favore di un insieme di prestazioni che compongano in modo strutturato e organizzato il processo completo di svolgimento del servizio. Lee (2010) spiega la difficoltà dei professionisti medici a collaborare e a condividere le risposte appropriate da dare al paziente con la loro propensione all'autonomia professionale, quale principio cruciale per perseguire la qualità del servizio. In realtà autonomia professionale non è sinonimo di qualità in sanità. Sempre più la risposta adeguata ai bisogni del paziente dipende da un lavoro di squadra dei professionisti e dalla capacità di ragionare in termini di processo e non per singola prestazione erogata. 8.4 Standardizzazione dei processi e personalizzazione del servizio: i percorsi assistenziali Fin dai primi anni novanta molti autori hanno approfondito lo studio della gestione dei processi, definendo il processo stesso come "insieme di compiti logicamente connessi eseguiti per conseguire un ben definito risultato" (Davenport. Short 1990), o ancora "insieme di attività che utilizzano uno o più tipi di input e creano un output che ha valore per il cliente" (Hammer, Champy 1993) e infine quale entità capace di "catturare le interdipendenze interfunzionali e collegare gli sforzi di miglioramento agli obiettivi strategici" (Kaplan, Murdock 1991 ). Nelle organizzazioni di tipo funzionale esisteva già il concetto di "flusso di lavoro" o flusso di attività, basti pensare alla catena di montaggio. Quali sono allora le differenze rispetto alla gestione per processi? Le diversità di maggiore rilevanza sono quattro: a) in primo luogo la focalizzazione sul cliente: tutto ha senso e valore nella misura in cui contribuisce, direttamente o indirettamente a determinare la soddisfazione delle esigenze del cliente finale; b) l'attenzione all'efficacia organizzativa rispetto all'efficienza organizzativa. Il contenimento dei costi e la minimizzazione dei prezzi non sono più gli unici fattori vincenti ma assai importante diventa la qualità e la pcrsonalizzazione dei beni e dei servizi erogati; e) i prodotti e i servizi si collocano sul mercato attraverso flussi di attività che attra- versano le unità organizzative: la gerarchia quale meccanismo di coordinamento tra le unità organizzative non è più sufficiente a garantire i flussi di informazione dal cliente a tutte le funzioni coinvolte nella creazione del valore per il cliente stesso. Le aziende adottano perciò meccanismi e strumenti per facilitare la co- municazione trasversale diretta tra le funzioni in modo da garantire velocità e puntualità di risposta al cliente; innovativo e flessibile. Per avviare la gestione per processi nell'organizzazione aziendale, il punto di par- tenza è l'analisi delle caratteristiche e dello stile di vita dell'utilizzatore finale, del cliente/utente: capire chi e, quali sono i suoi bisogni, le sue esigenze. Questa è la premessa necessaria per impostare l'offerta in modo personalizzato e pienamente rispondente alla richiesta, in modo, se possibile, addirittura "proattivo", ossia antici- patomi delle sue esigenze stesse, La capacità di analisi, l'attenzione e l'ascolto delle esigenze, esplicite e implicite, dell'utente diventano competenze distintive aziendali, in quanto permettono di definire gli elementi del sistema di servizio che accrescono il valore per il cliente. Su questo valore aggiunto e differenziale le aziende possono costruire sia un rapporto di fiducia e di continuità con il cliente, sia il loro vantaggio competitivo. Dal confronto tra le esigenze del cliente/utente e l'offerta dell'azienda (Casati 1999; Miolo Vitali, Nuli 2004), si individuano i punti di forza e di debolezza, ossia gli aspetti di eccellenza e i vuoti di offerta. Su queste basi si impostano le fasi di analisi e di mappatura dei processi (Merli, Biroli 1996; Candiotto 2003), con l'obiettivo di riconoscere da un lato le "determinanti" del valore realizzato per l'utente, cioè le attività/processi critici, dall'altro di individuare le attività che non creano valore. Queste ultime, a loro volta, possono essere utili per l'organizzazione interna e per questo motivo da mantenere, oppure completamente inutili e quindi da eliminare. Con questa ottica le aziende indiv iduano gli obiettivi di miglioramento ed elaborano i piani strategici e di qualità (Hammer, Champy 1993; Pierantozzi 1998). In campo sanitario la gestione per processi assume caratteristiche specifiche clic necessitano di dovuta attenzione: quali sono infatti le dimensioni di un processo a/icndalc in termini sanitari? La risposta può essere differente in base alla prospettiva scelta. Da ormai qualche anno, anche in Italia, grazie alla diffusione delIVwt/ewt' bosed medicine, sono stati introdotti per molte patologie le linee guida ed i protocolli terapeutici, che facilitano tra i medici la condivisione delle modalità di trattamento delle patologie e dei percorsi di cura. Questo primo risultato, pur importantissimo, non significa ancora operare in termini di "processo". Dal percorso clinico terapeutico occorre infatti sviluppare il servizio nell'ottica del paziente e non solo delle sue cure, e quindi ragionare in termini di "percorso assistenziale". Secondo la L.R.22/00 ari. 2 $ I leti, m (ripreso dal successivo art. 4 della I. 4072005), per percorso assistenziale si intende "il risultato di una modalità orga- nizzativa che assicura tempestivamente al cittadino in forme coordinate, integrate e programmate l'accesso informato e la fruizione appropriata e condivisa dei servizi sanitari di zona e dei servizi ospedalieri in rete". Si tratta quindi del percorso che compie il cittadino per trovare risposta ad un suo specifico problema di salute. L'o- bicttivo, per l'utente, è di acquisire, fase dopo fase, attività per attività, "valore" in termini di qualità. Ossia di capacità di risposta al suo problema di salute. Per rico- struire il percorso assistenziale allora è necessario partire dall'utente, rivedere tutto È ovvio che in molti casi l'utente si trova in condizione di asimmetria informativa e che non è in grado di individuare con chiarezza che cosa è bene per lui da un punto dì vista clinico sanitario, in quanto non ne ha le competenze, e che è solo il per- sonale sanitario il soggetto che detiene le conoscenze per indirizzare il trattamento terapeutico. Ma il punto non è di sostituire il medico nelle sue prerogative quanto quello di potenziare la sua azione con un'organizzazione del percorso che, tenendo conto delle specifiche caratteristiche del paziente, valorizzi le attività svolte dal per- sonale sanitario a beneficio dell'utente. In termini aziendalistici si potrebbe parlare di Health Care Value Chain (Burns et al. 2002). ossia di catena del valore sanitaria, dove la finalità ultima è rappresentata dal miglioramento del benessere dell'utente. Si tratta quindi di trovare le modalità con cui inserire l'esperienza del paziente nel processo di erogazione, superando una logica tayloristica dell'organizzazione del lavoro a favore di un assetto che tenga conto della centralità dell'utente. Oggi, molto spesso, nella realtà delle nostre strutture sanitarie, non si può parlare di percorso assistenziale perché è Putente stesso, e non l'organizzazione sanitaria, a svolgere il ruolo di collegamento tra le diverse componenti e fasi del servizio. La sfida è invece rivedere le modalità di erogazione tenendo presente, fase per fase, le esigenze del paziente e proporre un percorso dove il coordinamento dell'offerta e la continuità assistenziale siano obiettivi presidiati dalla struttura sanitaria stessa. 8.5 II confronto tra i bisogni del paziente e l'offerta dei servizi sanitarii il caso del percorso oncologico in Toscana Nel corso degli anni duemila la Regione Toscana ha adottato una serie di provve- dimenti volti a garantire al paziente oncologico un servizio in grado di rispondere ad un bisogno assistenziale complesso e con un alto impatto emotivo, quale quel- lo connesso alla cura del tumore. In particolare, si è stabilito che il servizio debba articolarsi e coordinarsi in un "percorso assistenziale", fondato sulla centralità del paziente (cui è garantita la presa in carico) e caratterizzato dall'adozione di protocol- li clinici condivisi, basati su evidenze scientifiche, dall'integrazione professionale e dalla continuità di cura tra Aziende e ospedale e territorio, in una logica di "rete"12- ' -1. Per verificare la rispondenza alle finalità sopra indicate, la Regione Toscana, me- diante l'Istituto Toscano Tumori, in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant'Anna, ha ritenuto necessario compiere una " Si ricorda in proposito il icslodi management sanitario di Gerteiset al. (1493) che negli Slali Uniti ha avuto un'incredibile diffusione. '- La Rete Oncologica Toscana è stata istituita con DXì.R. 27 maggio 2(X)2. n. 532. ' I protocolli clinici sono stati resi patrimonio di tutti i professionisti e delle Aziende Sanitarie tramite la pubblicazione delle "Raccomandazioni cliniche per i principali tumori solidi" (Istituto Toscano Tumori 2005). elaborate da oltre 400 operatori sanitari oncologici. i II.Ili (.Militili I V ' - I L . l l l . ' J l l l l l K I I Illllc. I 'II H. UVIIV. ^ . n.v . ., t ... |>_ l i l i i I..I1.. . . . . t ............... V quindi fossero "standardizzati", sia la percezione dell'assistenza ricevuta, ascoltan- do la voce del paziente, e quindi i suoi bisogni ed aspettative, sulla base dei quali eventualmente riformulare l'offerta assistenziale. Quest'ultimo risultato ostato con- seguito dapprima attraverso una rilevazione di tipo quantitativo basata su un'indagine telefonica (Nuli. Murante 2008). quindi con un approfondimento qualitativo basato sull'analisi delle evidenze emerse dai focus group con pazienti oncologici (Nuli et al. 2010). Questa seconda parte del monitoraggio è stata accompagnata anche dalla mappatu- radei percorsi ideali (ossia come definiti dalle raccomandazioni cliniche dell'Istituto Toscano Tumori) ed effettivi (come realmente offerti dalle Aziende Sanitarie) e dalla rilevazione degli scostamenti (gap) esistenti tra loro. I gap sono stati classificati in: a) gap di processo (Px in Fig. 8.5), derivanti dall'assenza nel percorso effettivo di alcune fasi o modal ita organizzative previste dal percorso diagnosi ico-terapcutico ideale o dalla loro mancata percezione da parte dei pazienti; b) gap di tempestività (Tv in Fig. 8.5), ossia la presenza di attese superiori a quelle previste dal percorso ideale o dalle necessità terapeutiche; e) gap di coordinamento e relazionale (Rx in Fig. 8.5), connessi all'assenza di con- tinuità del percorso, alla scarsa organizzazione o a difetti di comunicazione tra i diversi attori coinvolti nel processo, incluso il paziente. La stessa classificazione è stata utilizzata per rilevare anche le criticità descritte dai pazienti nel corso dei focus group: in questo modo è stato possibile sintetizzare anche gli scostamenti del percorso organizzato dalle Aziende rispetto ai bisogni dell'utente. Comesi può evincere dalla sintesi dei gap a livello regionale (Fig. 8.5), è evidente che, nonostante la pubblicazione e condivisione delle raccomandazioni e dei pro- tocolli clinici, che costituiscono un importante passo nella diffusione delle terapie più adeguate, resta ancora molto da fare perché al paziente sia garantita un'offerta omogenea su tutto il territorio e rispondente alle sue esigenze: gli scostamenti di processo, di tempestività e di coordinamento tra strutture e professionisti sono infat- ti ancora numerosi. La metodologia adottata, peraltro, formalizzando sia i percorsi ideali sia quelli effettivamente offerti dalle Aziende, classificando in maniera sinte- tica ma comprensibile le possibili criticità, ha offerto un'opportunità di riflessione ai professionisti coinvolti nel percorso assistenziale, consentendo loro di identificare le modalità con cui intervenire e migliorare complessivamente l'assistenza. Appare quanto mai utile l'ipotesi di adottare metodologie di questo tipo, replican- dole nel tempo: si tratta infatti di strumenti significativi per rilevare sistematicamente la qualità dei percorsi organizzati dalle Aziende Sanitarie. In questo modo è infat- ti possibile verificare il grado di miglioramento conseguito nell'organizzazione dei percorsi, sia sotto il profilo clinico della standardizzazione, sia sotto il profilo della pcrsonalizzazione, vcrificando inoltre, attraverso l'analisi dell'esperienza dei pazien- ti, se ed in che misura le soluzioni organizzative implementate sono state riscontrate Figura8.5 Lo scenario regionale: sintesi dei gap del percorso assistenziale del tumore alla mammella. PJ..P^n indicano i gap di p dell'Azienda Sanitaria .v da I a n. TrI..Tvn indicano i gap di tempestività dell'Azienda Sanitaria v da 1 a n. /?,/../?,» indicano i coordinamento e relazionali dell'Azienda Sanitaria .v da 1 a n. Le aziende sanitarie (.v) sono indicate con lettere minuscole * 03 > > g w ta" 3 T' tA sii N ^ -C = • c. — i. S E T m NJ y. — i £ "3 J" 35 n. — . TI r-. » fs: 2 e. II rt — ' V. o 3; S 3O. r; 5' S o -a < P 1 3 W 5B N C o' 3 3 3fi « C. n O. 5 1 B g ? P l'i2 ^ K§ 1 £-3". .— • ? « ?"i~. -r S < =; ~ f *! — - Cv II *J ^ iografìa Sulla e o m binazion e delle du e strategie lenza dei s e rvizi delle o rganazion i sa nit zz 5' "3 M= 5E; £ N =_ C' ~È a ' 0 0 - fi. 3 - -i - O Bì i— a- K. V 5 » 5 S 2" 5 3 C C s M - --i & 1 1 1 =•• 1 1 -8 1 3. 1 1 !• 8 » i r- »• ; ì9 2 "?;.»•• a 5 8 * Ii H i I f 1 1 = ^ 1 S ! 1 S: S^ rs i^". r" = È n •-i(iK E~ c^ o ~ MEM B v Cj E" N C n — 5 "H. Cj- >• p1 5" 8 — . oI ng s Nt; —o — ! rtt«tu n -' G. < 3 O t; ^ E. "i E. . 5 o' BS S S- a -. »• ? - =* <= *"> ° = 2Q o * aa. 3 . "s. a a =3 = 2 o q = ' § . 0 " - n < ^ n>- C m '^ > 2. ÉJ- rì ~r « ^ < i1 «• S & q § « s 5s 1 il -s 1 « i -9 8 •§=••§ 8 1» - - ' ~" 3 0 - O ^ 0 = v> — " ~ n i C - ' ~. — H"' — ^ 1 ~~ ~z '£ •^ ~ & r. x C ^ " -~ P ^T 5 1 — _ C. E ~ u C r. C,n £T •a C -3 £_ E N C = n o. ^ LS* IT" 3 E T3 C = fi C9 = a zioni ' - f? o a C. C M B' CJ n ET 2_ n m 3^ VI n n. — ~.fi B C^ •;Z — r— - & ~5 S'N • ^ rapprescr -^, 63 eB • n 5- C u VI a; w =-, E un co H ?v V) C •Ek n ? r^ — -i o - VI VI C - '- W- o o^ e _i rt ± -3 8 . Co ^ C E a fi & £. Edizioni ETS, Pisa Barsantì S (20IOb) Salute, equità e sviluppo economico. In: Frey M, Mencguzzo M. Fiorani G (eds) (2010) La sanila come volano dello sviluppo. Edizioni ETS. Pisa Barsanti S, Tedeschi P, Nuli S (2009) Cronicità e disuguaglian/c in salute: spunti per riconfì- gurare l'assistenza in base alle determinanti sociosanitarie presenti in Regione Toscana. VII Congresso nazionale CARO, 19-21 marzo, Pisa Berg M, Mcijerink Y, Gras M. Goossensen A, Schellekens \V. Haeck J, Kallewaard M. Herre Kingma H (2005) Feasibility first: developing public performance indicators on patient safety and clinical effectiveness for Dutch hospitals. Health Poliey 75: 59 73 Brenna A ( 1999) Manuale di economia sanitaria. CIS Editore, Milano Brennan T A, Leape L L. Laird N M et al. 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